UNESCO, tre quarti delle giornaliste subisce abusi online
Si intitola The Chilling: Global Trends in Online Violence Against Women Journalists e si basa su un sondaggio di 901 giornalisti di 125 paesi. Si tratta di un nuovo report commissionato dall'UNESCO che indaga la violenza di genere da una nuova prospettiva prendendo in considerazione l'odio, le aggressioni e le minacce online subite dalle giornaliste in tutto il mondo. I risultati, neanche a dirlo, non sono certo positivi: "Gli attacchi online contro le giornaliste donne sembrano aumentare in modo significativo, come dimostra questo studio, in particolare nel contesto della 'pandemia ombra' di violenza contro le donne durante COVID-19" si legge ne report e i dati lo confermano. Tre quarti delle intervistate ha riportato abusi online mentre un quarto delle intervistate ha dichiarato di aver ricevuto minacce fisiche. E le due cose sono collegate.
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Spesso si tende a vedere la violenza online come separata dalla vita di tutti i giorni, forse in certa misura anche meno in grado di condizionare la vittima. In realtà, il rapporto ha rilevato come ci siano prove crescenti che la violenza online contro le donne giornaliste è collegata a un aumento della violenza offline. “Non c'è niente di virtuale nella violenza online", si legge nel report, "È diventata la nuova prima linea nella sicurezza nel giornalismo e le giornaliste donne si trovano nell'epicentro del rischio".
Come spiega il The Guardian, il rapporto ha analizzato molteplici forme di violenza online, comprese minacce di violenza sessuale e fisica, molestie tramite messaggi privati, attacchi coordinati da parte di grandi gruppi, hackeraggio e "doxing" ovvero pubblicazione di informazioni personali online senza consenso. "Alcune giornaliste hanno segnalato minacce perché coprivano elezioni o conflitti o perché coprivano storie relative ai diritti delle donne o perché riferivano questioni che sono erroneamente identificate come di 'copertura maschile', come lo sport" spiega ad Al Jazeera Guilherme Canela dell'UNESCO.
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La misoginia, quindi, ha un ruolo notevole in questo fenomeno e si intreccia con omofobia, razzismo e fanatismo religioso. "La violenza online contro le giornaliste donne è concepita per sminuire, umiliare e stimolare vergogna, per indurre paura e silenzio e per screditarle professionalmente" spiegano gli autori che si sono soffermati in particolar modo sull'analisi di oltre 2,5 milioni di post su Facebook e Twitter diretti a due importanti giornaliste donne: Maria Ressa, che dirige il giornale indipendente Rappler nelle Filippine e Carole Cadwalladr giornalista investigativa multipremiata che scrive per l'Observer e il The Guardian. Ressa, oltre ad essere stata più volte incarcerata nel suo Paese, a un certo punto della sua carriera è arrivata a ricevere anche 90 messaggi di odio all'ora su Facebook, mentre, per quanto riguarda Cadwalladr, il rapporto ha rilevato più di 10.000 casi di evidenti abusi solo su Twitter, quasi la metà caratterizzati da un linguaggio sessista e misogino. "Questi attacchi hanno un doppio impatto", spiega Canela, "sulla libertà di espressione individuale, ma anche sulla libertà di espressione collettiva di tutti i lettori e gli ascoltatori". È dunque un problema ampio e sfaccettato, che coinvolge gli utenti social anche le piattaforme come Facebook, Twitter e Instagram. In dibattito sulle soluzioni è aperto: dobbiamo difendere la libertà di stampa come diritto fondamentale e dobbiamo tutelare le nostre giornaliste.
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