Parità di genere certificata sul lavoro: il progetto dal 2022 e i benefici alle aziende
Una certificazione che accompagni le imprese a ridurre il divario tra donne e uomini sul fronte della parità salariale (a parità di mansioni), delle opportunità di carriera, della tutela della maternità. È una delle iniziative, incardinata nella missione 5 “Lavoro e inclusione”, che sarà finanziata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza appena inviato a Bruxelles dal Governo. A disposizione ci sono 10 milioni di euro (sui 19,8 miliardi dell’intera missione). La partenza, dopo le fasi preliminari, è fissata ad aprile 2022.
Quello di genere è uno dei tre gap che l’Italia deve recuperare se vuole crescere, insieme a quello territoriale e generazionale, come ha spiegato il ministro dell’Economia, Daniele Franco, presentando il piano alla Commissione europea.Tanto più dopo l’ulteriore svantaggio sul fronte lavorativo determinato, per le donne, dal Covid-19: dei 565mila occupati in meno registrati a marzo 2021 rispetto allo stesso mese del 2020, 377mila sono donne (il 66%).
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Con la certificazione di parità, la consapevolezza di costruire un contesto nel mondo del lavoro che sappia introdurre elementi di equità tra lavoratori e lavoratrici passa dal piano culturale a quello economico e sociale. Per la prima volta, dunque, non solo si prende atto di un forte divario tra i generi, innanzitutto sul piano retributivo - il gap tra gli stipendi mensili di uomini e donne in Italia è del 14,3% (3,7% se si considera la retribuzione oraria)- ma si focalizza la necessità di creare un sistema che, come si legge nel Pnrr, «accompagni e incentivi le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il gap di genere in tutte le aree maggiormente critiche».
Oltre a lavorare meno degli uomini (il tasso di occupazione femminile è al 49%, contro il 67,2% dei maschi), le donne hanno anche buste paga più leggere, «principalmente - spiega Chiara Tronchin della Fondazione Leone Moressa - perché lavorano un numero inferiore di ore, svolgendo attività con orari più brevi, o in part-time. Le donne poi - aggiunge - sono meno disponibili al lavoro straordinario, per cui sono “segregate” nei lavori meno remunerativi e più temporanei, e, a parità di qualifiche, ottengono meno avanzamenti di carriera rispetto ai colleghi».
Ecco perché sul fronte delle criticità da rimuovere, gli interventi ipotizzati dal Pnrr con la certificazione di parità sono diversi: dalla possibilità di porre uguali condizioni nei percorsi di carriera, al fatto che a parità di competenze e di ruolo non ci siano penalizzazioni di stipendio, agli interventi di sostegno alla maternità, che trasformino quella che troppo spesso è una fase di arresto della carriera per molte donne, semplicemente in una scelta di vita.