I problemi dei 5 Stelle inguaiano Conte e il Pd. E Grillo ora non aiuta
Ci mancava solo Grillo a inguaiare i 5 stelle, come se di guai non ne avessero abbastanza. In un colpo solo, con il suo video, il fondatore e garante (ma chiamiamolo col suo vero nome) il capo del M5S ha fatto piazza pulita delle battaglie simbolo del Movimento. Piazza pulita anzitutto del giustizialismo, ossia di quella vocazione grillina a emettere sentenze di colpevolezza a semplici indagati. Piazza pulita della sospensione della prescrizione, per cui un indagato resta tale in eterno. E, infine, piazza pulita della cosiddetta legge «Codice rosso», che innova la disciplina in tema di violenza sulle donne, estendendo da sei a dodici mesi i termini concessi alla persona offesa per sporgere denuncia.
Con ogni probabilità è stato l’amor filiale ad accecare l’indefesso banditore del «Vaffa». Pur di difendere il figlio, ha dato la stura a tutti i più vieti luoghi comuni del maschilismo e del macismo nostrano. Soprattutto, non ha valutato che è un uomo pubblico: il leader del (tuttora) primo partito italiano in Parlamento. La conseguenza è che i 5 Stelle si sono ritrovati inguaiati più di prima.
Inguaiati con l’opinione pubblica che in tempi di Me-Too ha alzato di molto la soglia della tolleranza nei confronti di chi calpesta i diritti delle donne. Inguaiati con il loro elettorato, che non è tutto disposto a perdonare, nemmeno al suo capo, intemerate contro il Codice rosso appena fatto votare dal ministro della Giustizia Bonafede o contro la magistratura elevata dal Movimento a custode della moralità pubblica (ora si affiderà a investigatori privati ha fatto sapere...).
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