Il silenzio assordante su Saman - Cronaca
Beppe Boni Per l’attrice dei The Jackal, Aurora Leone, fatta alzare in modo inelegante dal tavolo dei giocatori della Nazionale cantanti sono impazziti i social e il mondo che difende i diritti delle donne. Comprensibile, se le cose stanno così. Su Saman invece, questo ambito legalitario sussurra, ma non urla, si indigna col silenziatore, riflette più che protestare. Ci sono discriminazioni che valgono più di...
Beppe
Boni
Per l’attrice dei The Jackal, Aurora Leone, fatta alzare in modo inelegante dal tavolo dei giocatori della Nazionale cantanti sono impazziti i social e il mondo che difende i diritti delle donne. Comprensibile, se le cose stanno così. Su Saman invece, questo ambito legalitario sussurra, ma non urla, si indigna col silenziatore, riflette più che protestare. Ci sono discriminazioni che valgono più di altre, pur col legittimo dubbio che nel merito valgano meno. Saman, viva o morta, è comunque l’icona di una violenza estrema che la nostra società non può giustificare per la propria storia e la propria cultura. Lei sognava di vivere come le sue coetanee italiane, indossare i jeans e le Sneakers per l’aperitivo, togliersi il velo e ascoltare musica rap. La segregarono in casa da minorenne. E questo già basterebbe perché si levassero urla dal silenzio. Invece nulla, nemmeno ora col sospetto che sia stata uccisa e seppellita in un campo dove cresce l’erba verde smeraldo di maggio. Saman è uno dei tanti casi di pressione familiare per i matrimoni combinati delle spose bambine. E come lei altre giovani sono state, picchiate, imprigionate e uccise da padri e madri che invece dovrebbero costruire la loro felicità. Il politicamente corretto forse preferisce lottare per episodi più mediatici e patinati rispetto a questa vicenda che sembra tutta pachistana, ma che incide sul tema dell’integrazione e di chi sceglie di vivere in Occidente pur rifiutandone la legge e i principi di libertà. Il padre partito in fretta, dal Pakistan dice "Saman è in Belgio, tornerà". Tifiamo perché sia vero. Resta il fatto che questa ragazzina dal sorriso sbarazzino è l’icona di un sopruso infinito, lei che fra Tik Tok e Instagram ha scelto di vivere come le coetanee occidentali. Riaffiorano così dal passato altre storie, come quella di Sana Cheema, Ina Saleem, uccise entrambe dai padri-padroni in Lombardia, o di Nosheen Butt, scampata alla stessa sorte, toccata però alla madre che la difese a Carpi di Modena. Speriamo che Saman torni e che la sua narrazione diventi una battaglia di civiltà.
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