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avvocate e madri, non sabotatevi

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

image Era gennaio e mia figlia Ludovica era nata da meno di un mese. Mi hanno chiamata dallo studio dicendomi: "Domani abbiamo la perquisizione per il processo Standard & Poor’s". Ho chiamato mio padre, gli ho preparato il biberon e sono andata. La scelta migliore visto che quello è stato il processo che mi ha dato la conferma definitiva, lato mercato, che ero davvero una penalista!

Jean-Paule Castagno, classe 1979, oggi partner di Orrick e responsabile del Dipartimento di Diritto penale dell'economia e dell'impresa, ha le idee chiare sulla carriera al femminile: “La colpa della mancata carriera a volte è anche delle donne – commenta – si può vivere la maternità anche continuando a lavorare, senza estraniarsi da mondo”.

A poco più di 40 anni può già vantare una carriera di altissimo livello nel legale: come è arrivata qui?

Mi sono laureata molto giovane, a 22 anni, con l’idea di fare l’avvocato penalista e sono entrata per caso da Guido Carlo Alleva come praticante perché io non vengo da una famiglia di avvocati e non avevo contatti. Alleva è stato il mio primo maestro, che mi ha formata in particolare nella strategia. Ho lavorato a stretto contatto con lui per 5 anni.Lo studio poi è cresciuto, ma io volevo andare in aula in prima linea e fare io l’udienza: nelle boutique legali è difficile, c’è sempre un dominus in prima linea e gli altri lavorano per lui e non si schierano. Così ho cambiato e sono andata da Daniele Ripamonti, altro grande maestro che mi ha dato la libertà di andare nel "mare". Giro tutta l’Italia a fare udienze: tanta tecnica, ore e ore di studio, poche relazioni e politica, si vince con tecnica e preparazione. Ripamonti è stato il mio maestro su autonomia e supervisione della preparazione tecnica.

Come è arrivata nei grandi studi internazionali?

Un giorno mi chiama Alleva per parlarmi di un’opportunità straordinaria, che nessuno avvrebbe preso in considerazione. Clifford Chance avrebbe voluto sviluppare per la prima volta l’inserimento del diritto penale in uno studio internazionale. Il penale, infatti, è dominio delle grandi boutique. Con il caso Parmalat grandi banche straniere come Citibank e Deutsche Bank si trovano coinvolte nel diritto penale italiano e iniziano a servire studi internazionali che non facciano solamente da mediatori, ma che abbiano anche un ruolo processuale.

Quali difficoltà ha incontrato?

Abbiamo fondato il dipartimento da zero, all’inizio non è stato facile. È stato arduo trovare la quadra tra il diritto penale un po’ “old style” e il cliente straniero che vuole una risposta subito, ma ce l’abbiamo fatta. Io non sapevo l’inglese, ho studiato tantissimo e Antonio Golino è stato il mio maestro nella gestione del cliente internazionale

Tanti maestri di altissimo livello, tutti uomini. Come mai?

Come dicevo a volte le donne si auto sabotano o pensano che conciliare maternità e carriera sia qualcosa di negativo. Quando mi ha cercata Clifford Chance io ero incinta della mia prima bimba. Avevo 33 anni e aspettavo la mia prima figlia perché il mio maestro mi aveva dato un consiglio: in Italia un avvocato viene considerato tale dai 40 anni in su, fai subito una famiglia, così poi le tue figlie sono già alle elementari. Così ho fatto. Ho dato subito comunque la mia completa disponibilità e loro l’hanno accolta, da bravi inglesi, dicendo: “Il nostro è un investimento di lungo periodo”.

Oggi lavora in Orrick e, nonostante i 40 li abbia compiuti da poco, sembra già destinata a fare la storia del processo penale in Italia. Cosa prevede per il futuro?

In Orrick oltre ad avviare il dipartimento penale ho l’opportunità di lavorare finalmente con la tecnologia. Lo studio legale Orrick vede nella sfida dei cambiamenti tecnologici delle grandi opportunità da cogliere, anche grazie alle sue radici al centro della Silicon Valley, e proprio per questo motivo ha deciso di rendere l’innovazione un pilastro fondante della propria strategia globale dotandosi di una figura di Chief innovation officer, forte segnale di innovazione in un mercato da sempre legato alle tradizioni. Tra le soluzioni innovative implementate dallo studio per venire incontro alla crescente domanda di servizi innovativi in ambito legale, Orrick ha creato l’iniziativa globale Orrick Labs: veri e propri laboratori di innovazione legale, nei quali avvocati dello Studio e specialisti del mondo IT e tech collaborano a stretto contatto con l’obiettivo sia di sviluppare progetti ad hoc su diretta commissione sia di selezionare e testare le soluzioni tech già presenti sul mercato e più adatte ai bisogni dei clienti. A questa iniziativa si affianca The Observatory: la nuova Silicon Valley dei legali, un vero e proprio unicum nel panorama internazionale. Un innovativo progetto realizzato e gestito dallo Studio con l’obiettivo di raccogliere in un’unica piattaforma tutte le soluzioni di legal tech proposte dal mercato. Si tratta di una piattaforma interattiva che permette di analizzare le oltre 600 tecnologie dedicate al mondo legale presenti oggi sul mercato.

La pandemia ha accelerato questi processi?

Il nostro studio aveva già strumenti informatici importanti. In questo periodo abbiamo cercato di replicare in video rispettando tutto ciò che il codice penale impone. Degli esempi? Indagini difensive a distanza: io mi assumo anche online la qualifica di pubblico ufficiale, quindi identificazione, videoregistrazione, firma verbale, avviene tutto da remoto.

Poi tutto alla copisteria del tribunale, ma oltre alla trascrizione ho bisogno del verbale in cui recepisca gli avvisi di legge. Per le firme, per esempio, usiamo il software Docusign, che certifica la provenienza della firma, la traccia e rilascia un report di autenticità della firma.

La pandemia quindi ha cambiato il settore penale?

I penalisti dovrebbero “sfruttare” questo periodo per rendere il diritto penale a uso e consumo dell’accusato. Se ho un processo a Trapani oggi devo ancora avere un domiciliatario lì e non posso avere una dataroom in diretta. Perché?

Non possiamo continuare a usare la PEC per ricevere notifiche: in altri Paesi europei non esiste fare repository con accesso per tutti i membri, con tecnologie come la blockchain. C’è una grande e vergognosa ritrosia al cambiamento da parte degli avvocati, per proteggere diritti di classe che sono nocivi agli accusati. Se sono accusato dovrei avere un sistema che mi consenta di esercitare i miei diritti a spese minori. Non è questa la giustizia che noi possiamo passare alle nuove generazioni. C’è gente che usa ancora il fax. Io sono a favore della digitalizzazione del processo penale. Ora abbiamo il portale telematico ma stiamo usando tecnologie datate come otp e usb che le banche hanno eliminato per questioni di sicurezza.

Cosa manca dunque?

Oltre alle tecnologie bisognerebbe iniziare a capire come usare lo strumento digitale anche per la raccolta delle prove. Il baluardo da portare avanti è l’europeizzazione del processo penale. Fortunatamente si sta creando una rete di magistrati a livello europeo e spero che presto di assumerà un modello europeo.

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