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Aborto: diritti delle donne e obiezione di coscienza a confronto

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

L'assunzione all'Ospedale San Camillo di Roma di due ginecologi con la precisa indicazione che dovranno eseguire interruzioni di gravidanza, quindi non potranno dichiararsi obiettori di coscienza, ha scatenato un vespaio di polemiche.

Prima si sono espressi i vescovi secondo i quali con un'assunzione così formulata "non si rispetta un diritto di natura costituzionale quale è l’obiezione di coscienza".

Poi ha parlato la ministra della Salute Lorenzin, per la quale la legge 194 non prevede la possibilità di selezionare medici non obiettori. Infine si è schierato contro il provvedimento anche l'Ordine dei Medici di Roma, che ha chiesto al presidente della Regione Zingaretti di revocare l'"atto iniquo" perché implica una "discriminazione di chi esercita un diritto sancito dalla bioetica e dalla deontologia medica".

Di tutt'altro avviso Silvana Agatone, ginecologa e presidente della Laiga, Libera associazione italiana ginecologi per l'applicazione della legge 194/78, che da noi interpellata ha dichiarato: "Il servizio sanitario nazionale ha il diritto e il dovere di selezionare personale adeguato per il compito assegnato e per cui viene pagato dai contribuenti. In Italia su una popolazione di 59 milioni di abitanti ci sono 51 milioni di cattolici, eppure la popolazione italiana ha chiesto di poter avere accesso all'interruzione di gravidanza, ed è la popolazione italiana che paga le tasse per mantenere gli ospedali pubblici".

Panorama.it ha sentito il parere di due ginecologi, un non obiettore, Silvio Viale, responsabile del Servizio Unificato di Ivg dell'Ospedale Sant'Anna di Torino, e un obiettore, Piero Seinera, dirigente medico di primo livello e Caporeparto del reparto di ginecologia benigna della stessa azienda ospedaliera.

È discriminatorio assumere ginecologi specificando che dovranno eseguire aborti?

Piero Seinera (Obiettore)Non ritengo che lo sia. Trovo molto più discriminatoria l'attuale situazione in alcune città sia per i medici sia per la paziente. Ci sono realtà in cui la donna si trova a dover ricorrere ancora a pratiche contrarie alla legge.

Silvio Viale (Non obiettore)Nel momento in cui c'è bisogno di colleghi che fanno aborti e c'è un rifiuto da parte dei medici a praticarli, è chiaro che un'istituzione ha il dovere di garantire i servizi, l'idea di dover prendere personale in più è una soluzione, anche se non ottimale. Quello di Zingaretti è un sasso nello stagno, utile a far parlare dell'argomento, ma in Italia manca strutturalmente la volontà storica di occuparsi di questo.

Vale più il diritto del medico di essere obiettore o quello della donna di abortire?

Piero Seinera (Obiettore) Io sono obiettore dal 1986, non per preclusioni di ordine etico, ma unicamente perché dopo anni di aborti, con la nascita di mio figlio ho cominciato a sentire il peso di un lavoro che non è tra i più leggeri. Nei tardi anni '80 c'era una discriminazione tra noi che facevamo aborti e i colleghi che facevano interventi più gratificanti in sala operatoria. Poi le cose sono un po' cambiate. Secondo me comunque è più importante che la donna abbia a disposizione ciò che la legge prevede. 

Silvio Viale (Non obiettore)Il diritto del medico di essere obiettore io lo difendo, ma non deve andare a scapito del diritto della donna di abortire. Il difetto di fondo è la 194: il peccato originale della legge consiste nell'aver stabilito che le interruzioni di gravidanza possono essere eseguite solo in ospedale e solo ad opera di ginecologi.

In altri paesi d'Europa l'ivg è una pratica ambulatoriale, nella maggioranza dei casi eseguita da medici privati a costi che sono la metà di quelli sostenuti in Italia.

L'aborto è l'unica prestazione sanitaria che in Italia non si può fare anche privatamente, perché è un tabu: né a destra né a sinistra se ne vogliono occupare. Il fatto di limitarla a ospedali e ginecologi rappresenta un collo di bottiglia. Nel nostro paese i ginecologi che potrebbero in teoria praticare aborti sono meno di 5000, 1500 i non obiettori e non so quanti di questi fanno aborti davvero. La verità è che non si vogliono organizzare bene i servizi per questa procedura.

In Italia 7 ginecologi su 10 sono obiettori: qual è la soluzione per evitare forzature consentendo comunque alle donne di esercitare il proprio diritto?

Piero Seinera (Obiettore)In Piemonte ci sono zone con qualche criticità e aree, come quella torinese, in cui non ci sono problemi. Ma in una regione come il Molise, dove il 90% dei medici sono obiettori, c'è poco da inventare: servono medici pagati a gettone, o trasferiti con rimborso spese da provincia a provincia che vadano a fare interventi su richiesta.

Per diminuire il numero di obiettori si dovrebbe diminuire il carico degli interventi da fare settimanalmente. Ma bisognerebbe lavorare sui giovani, perché chi è diventato obiettore in genere non torna indietro. Purtroppo non credo che ci sia la minima sensibilità in tal senso da parte dell'università.

Silvio Viale (Non obiettore)Per me la soluzione ottimale consiste nel fare un piano di interruzioni volontarie di gravidanza regionale creando centri che funzionino 5 giorni su 5. A quel punto in quei centri, non in tutti gli ospedali, stabilire la quota di personale non obiettore minima per farli funzionare.

Da noi in Piemonte, al Sant'Anna, dove sono responabile del principale servizio d'Italia, nel 2106 abbiamo superato i 3200 aborti, il 40% dell'intera Regione. Funzioniamo 5 giorni su 5, con 4 sedute operatorie a settimana, ma facciamo anche molti aborti farmacologici. A un chilometro da noi c'è l'Ospedale Mauriziano con 9 obiettori su 12 che fa 120 aborti all'anno in tutto. Ma non c'è problema perché tanto vicino ci siamo noi a sopperire. Qui abiamo 83 ginecologi di cui circa un terzo non obiettori: a fare aborti siamo una ventina, il sistema funziona, non abbiamo liste di attesa. Andrebbe fatta la stessa cosa in tutte le regioni.

Non bisogna difendere ottusamente l'idea che si possano fare aborti in tutti gli ospedali, anche perché dove se ne fanno di più c'è una maggior qualità. Esiste la mobilità: si devono scegliere ospedali che coprano una certa quota di interruzioni di gravidanza con almeno il 30% del personale non obiettore e poi eventualmente sopperire alle mancanze con del personale disponibile a venire da fuori.

Tutti i ginecologi che non praticano aborti lo fanno per motivi etici?

Piero Seinera (Obiettore)Io penso che l'etica c'entri molto poco. Guardandomi attorno in 40 anni secondo me, al di là di motivi di interesse, del desiderio magari di compiacere persone a livello gerarchico più alto, la verità è che questo non è un bel lavoro. Per fortuna negli anni ci sono stati miglioramenti nell'ecografia, non è più come ai miei tempi in cui ti poteva capitare una donna ai limiti della dodicesima settimana.

Arrivare all'ultimo giorno possibile comporta un intervento piuttosto brutto: veder passare i resti del feto in un tubo non è piacevole. Quindi c'è un aspetto umano e poi il fatto che non è un lavoro gratificante: non costruisci niente. Essere messo in questo servizio è un peso. 

Silvio Viale (Non obiettore)Qui al Sant'Anna gli obiettori veri sono 10 su 50. La maggior parte è gente che faceva aborti e poi si è stufata. La verità è che questo non è mai stato considerato come un servizio alla pari degli altri. Ci sono medici convinti di star facendo un favore allo Stato, all'Ospedale, ai dirigenti sanitari e quando sono stufi e non si sentono considerati si dichiarano obiettori. Non è un ruolo semplice il nostro, non posso dire che tutti i miei colleghi non obiettori siano contenti ed entusiasti di svolgere questo servizio. Ma non si fa niente per creare una cultura in tal senso.

Il Sant'Anna è un ospedale universitario e pur avendo noi quattro primari tutti non obiettori e due cattedratiche di prima fascia entrambe non obiettrici, nel corso di specialità non è prevista la frequenza al servizio di ivg. Basterebbe far fare agli studenti un mese a testa, soprattutto dal momento che qui gli aborti corprono più del 20% dei ricoveri. Una donna su 5 entra da noi per un aborto volontario o involontario. Ma il fatto è che occuparsi male di aborti volontari crea un deficit di preparazione anche su quelli spontanei.

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