Le donne che dicono no al Ddl Zan
Il ddl Zan non piace neanche a femministe e lesbiche. Arcilesbica e RadFem spiegano le ragioni per cui questo testo così com'è danneggerà proprio le donne.
Non è una legge per aumentare le tutele di persone omosessuali, lesbiche e transessuali, ma serve a introdurre l'identità di genere. Questa è la critica al ddl Zan che proviene da Marina Terragni, giornalista, scrittrice e femminista di lungo corso. Lei le lotte per i diritti LGBT+ le faceva nei primi anni '80 per la legge 164/82, quando il movimento era ancora agli albori. Adesso è del tutto contraria all'approvazione della cosiddetta legge sull'omotransfobia.
“Noi diciamo che se il mondo LGBT+ vuole una legge a tutela delle persone omosessuali, lesbiche e transessuali, noi non abbiamo niente di niente da dire, va benissimo”, spiega a Sputnik Italia.
Ma il “Ddl Zan danneggia soprattutto le donne e le bambine e i bambini” e non è “buono neanche per le persone omosessuali e transessuali”, precisa.
La sua voce, che rappresenta il gruppo delle femministe radicali RadFem, non è l'unica che si alza dalla galassia dei movimenti di donne contro il testo proposto dal deputato del PD, che di fatto divide il centrosinistra e spacca il movimento LGBT+.“La misoginia che hanno messo come foglia di fico e contentino - prosegue - è un errore gravissimo che viola l'autedeterminazione delle donne. Noi non siamo una minoranza tra le minoranze da tutelare. Questo - osserva - è un errore inaccettabile”
Sputnik Italia ha voluto sentire l'opinione di Mariarita Galantino per Arcilesbica, storica associazione per i diritti civili molto critica nei confronti del decreto.
“Noi vogliamo prima emendare e poi approvare il ddl Zan, perché se viene approvato così com'è ci sono dei concetti per noi ambigui, primo fra tutti quello dell'identità di genere”, spiega la Galantino.
La questione dell'identità di genere
L'articolo 1 del ddl Zan definisce l'identità di genere come l’”identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”.
“Non si può inserire un percepito dentro una legge penale. Perché io così non ho certezza del reato e sono totalmente soggetta all’arbitrio dei giudici”, avverte Terragni.
L'impalpabilità del concetto di identità di genere crea un problema con la certezza del reato, con la definizione stessa di cosa è e cosa non è reato che non è più definito con chiarezza e tassatività dalla legge, come richiede la costituzione, spiega Terragni, ma lasciato all'interpretazione del giudice, all'arbitrato.
Il Self Id
Marina Terragni, infine, fa notare che “ovunque sia stata introdotta l’identità di genere si è poi arrivati al Self Id, cioè all’autocertificazione del genere, che ha un impatto sociale pesante soprattutto per le donne, le bambine e i bambini”.
Un esempio che ci offre Terragni è quello del Regno Unito, dove alla fine il Self Id è stato respinto ma negli anni in cui si è discusso, i bloccanti ormonali per la transizione di genere di bambine e bambini sono stati somministrati con troppa facilità.
La questione riguarda anche le donne, come racconta in maniera dettagliata Mariarita Galantino.
"Laddove questo concetto si è affermato, come in Canada, alcuni centri antiviolenza sono stati vandalizzati o si sono ritrovati a rischio chiusura, perché destinati alle sole donne e considerati non abbastanza inclusivi. Sussidi e diritti delle donne vengono erosi da maschi che, per sfuggire alla definizione di genere corrispondente al corpo, si dichiarano trans anche se non hanno completato la transizione, ma mantengono i loro privilegi”.
Identità di genere come misoginia
Per Mariarita Galantino l'identità di genere “cancella l'identità della donna” ed “è utilizzata in maniera misogina per minacciare i diritti delle donne, così come l'utero in affitto che cancella del tutto la figura della madre”."Per il femminismo – spiega - le donne non avranno mai libertà finché il sistema di casta chiamato genere non verrà definitivamente smantellato. Le donne sono oppresse non perché si sentono donne, noi veniamo sepolte vive perché nasciamo donne, veniamo picchiate, stuprate e uccise per il nostro sesso”.
Nel ddl Zan, che è stato calendarizzato in Senato, Arcilesbica chiede “che si parli esplicitamente di sesso, orientamento sessuale e transessualità, non di identità di genere e che si specifichi il divieto di utero in affitto".
I punti di vista e le opinioni espressi nell'articolo non necessariamente coincidono con quelli di Sputnik.