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Etiopia, Tigray: la guerra che il mondo non vuole vedere: Stupri come arma di guerra nel Nord del Paese

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

ROMA - Si contano a migliaia le donne, le ragazze e le bambine vittime di aggressioni sessuali e veri e propri stupri nella regione del Tigray, nell'Etiopia settentrionale al confine con l’Eritrea, dove è in atto un conflitto, che ha avuto inizio il 4 novembre del 2020, protagonisti l’esercito di Addis Abeba e quello eritreo, alleati contro il Fronte di liberazione popolare del Tigray (Tplf). La situazione attuale - a quanto pare ignorata, non solo dal sistema mediatico internazionale, ma anche dalle diplomazie occidntali - è però al centro di numerose segnalazioni e appelli da parte di organizzazioni umanitarie, come Amnesty Internatiponal o Human Rights Watch.

Gli antefatti. Tutto ha avuto inizio nel novembre del 2019 quando il primo ministro etiope  - premio Nobel per la Pace nel 2019 - Abiy Ahmed e il presidente del Fronte democratico rivoluzionario popolare etiope decisero di unificare i partiti costituenti della coalizione in un nuovo Partito della Prosperità. Fu allora che il Fronto per la liberazione del Tigray (FPLP), regione settentrionale dell'Etiopia, popolata dall'etnia tigrina, egemone in Etiopia, sebbene non maggioritaria, considerò illegale quella scelta. Circa un anno dopo, nel settembre 2020, il TPLF chiese al National Election Board of Ethiopia di aiutare il Tigray a organizzare le elezioni regionali. Ma la richiesta venne rifiutata. Fu così che il FPLT decise assieme ad altre forze dell'opposizione di creare il proprio Consiglio elettorale e supervisionare le proprie elezioni regionali. Ma Ahmed disse subito che il governo federale etiope non avrebbe riconosciuto i risultati delle elezioni, vietando per giunta ai giornalisti stranieri di raggiungere il Tigray per documentare le elezioni.

Gli stupri come arma di guerra. Intanto, la gierra ha provocato lo sfollamento di migliaia e migliaia di persone di etnia tigrina fuggite nei Paesi confinanti, in provalenza nel Sudan orientale. Gli osservatori delle Nazioni Unite hanno poi confermato che i militari etiopi impediscono l’accesso alle vie di comunicazione e la distribuzione degli aiuti umanitari nella regione, dove ormai si calcola che più di 6 milioni di persone sono ridotte alla fame. A tutto questo si aggiungono le numerose denunce di organizzazioni locali, che denunciano come gli stupri siano diffusi e sistematici, usati regolarmente come "arma di guerra". Tutto questo, oltre tutto, mentre ad Addis Abeba proseguono gli arresti di giornalisti.

Un ‘genocidio’ contro il popolo tigrino?. E' la domanda che pone un articolo pubblicto sul sito dell'ISPI, Istitutp per gli studi di politica internazionale. "Da settimane - si legge - le accuse di massacri ai danni dei civili nella regione del Tigray si moltiplicano. Appena pochi giorni fa, il patriarca della Chiesa ortodossa etiope ha accusato il governo un genocidio contro il popolo dei Tigrini. “Dio giudicherà tutto” ha detto il patriarca Abune Mathias, un tigrino, aggiungendo: “Non so perché vogliono spazzare via la gente del Tigray dalla faccia della terra”.

Un messaggio registrato di nascosto. Il primo commento pubblico dall'inizio della guerra da parte del patriarca - si legge ancora nell'articolo dell'ISPI - è stato affidato ad un messaggio video ripreso con il cellulare dal direttore di una Ong statunitense nel Paese. Secondo Cnn, il religioso – 80 anni, patriarca ortodosso del Paese africano con la più antica tradizione cristiana dell’intero continente – avrebbe registrato di nascosto il messaggio da Addis Abeba dove sarebbe agli arresti domiciliari nella sua residenza. È in questo contesto, di sospette violazioni del diritto umanitario e crimini di guerra e contro l’umanità, che si stanno consumando stupri etnici di massa: “Siamo molto preoccupati per le informazioni che arrivano dalla regione del Tigray” ha denunciato Evelyn Regner, presidente della Commissione per i diritti delle donne al Parlamento europeo".

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