Stampa

la scienza non è per donne?

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Nel 1993 la storica della scienza Margaret W. Rossiter con l’uso dell’espressione “effetto Matilda” denunciò gli atteggiamenti sessisti presenti nel mondo scientifico. Una storia che dura da (troppo) tempo.


Fin dall’antichità le donne hanno contribuito allo sviluppo scientifico: nelle civiltà antiche erano coinvolte nel campo della medicina, nell’antica Grecia contribuivano allo sviluppo dello studio della filosofia della natura e tra il I e il II secolo si impegnarono nello sviluppo della “protoscienza” dell’alchimia.

Sono tante le donne che, nel corso dei secoli, si sono distinte per il loro impegno anche se il ruolo, di genere, rimaneva un’esclusiva maschile. Sono tante anche quelle donne a cui non è stato riconosciuto il proprio lavoro, ed è proprio da questo punto che vuole partire la nostra narrazione.

Le donne nella scienza e la denuncia di Matilda Joslyn Gage

L’attivista americana per i diritti delle donne Matilda Joslyn Gage già all’età di 26 anni pronunciò uno storico discorso alla Convenzione nazionale sui diritti delle donne a Syracuse, durante la quale con poche e semplici parole affermò che la storia era stata falsificata e che le donne dovevano lottare per riaffermare i propri diritti.

image

Era il 1870 quando venne pubblicato il suo più importante saggio Woman As Inventor, nel quale veniva denunciato come diverse scoperte e invenzioni scientifiche fossero opera di donne rimaste nell’anonimato. Veniva condannato il pensiero comune secondo cui le donne non possedessero «alcun genio inventivo o meccanico» questo perché, secondo Gage, le donne erano state trascurate e non avevano avuto accesso all’istruzione.

Molte invenzioni considerate fondamentali per lo sviluppo scientifico erano in realtà opere di donne e nel suo saggio Gage si premura di elencarle affinché si possa divulgare la verità.

Come nasce l’espressione “effetto Matilda”

Grazie all’azione di denuncia della Gage, più di un secolo dopo, nel 1993, la storica della scienza Margaret Rossiter elaborerà l’espressione “effetto Matilda”. Parlare di “effetto Matilda” – afferma la Rossiter – significa denunciare il pregiudizio che tende a sottovalutare e a non riconoscere i risultati scientifici conseguiti dalle donne attribuendoli ai colleghi uomini. 

Le donne che a quel tempo si dedicavano alla ricerca scientifica erano costrette a rinunciare alla rivendicazione delle proprie opere, a causa di una società maschilista che privilegiava il marito in materia di proprietà dei brevetti. Tutto questo portava a una cancellazione delle donne di scienza.

Rossiter analizzò il fenomeno partendo da biografie e dati, prendendo in considerazione gli svantaggi che le donne subivano utilizzando il concetto di “segregazione gerarchica”, vale a dire l’assenza delle donne dai ruoli di potere. Studiando il sistema di valutazione e riconoscimento dei risultati scientifici individuò una costante: le citazioni, indice di riconoscimento scientifico, ricevute da lavori realizzati dalle scienziate erano minori rispetto a quelle dei colleghi uomini.

Come Gage prima di lei, anche Rossiter elencò diversi esempi di invenzioni attribuite a uomini. Tra le tante quella che fece più scalpore fu quella della salernitana Trotula de Ruggiero, tra XI e XII secolo, pioniera nel campo dell’igiene intima e inventrice del primo sapone intimo. I suoi scritti, dopo la morte, furono attribuiti a un uomo. Questa fu una scoperta che colpì molto Rossiter: «è probabilmente la più vergognosa cancellazione o trasformazione nella storia della scienza e della medicina, nel Dodicesimo secolo un monaco, supponendo che una persona così esperta dovesse essere un uomo, copiò male il suo nome su uno dei suoi trattati, declinandolo al maschile».

Ed oggi?

Ancora oggi gli stereotipi e i pregiudizi sono duri a morire. Secondo uno studio di Save the Childrenbasato su dati del Miur, in Italia, alla fine della scuola primaria le bambine ottengono risultati in matematica mediamente inferiori rispetto ai coetanei maschi, e tra gli studenti con alto rendimento nelle materiescientifiche solo una ragazza su otto spera di lavorare come ingegnere o in professioni scientifiche, a fronte di uno su quattro tra i maschi. 

Un passo avanti è stato fatto nel 2015 quando è stata istituita dalle Nazioni Unite la Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza. Questa giornata non deve essere vista come una celebrazione, ma come un momento di riflessione sull’importanza della parità di genere. 

Bisogna incrementare la presenza femminile in ogni ambito lavorativo, soprattutto quello scientifico.  Proprio durante la pandemia di Covid-19 è stata messa in luce la ricerca femminile, ma purtroppo vi è stato anche «un impatto particolarmente negativo proprio sulle scienziate, soprattutto quelle agli inizi della carriera, contribuendo ad allargare il gap di genere che già esiste».

Per far luce sul tema, Save the Children ha lanciato a febbraio una campagna social coinvolgendo direttamente tante attiviste del mondo della scienza e del digitale, tramite gli hashtag  #noncivuoleunascienza per rendersi conto che… #civuoleunascienziata. Iniziative lodevoli che si spera possano essere sempre presenti e che possano aiutare ad eliminare queste odiose differenze di genere.


Fonte (click per aprire)

Aggiungi commento

I commenti sono soggetti a moderazione prima di essere pubblicati; è altrimenti possibile avere la pubblicazione immediata dei propri commenti registrandosi ed effettuando il login.


Codice di sicurezza
Aggiorna