Mappa delle femministe italiane sul ddl Zan
Non soltanto la fronda Dem a Letta, le ambiguità centriste di Italia viva, l’opposizione del centrodestra, le perplessità di ambienti cattolici. A tenere viva e ben alta la polemica sul ddl Zan – il testo contro l’omotransfobia all’esame del Senato – è la diversità di vedute all’interno del mondo femminista, soprattutto storico ed extraparlamentare. Con la (riconoscente) cassa di risonanza della stampa di destra, a sinistra si litiga in modo feroce su “difetti e limiti” del ddl, scambiandosi accuse di “benaltrismo” contro “sottovalutazione delle discriminazioni”, “finalità repressive” versus “funzione pedagogica”.
E’ l’”ultima trincea di guerra” (ideologica) scrive Michele Ainis su “Repubblica” di oggi: “La legge vuole introdurre una protezione speciale contro l’hate speech... le parole di odio basate sull’orientamento sessuale”. Quelle citate da Fedez al concertone del Primo Maggio, per capirci. Ce n’è bisogno? No, secondo il costituzionalista: il codice penale già punisce l’istigazione a delinquere, con l’aggravante dei motivi futili e abietti che alza la pena fino a un terzo. Il di più è che anziché dire “è vietato insultare” si sceglie di elencare gli insultati – neri, ebrei, gay, trans, disabili, donne – ma il “coltello del pedagogista” alla fine “danneggia gli allevi” perché “ogni misura di protezione speciale per una minoranza rischia di abbassarne l’autostima alimentandone il senso di inferiorità sociale”. L’intento pedagogico e “moralizzatore” del testo è sottolineato anche dal politologo Giovanni Orsina.
Fatto sta che a scontrarsi con particolare clamore sono (parte dei) complessi mondi femministi e transessuali proprio sul rifermento del ddl all’ “identità di genere” percepita anche non in relazione al sesso. La cosiddetta “self-id”, l’identità auto-percepita, la libera autocertificazione del proprio genere sessuale che suscita le proteste di chi ha combattuto per decenni le battaglie del “genere femminile”. Scrive la filosofa Marina Terragni: “L’identità di genere è un concetto non definito, non si può inserire in una legge penale. Eliminerei questa espressione”. Le ribatte Caterina Soffici su “La Stampa”: “Ha sostenuto che il ddl Zan non va bene perché imbarca un concetto di genere sbagliato, la possibilità per un uomo di definirsi donna senza una certificazione ufficiale. Ma così si guarda il dito e non la luna”. Insomma, guai a lasciare nel cassetto “una legge che punisce chi vuole bruciare un figlio gay, però un trans non potrà entrare nel bagno delle donne”.
Aspro scambio di vedute anche sul “Domani”, dove l’attivista trans Antonia Caruso denuncia “l’alleanza contro i trans delle femministe radicali con i movimenti di destra”. Accusa sferzante: “Quelle femministe dicono cose transfobiche”. Infondate, ritorce, perché nel ddl Zan non c’è “un attacco alle donne per sostituirle con donne con i peni usando l’identità di genere come grimaldello”. E’ il punto più incandescente del testo, ed è una formulazione – identità di genere al posto di quella sessuale - che lascia perplesse anche esponenti Dem storicamente impegnate per le battaglie delle donne come Valeria Fedeli, Valeria Valente, Titti Di Salvo. Replica, infatti, Cristina Gramolini di Arcilesbica, motivando la sua contrarietà agli obiettivi del Movimento Identità Transessuale: “Non si può ottenere il cambio di sesso anagraficamente, e dunque legalmente, solo con dichiarazione dell’interessato allo stato civile” perché così si va contro i diritti delle donne. In sintesi: i trans non possono ottenere le pari opportunità a spese delle donne. In concreto: un trans non operato (dunque, fisicamente uomo) non potrebbe “sottrarre” un posto in una casa famiglia o altrove a una donna. Un dissidio che si combatte anche a colpi di definizioni come “terf”, trans-exclusionary radical feminist, ovvero femministe trans-escludenti (usato in senso dispregiativo). Contrario a forzature anche Aurelio Mancuso di Equality: “Si irrigidisce una discussione ancora aperta dal punto di vista filosofico, scientifico, politico e simbolico”.
Un dibattito meno plateale rispetto a quelli, avvenuti in passato, sulla fecondazione assistita e sulle unioni civili con annessa (e poi tralciata) stepchld adoption, ma che sottotraccia va avanti. Non a caso, Letta nel chiedere ai suoi senatori lo sforzo di approvare il ddl così com’è in assenza delle condizioni politiche per cambiarlo, ha annunciato una campagna di dialogo con il Paese per spiegarne contenuto e ragioni. Cautela motivata anche dall’appello di 161 intellettuali, docenti ed esponenti politici di area centrosinistra contro il testo – tra cui Silvia Costa e Cristina Comencini (mentre la sorella Francesca è favorevole) - perché “pasticciato” nonché suscettibile di introdurre “confusione ideologica”.
Altro punto sgradito a molte femministe, la categorizzazione delle donne a fini di tutelarle. “Estendere il ddl ai reati di misoginia – argomenta Francesca Izzo – Fa regredire le donne nel passato, le considera una categoria, una minoranza quando siamo invece maggioranza nel Paese”. Mentre alcuni dubbi iniziali di Paola Concia sul ddl Zan come “migliorabile e divisivo” espressi in un’intervista ad “Avvenire”, erano stati ripresi da Libero con il sobrio titolo: “La lesbica rossa contro la legge anti-omofobia”. Poi però Concia si è detta completamente a favore del testo.
Schierata senza esitazioni a favore del ddl è Cristiana Alicata, che in un lungo e approfondito articolo per Valigia Blu elenca “gli argomenti contro smontati pezzo per pezzo”. Dal timore americano e canadese che detenuti solo sedicenti trans chiedano il trasferimento in carceri femminili e stuprino le donne (Alicata ribatte che statisticamente i trans sono vittime di violenze sessuali e non aggressori) fino alla prospettiva di “maschi schiappe” che vogliano partecipare alle Olimpiadi gareggiando contro le donne. Con una conclusione per alleggerire la tenzone: perché non pensare allora a un aggravante se picchi un interista? Perché nessun programma di partito o libro di testo si propone di impedire a un interista di sposarsi o adottare figli.