Cosa pensano del ddl Zan gli attivisti storici del Movimento Lgbt italiano
Sulla legge Zan contro l’omotransfobia ferma al Senato tutti si esprimono. Tutti hanno un’opinione, un commento, una proposta di correzione. Quello che pensano i soggetti direttamente coinvolti da questa legge, cioè le persone Lgbt, resta sullo sfondo. Sui media compaiono come numeri, sagome, forme senza profondità. Oggetti, non soggetti pensanti. Eppure, la comunità esiste ed esiste il movimento Lgbt italiano. Nasce in una libreria di Torino, pieno centro, cinquant’anni fa. Siamo nel 1971 e Angelo Pezzana - stanco di un mondo che non vede le persone omosessuali se non come “persone malate da curare” - fonda il F.U.O.R.I. (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano). È l’inizio di una rivoluzione gentile, una storia che corre sullo stesso filo di quella italiana, politica e sociale, attraversa aggressioni, morti, emarginazioni e richieste di diritti e doveri.
Dei grandi protagonisti di questa storia sono rimasti in pochi. Si sono portati via la memoria di un movimento che, anche se è non stato ancora in grado di assicurarsi la piena parità civile, ha segnato un’avanzata del progresso senza precedenti nella storia dei movimenti per la giustizia sociale. Nonostante la violenta resistenza della destra religiosa, un’epidemia (l’Aids) che ha spazzato un’intera generazione di gay e il conservatorismo della politica. Dentro questo tempo la Legge Zan potrebbe segnare un passo in più per questa comunità. Abbiamo chiesto cosa ne pensano i veri attivisti storici, cioè quelli che hanno memoria di quello che è stato e che hanno immaginato un mondo che non c’era, non si poteva neanche nominare.
Angelo Pezzana oggi ha 80 anni, vive a Torino. Padre del movimento arcobaleno, osserva un mondo cambiato eppure ancora così uguale a 50 anni fa con le sue espressioni di odio e violenza verso chi viene percepito come diverso. Cosa pensa della legge Zan, contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo lo esprime con fermezza. La stessa che 50 anni lo portò a fondare il FUORI e poi a combattere per quella dignità che ancora sembra lontana:
“Certo che sono favorevole. È importante che protegga persone Lgbt, disabili, donne. Dicono: così se uno esprime un’opinione e afferma che non gli piacciono gli omosessuali, allora non avrà diritto di dirlo. Non è così. Bisogna capire che dall’odio nasce il crimine. Questa è una legge che prevede molte azioni positive e anche il recupero di chi indirizza questo odio verso le persone lgbt” dice, facendo riferimento all’articolo che introduce la possibilità per l’aggressore di svolgere le attività non retribuite a favore della collettività in caso di sospensione condizionale della pena: il condannato, ad esempio, potrà svolgere attività presso associazioni Lgbt. Entrare in contatto con quello di cui ha avuto così paura fino a distruggerlo, conoscerlo, farsi aiutare.
“La giustizia deve valutare pene che non sia l’ergastolo, il buttare via la chiave. Bisogna anche capire che dall’odio nascono i crimini. Sostengo questa legge per questo, per le sue azioni positive. Cosa stiamo aspettando? Un’altra Giarre?” si chiede Pezzana citando uno degli omicidi omofobi più noti della storia italiana, risale al 1980, in provincia di Catania furono trovati abbracciati i corpi senza vita di Antonino Galatola e Giorgio Agatino, i fidanzati, uccisi da un colpo di pistola ciascuno alla testa. “Aspettiamo altri crimini contro gli omosessuali? L’odio produce il crimine. Bisogna prevenire. La tolleranza non è una prevenzione”.
Sulla legge Zan si esprime anche Enzo Cucco, insieme a Pezzana protagonista di quella storia rivoluzionaria che è stata il F.U.O.R.I, è il più giovane. 61 anni, al cospetto di molti altri un ragazzino. Oggi componente del direttivo dell’Associazione Radicale Certi Diritti, il suo discorso entra nel profondo delle polemiche che hanno circondato il ddl in questi mesi: “Che esiste l’omotransfobia stato ampiamente dimostrato in questi anni con numerose indagini e ricerche, dirette e indirette. Ed il fatto che in molti altri Paesi europei esista una legislazione contro i crimini d’odio, e contro i discorsi d’odio, la dice lunga di quanto la consapevolezza della realtà dipende da come questa realtà si guarda: con gli occhi della gerarchia vaticana, per esempio”, risponde a chi dice che non è un problema del paese, neanche una priorità e continua:
“Questa negazione è talmente insultante, per me e per chiunque voglia avere uno sguardo il più aperto possibile a quello che capita, che fa passare in seconda linea i limiti che la stessa proposta ha. Il principale è proprio il ricorso alla leva penale, che ho sempre trovato prima che sbagliato inutile”. Enzo Cucco radicale da quando aveva 16 anni e alternava le sue giornate tra il FUORI e il Partito, approfondisce senza sbavature: “Nessuno mai è riuscito a dimostrare che una possibile Legge sui comportamenti abbia alcuna conseguenza sul piano della prevenzione dei comportamenti stessi. Mentre su quello della repressione già oggi vi sono gli elementi per intervenire provocando un cambiamento negli autori di questi crimini. La creazione del reato, con il conseguente aumento di pena anche grazie all’aggravante che si propone, sarà utile se si riesce almeno a consentire che gli stessi violenti capiscano la natura del loro comportamento e la rigettino”.
E allora? “E allora la proposta Zan è molto positiva, perché introduce possibilità per il sistema sociale e giudiziario che possono diventare realmente efficaci. C’erano anche prima, intendiamoci, ma in questa confusione creata della legge penale italiana è un bene che se ne ripeta il valore”.
“Comunque dobbiamo guardare in faccia la realtà e l’opposizione delle destre (nelle sue varie anime, anche se si stanno sgretolando certi automatismi di pensiero) ha reso ideologica la battaglia. Posizioni di principio che spesso non c’entrano nulla con il testo vero e proprio, buone per conquistare pezzetti di modifiche, e di visibilità, da giocarsi sul piano elettorale. Quindi: han voluto la guerra, e l’avranno. La proposta deve passare così come è, senza ulteriori modifiche. Perché, come spesso accade, son riusciti a trasformare questo scontro in un braccio di ferro e non in un confronto. L’omofobia, ed anche la misoginia e l’abilismo, sono un disvalore e un danno per tutta la società e per le persone che le subiscono”.
Non ha dubbi e non perde tempo a dare il suo sostengo Porpora Marcasciano, una militanza forgiata nel fuoco del movimento del 1977, “era il movimento dellʼAutonomia Operaia ma anche degli indiani metropolitani, dei trasversalisti, delle donne, dei gay” ricorda. Oggi presidente MIT (Movimento Identità Trans) una delle associazioni più importanti del movimento LGBTQ+ italiano ed esponente di spicco del transfemminismo europeo: “Sono favorevolissima al DDL Zan perché abbiamo bisogno urgente di una legge che ci tuteli. Anche se il DDL potrebbe avere dei limiti, importante ed essenziale è procedere con approvazione perché ogni cosa è perfettibile ma bisogna pur partire da qualcosa. Lo dico per tutte le assurde critiche/attacchi caratteristiche dell’Italia che rendono il paese e la nostra realtà la palude dell'immobilismo. Il DDL passerà, siamone certi anche se questo comporterà una forte e visibile discesa in campo del movimento”.
Di discesa in piazza, dei pensieri e delle mani che si muovono insieme, delle parole si trasformano in gesti e si fanno corpo ne parla anche Franco Grillini, non avrebbe bisogno di presentazioni. Fondatore di Arcigay, oggi presidente onorario. Ex deputato, attivista Lgbt. Un punto di riferimento per la comunità non solo Lgbt ma della sinistra dei diritti. Ha combattuto contro i pregiudizi, attraversato il periodo più doloroso della storia Lgbt, quella dell’Aids e oggi combatte contro un tumore e lotta ancora per questa legge:
“Questo è un testo di legge fondamentale nell’ambito più complessivo della legislazione sui diritti civili in Italia” riflette da politico esperto che conosce bene i giochi delle stanze parlamentari e le sue insidie: “Un testo fondamentale perché interviene a protezione di una serie di soggetti che sono particolarmente vulnerabili e le cronache quotidiane ce lo dimostrano ampiamente basti ricorda i casi di Malika in Toscana e di Jean Pierre Moreno a Roma. Per approvare questa legge in prima lettura alla Camera si era organizzata una bicameralina spontanea, questo per far sì che il testo fosse condiviso anche dai Senatori in modo tale che venisse approvato al senato senza modifiche”.
“Tutti sanno”sottolinea “che qualunque tipo di modifica apportata a un testo già frutto di un compromesso rischia di affossare definitivamente la legge chi propone modifiche di qualsiasi tipo sa bene che c’è questa possibilità, il ritorno alla Camera è molto problematico essendo impegnata su mille fronti legislativi”. Usa un termine preciso per le dichiarazioni al veleno contro il testo di legge e per chi chiede modifiche: “Preoccupanti. Sia per quanto riguarda il cosiddetto fuoco amico, varie dichiarazioni improvvide di alcuni esponenti lgbt sia per quanto riguarda le richieste di modifiche che provengono anche dall’interno della vecchia maggioranza protagonista dell’approvazione alla Camera. Sia perché la tendenza è quella di un ulteriore peggioramento di un testo che io considero il minimo sindacale sia perché rischia di affossare ulteriormente la legge”.
L’invito di Grillini è una chiamata ai diritti: “La mia speranza è che ci sia una vasta mobilitazione dopo l’enorme successo delle petizioni che hanno raccolto ormai quasi 500mila firme dovute dallo schierarsi del mondo dello spettacolo. L’opinione pubblica si è spostata a favore della legge. Trasformando questa proposta di legge in uno dei cinque temi centrali della politica italiana come dimostrano interesse dei media sia stampa che tv. È arrivato il momento della mobilitazione di piazza per sostenere una rapida approvazione della legge Zan senza modifiche”.
Giuseppina La Delfa è co-fondatrice ed ex Presidente dell’associazione Famiglie Arcobaleno, una associazione indipendente nata nel marzo 2005, composta da coppie o single omosessuali che hanno realizzato il proprio progetto di genitorialità, o che aspirano a farlo. Protagonista e orfana della legge sulle unioni civili, con la mancata approvazione della stepchild adoption (l’adozione del figlio del partner), Famiglia Arcobaleno lotta per il riconoscimento dei diritti e dei doveri genitoriali di quei figli che lo stato non vede o finge di non vedere. La Delfa, madre di due figli, scrittrice e professoressa di lingua francese all’Università di Salerno sostiene la legge guardando al futuro e chi verrà dopo:
“Una legge farà capire alle persone che siamo soggetti di diritti e di rispetto. Qualcuno ancora non lo capisce. La parte che mi piace di più della legge è che prevede per il 17 maggio l’introduzione di una giornata nazionale contro l’omofobia, da svolgere con le scuole, la sensibilizzazione verso queste discriminazioni è importante. La scuola è il punto di partenza per evitare in seguito discriminazioni e discorsi d’odio.”
E poi c’è Titti de Simone redattrice dello storico quotidiano L'Ora di Palermo, attivista dei movimenti per i diritti civili, fondatrice e prima presidente di ArciLesbica, deputata di Rifondazione Comunista dal 2001 al 2008, non solo è favorevole ma si inserisce dentro critiche che questi giorni scivolano sui quotidiani, portati avanti da una parte del femminismo e da alcuni membri della comunità arcobaleno e disorientano: “Questione di genere” è stato ed è il testo che più ha cambiato la mia idea di femminismo. Judith Butler 30 anni fa si chiedeva come definiamo la categoria delle donne. A me appartiene profondamente quel testo, per la sua potenza trasformativa, superare il destino biologico, il concetto naturale di genere, la cultura binaria. Oggi le femministe radicali trans-escludenti (TERF) dicono le stesse cose di Salvini. Ma confido che la maggioranza delle femministe siano a favore dei diritti trans e contrarie a ogni forma di transfobia”.
De Simone approfondisce con precisione e non risparmia critiche: “Penso che quello delle femministe radicali trans-escludenti sia un movimento marginale che aspira a parlare in nome di tutte le altre femministe e che tocca a noi impedire che ciò accada. La legge Zan è forse vittima anche di questo lobbismo da cui dovremmo separarci definitivamente, che non ha avuto alcun imbarazzo ad accomodarsi accanto a Salvini, Meloni e integralisti cattolici. Se si ritiene che i reati di opinione debbano avere cittadinanza nel nostro ordinamento (posizione non così scontata), è razionale che tra le ragioni che inducono a punire la discriminazione vi sia anche il sesso. E due dei fattori su cui si è basato tradizionalmente il pregiudizio e l'odio sociale sono proprio il sesso e il genere. La modifica a tali reati si trova in perfetta sintonia con il testo dell'art. 3 della Costituzione che, appunto, dichiara tutti gli uomini uguali senza distinzione di sesso (criterio tra l'altro indicato per primo), razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. Il legislatore, prima di tutto costituzionale, ha dunque imposto una tutela rafforzata avverso le discriminazioni tra uomo e donna. Sicché, se si decide di rendere penalmente rilevanti comportamenti discriminatori, non si capisce perché in base alla religione sì e al sesso no”.
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