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Donne, la parità a chiacchiere

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Il dizionario Treccani cancella dalla declinazione della parola "donna" sinonimi come "cagna", "bagascia", "battona" perché ritenuti giustamente dispregiativi e quindi poco rispettosi della dignità di genere.

Seppure questa attenzione al "politically correct" e al contrasto alle discriminazioni di genere trovi unanime approvazione, le donne, nei fatti, continuano ad essere discriminate. Lo afferma chiaramente il "Bilancio di genere" appena consegnato dall'Università Federico II sulla posizione delle donne rispetto al sapere e alla loro realizzazione lavorativa.

Nonostante le studentesse siano più brave, più diligenti, abbandonino meno gli studi, si laureino prima e con voti mediamente più alti dei loro colleghi maschi, continuano ad occuparsi meno, raggiungono i vertici dei ruoli accademici soltanto per un terzo rispetto agli uomini. Stando sempre al principale ateneo napoletano solo il 23,9% dei professori ordinari è donna e solo il 14% raggiunge ruoli di vertice e di governance accademica. Ad esempio, delle 5 maggiori società scientifiche, che rappresentano la mia comunità accademica, soltanto una è presieduta da una donna.

Eppure, le donne sono la forza del paese. Quell'esercito di lavoratrici silenziose che durante il Covid ha sostenuto lo sforzo maggiore; penso alle infaticabili cassiere dei supermercati, alle mamme che oltre i compiti di cura familiare hanno seguito la Dad dei loro figli senza scuola, alle lavoratrici che hanno perso il lavoro più dei loro uomini e ai medici e agli infermieri che, nel nostro paese, per il 63% sono donne.

Insomma, le battaglie contro le discriminazioni, di ogni genere, non possono essere ridotte a mera questione nominalistica o di eliminazione di una parola da un vocabolario ma devono diventare azione politica e sociale sostanziale. In Italia sembra sia più comodo combattere queste battaglie a chiacchiere piuttosto che nei fatti e con gesti concreti. Aver aumentato in maniera significativa il numero di panchine rosse non serve chiaramente a ridurre il numero dei femminicidi e, seppur banale la provocazione, mi aiuta a dire che i simboli, per quanto suggestivi, rischiano di prevalere sulle azioni.

Vedo personalmente che sul tema dei diritti, delle discriminazioni, in tanti si accapigliano, si accalorano, discutono senza sosta, come nel caso della Legge Zan, che tanto non costa nulla, mentre le leggi "buone", che cambiano la realtà, prevedono investimenti di risorse e soprattutto un monitoraggio attento di come queste sono spese.Non ho mai personalmente amato il concetto di "quote rosa" ma non si può negare che in fase transitoria costituiscano un'utile strategia per tentare di bilanciare conti che restano ancora inesorabilmente squilibrati.Rimane il fatto che, forse, la vera parità di opportunità si raggiungerà solo quando una donna stupida prenderà il posto di un uomo stupido senza che nessuno si scandalizzi. 

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