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Aborto spontaneo: 7 anni in carcere

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

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Sonia Tabora è stata trovata priva di sensi e con una forte emorragia in corso, in una piantagione di caffè vicino a casa sua, a El Salvador. I suoi genitori l'hanno immediatamente portata in ospedale per chiedere aiuto. In risposta, hanno trovato medici pronti ad accusare loro figlia di aborto.

Inizia così, nel 2005, la storia di Sonia Tabora, ventenne, che al settimo mese di gravidanza ha partorito da sola, un bambini nato privo di vita. E dopo essere stata denunciata alla polizia dai dottori, il tribunale l'ha condannata a 30 anni di carcere.

Il suo caso venne molto discusso a livello internazionale perché portava alla luce la profonda mancanza di tutela dei diritti delle donne a El Salvador, paese profondamente cattolico, dove l'aborto è rigorosamente illegale. L'interruzione di gravidanza è proibita infatti in tutte le circostanze, anche in caso di pericolo di vita della donna. La condanna  è a otto anni ma se il feto viene ritenuto in buona salute, la donna può essere condannata fino a 50 anni di carcere.

Sonia Tabora venne legata al suo letto d'ospedale fino all'arrivo della polizia. Solo grazie a diverse manifestazioni internazionali, dopo sette anni di carcere, nel 2012 venne liberata. Il suo caso venne tuttavia ridiscusso in tribunale nel 2014.

Dopo anni di gravi pressioni psicologiche e una forte depressione, Sonia Tabora può mettere la parola fine a questa terribile storia. I suoi diritti sono stati riconosciuti. In questi giorni, l'Alta Corte ha infatti condannato il governo di El Salvador a risarcire la donna per il danno subito in seguito all'ingiusta condanna subita.

Sonia è solo una delle numerose donne, vittime della politica profondamente cattolica che vige nel paese. Si stima che tra il 1998, anno in cui l'aborto venne proibito anche in caso di stupro o incesto, e il 2013, siano state più di 600 le donne condannate al carcere in seguito a un aborto.

Nel 2013 il paese ha iniziato ad essere sottoposto a linee guida internazionali, riguardo al diritto d'aborto, dopo il caso di Beatriz. Una donna, affetta da lupus, a cui, durante la gravidanza del suo secondo figlio, venne comunicato che il suo bambino sarebbe nato con una grave patologia: l'anencefalia. Una condizione per cui il neonato appare privo del tutto, o parzialmente, del cranio e del cervello. Portare a termine la gravidanza avrebbe messo seriamente in pericolo la vita della madre. Nonostante ciò, il tribunale stabilì che la gravidanza sarebbe dovuta giungere al termine.

Con l'aggravarsi delle condizioni di salute di Beatriz, il bambino venne fatto nascere con un parto cesareo, alla ventisettesima settimana di gravidanza. Restò in vita per cinque ore.

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