Intervista a Silvia Vianello, tra le 100 italiane più di successo al mondo. “Le donne devono avere perseveranza e maggiore autostima”
Quante donne si sono trovate nel corso della propria vita a dover decidere tra famiglia e lavoro? Quante hanno dovuto rinunciare alla propria carriera, alla propria libertà o all’indipendenza finanziaria? Che condizioni trova, nel 2021, una donna che si affaccia al mondo del lavoro? E quanti pregiudizi deve abbattere?
Questi e altri argomenti abbiamo affrontato con Silvia Vianello, un vero e proprio orgoglio per le donne e in particolare per noi italiane.
E’ stata definita la miglior manager donna del Medio Oriente ed inserita nella lista di Forbes tra le 100 donne italiane di maggiore successo nel mondo. E’ stata docente di Marketing alla Bocconi, per 4 anni ha condotto su Sky il programma “Smart&App, la tecnologia che migliora la vita” e dopo aver lasciato l’Italia per Dubai, nel 2017, è stata direttore marketing per Maserati per 24 Paesi in Asia, Middle East, Africa e Oceania. E’ riconosciuta a livello mondiale come una dei massimi esperti di risorse umane, sviluppo personale, internazionalizzazione delle aziende, marketing, tecnologia e mondo del lavoro.
- “Dopo aver acquisito esperienza in oltre 80 Paesi, ho un unico obiettivo, aiutare gli altri a realizzare i loro sogni e lottare per un mondo del lavoro più giusto ed equo”. Sono le prime righe che si leggono sul suo Profilo LinkedIn e un notevole contributo lo sta dando con la ‘Silvia Vianello Academy’. Ci può spiegare di cosa si tratta?
“Ho ideato la ‘Silvia Vianello Academy’ per aiutare le persone a trovare un nuovo lavoro con il supporto della tecnologia e per mettere a nudo la tecnologia che viene utilizzata dagli stessi selezionatori, per rendere più trasparente il mondo delle selezioni e vincere contro questi stessi sistemi. Si tratta di un percorso di supporto a chi cerca lavoro dove confluisce tutta la mia esperienza al servizio delle persone più in difficoltà. Un supporto concreto per chi cerca lavoro, dove le persone capiscono tutti gli errori che commettono quando cercano lavoro e possono finalmente ripartire da zero errori. È un percorso ricco di suggerimenti su come utilizzare al meglio LinkedIn per chi cerca lavoro e su come superare il primo screen di selezione, ovvero i temutissimi ATS. Vediamo che cosa sono.
Prima della pandemia, infatti, i recruiter si lamentavano della mancanza di candidati a causa della bassa disoccupazione e della carenza di talenti. Solo le aziende che avevano un buon processo di valutazione potevano trovare più facilmente i candidati più adatti.
Nel 2020, la pandemia ha ribaltato il mondo delle selezioni, un’ecatombe di disoccupati. I datori di lavoro si sono trovati sommersi da candidature, per poche posizioni aperte. Le selezioni sono diventate molto più complesse. A fronte di una maggior domanda di lavoro i processi di assunzione sono stati adattati per semplificare il lavoro del recruiter. Oggi questa semplificazione si chiama ATS (applicant tracking system), ovvero software che filtrano i candidati in modo automatizzato per una maggior scrematura e facilitare il lavoro del recruiter. Gli ATS sono diventati essenziali per molti recruiter per gestire più posizioni aperte contemporaneamente. Il problema è che ancora oggi molte persone non conoscono questo metodo innovativo che penalizza molti candidati ignari di tutto questo, non conoscendo il reale motivo per cui vengono scartati anche se sono realmente qualificati. Nell’Academy aiutiamo le persone a conoscere questi sistemi, ad adattare il loro profilo LinkedIn, il loro CV, la loro lettera di presentazione per farsi chiamare ad un colloquio. Ed ora aiutiamo anche a superare i colloqui con 23 video che forniscono le risposte da dare e come strutturare un colloquio di lavoro vincente”.
- Tra le persone a cui si rivolge ci sono le donne che devono rientrare nel mondo del lavoro dopo un periodo di stop come ad esempio la maternità. Quanto è difficile per una donna, oggi, conciliare il lavoro con la famiglia?
“Sono molte le mamme che si sentono in difficoltà quando affrontano il rientro al lavoro dopo la maternità. A spaventare sono sia lo scenario professionale sia il distacco dal bambino, che può portare a profondi sensi di colpa e difficoltà di gestione della famiglia. Spesso il ritorno a lavoro non è semplice, perché la mamma potrebbe trovarsi ad affrontare alcune modifiche nella posizione che ricopre in azienda e nelle prospettive di carriera. Secondo il recente report di Save the Children: “Le Equilibriste: la maternità in Italia 2021”, nell’anno della pandemia 249 mila donne hanno perso il lavoro e 96 mila erano mamme. Tra queste 4 su 5 hanno figli con meno di 5 anni. Si tratta di mamme che a causa delle restrizioni e della necessità di seguire i bambini più piccoli, lasciati fuori dagli asili nido e dalle scuole materne, sono state costrette a rivedere la propria posizione lavorativa, sacrificandola per seguire i propri figli. Spesso la carriera di una donna è interconnessa con il suo ruolo di gestione familiare e “nel solo 2019 le dimissioni o risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro di lavoratori padri e lavoratrici madri hanno riguardato 51.558 persone, ma oltre 7 provvedimenti su 10 (37.611, il 72,9%) riguardavano lavoratrici madri e nella maggior parte dei casi la motivazione alla base di questa scelta era la difficoltà di conciliare l’occupazione lavorativa con le esigenze della prole”[1].
Diventare madri in Italia significa percorrere un vero e proprio percorso a ostacoli e non sarà un caso se il nostro Paese detiene il primato delle più anziane d’Europa alla nascita del primo figlio (31,3 anni contro una media di mamme in EU di 29,4 anni). Con il nostro supporto aiutiamo le mamme a re-inserirsi nel mondo del lavoro, a capire come approcciare il mondo delle selezioni e come finalmente superare i colloqui per essere loro le prescelte”.
- È stata Direttore Marketing per Maserati in Asia, Middle East, Africa e Oceania. Cos’ha significato per lei questo incarico?
“Lavorare per Maserati come Direttore Marketing di 24 Paesi in 3 continenti ha significato lavorare ulteriormente in un settore prettamente maschile come quello automobilistico in cui tutte o quasi le persone che gestivo erano uomini (spesso più anziani di me). Vorrei per questo lanciare il messaggio a tutte le donne di non farsi intimorire da ruoli che apparentemente siano prettamente maschili e di non farsi intimorire a gestire team di persone anche più mature. Se il team ti stima per le tue capacità, e farai contestualmente gli interessi del team e dell’azienda, avrai la possibilità di avere successo nel tuo ruolo. È importante sfatare il falso mito che noi donne non possiamo lavorare in certi settori! Noi donne possiamo fare lavori considerati maschili in settori considerati maschili (e ci riesce anche piuttosto bene)”.
- Ha riscontrato maggiori difficoltà nel fare carriera essendo donna?
“Certo, ne incontro tutti i giorni di difficoltà, per una donna sono molto di più. Ma riuscire a trasformare le difficoltà in occasioni è il punto di svolta. I giorni più tristi sono stati i più fenomenali della mia vita. Gran parte della mia vita l’ho trascorsa fuori dall’Italia: le opportunità all’estero sono più grandi per le donne. In Italia c’è un innegabile gap di gender e salariale, pretendevano sempre di pagarmi meno dei miei pari grado uomini facendomi lavorare il doppio. Non è così negli Stati Uniti e in altri Paesi dove ho vissuto. In Italia mi sono sentita dire a volte che non potevo partecipare a determinati tavoli perché ero figlia di nessuno, non avevo protezioni. All’estero non ho incontrato questi pregiudizi, conta solo quello che sai fare e il risultato che porti”[2].
- Nel mondo del lavoro ritiene che ci siano maggiori pregiudizi nei confronti delle donne? Se sì, quali?
“Secondo un recente report dell’ONU ‘Tackling Social Norms: A Game Changer for Gender’la metà della popolazione ritiene che gli uomini siano leader politici migliori rispetto alle donne, una visione condivisa da quattro persone su dieci anche in ambito economico-imprenditoriale. Nei fatti, questa percezione si riflette nei salari. ‘Addirittura nei 50 Paesi in cui le donne hanno livelli di istruzione superiori agli uomini – si legge nel rapporto – il loro salario è in media inferiore del 39 per cento rispetto a quello dei colleghi maschi e questo anche se mediamente le ore dedicate al lavoro sono superiori’. Lo studio rivela che i pregiudizi sono duri a morire persino nei Paesi tradizionalmente più favorevoli alle pari opportunità e ai diritti: in Svezia, al pari di Sudafrica, Brasile, India e Ruanda, la percentuale delle persone che ammettono di avere almeno un pregiudizio contro le donne è cresciuta negli ultimi nove anni. Questa percentuale è pari al 50 per cento in Regno Unito e Stati Uniti. Gli esperti dell’Undp fanno appello ai governi affinché adottino o migliorino l’attuazione delle leggi che favoriscano la parità di genere e l’accesso ai servizi[3]. Dal mio punto di vista i maggiori pregiudizi nei confronti delle donne riguardano la capacità di gestione del tempo per donne che hanno figli (time management), la maggior emotività, la gestione dello stress, la minor resistenza fisica”.
- Spesso uno degli elementi che accomuna le donne vittime di violenza da parte del proprio marito o compagno è il non avere un’indipendenza economica che le porta ad essere completamente succubi. Quanto è importante che al giorno d’oggi una donna sia emancipata economicamente?
“Una maggior emancipazione femminile non corrisponde automaticamente ad una minor violenza contro le donne. In generale, sia che la donna guadagna di più dell’uomo sia che guadagna di meno, può sempre essere vittima di violenza. In particolare, con l’emancipazione economica, la violenza sulle donne si sposta e cambia target. Si parla, infatti, anche di violenza economica, riconosciuta dalla Convenzione di Istanbul, che lo scorso 11 maggio ha compiuto 10 anni. È quando una donna viene soggiogata psicologicamente dal suo compagno, che esercita un vero e proprio controllo su di lei anche nell’ambito finanziario, legandola ulteriormente a sé e ostacolandola nel percorso di uscita della violenza. Questo si accompagna anche alla violenza fisica con lo stalking, violenza sessuale e si attua sia in ambito familiare che nell’intimità delle mura domestiche e anche in ambito lavorativo. Anzi, questi due mondi a volte si incontrano, perché la donna rimane bloccata in una relazione violenta perché pensa di essere in una relazione di amore, di aiutare la famiglia e i figli e spesso si ritrova indebitata o dipendente economicamente dal proprio compagno e non sa come affrontare questi enormi ostacoli[4]. Anche se una donna che lavora ed è indipendente può essere meno esposta a forme di violenza, ciò non toglie che possa essere esposta a delle molestie sessuali da altri uomini al di fuori delle mura domestiche e anche in ambito lavorativo e nell’ambito di tutti i giorni. Tuttavia, in un contesto familiare di disagio economico aumentano le probabilità che una donna possa subire molestie o forme di violenza in generale. Invece, un’occupazione più stabile può proteggere ulteriormente la donna dagli strati economicamente meno abbienti e tutelarla da forme di violenza. Dunque, lavorare rappresenta un fattore di protezione per lei nella misura in cui il suo reddito permette alla famiglia di mantenersi al di sopra della soglia di povertà[5], ma non sempre è così. Molte donne sovra-istruite occupano posizioni lavorative più umili con salari decisamente più bassi. La conseguenza è che in un contesto eccezionale come quello della pandemia, in famiglia, se si deve rinunciare a uno stipendio per badare ai figli molto probabilmente sarà quello della donna a essere sacrificato ed in questo modo la donna rinuncia non solo al lavoro, rinuncia alla sua carriera, alla sua libertà, alla sua indipendenza finanziaria. Essendo dipendente finanziariamente si potrebbe trovare in situazioni spiacevoli di violenza fisica o piscologica da parte di un marito o compagno, situazioni da cui è molto difficile uscirne perché per una donna è ancora più difficile re-inserirsi nel mondo del lavoro con un ‘buco nel CV’ “.
- Quali sono le “fregature” che possono ingannare i giovani che si affacciano per la prima volta al mondo lavorativo?
“In un periodo di profonda crisi come quella che stiamo vivendo ora con un’elevata disoccupazione giovanile trovano terreno fertile coloro che lucrano a danno dei giovani e del loro diritto a trovare un lavoro. Facendo leva su una loro necessità, ovvero quella di lavorare e fare esperienza, molti giovani credono di aver ricevuto un’opportunità quando in realtà si tratta solo di occasioni di sfruttamento sottopagate. Un’indagine condotta da Adiconsum e Movimento difesa del cittadino, nell’ambito del progetto “Lavoro sicuro“, cofinanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha riscontrato ben 12 tipologie di frodi e pratiche commerciali scorrette perpetrate a danno dei giovani in cerca di lavoro o di offerte formative/aggiornamenti professionali. Generalmente, tutte le truffe nascondono la logica della catena di Sant’Antonio che può sfociare in delle richieste insolite quali ad esempio pagare per la formazione o per dei kit particolari per iniziare a lavorare, quando in realtà se ci fossero dei costi questi sarebbero a carico dell’azienda o detratti dal primo stipendio, non certo a carico dei ragazzi. Se un’offerta è troppo bella per essere vera è sempre opportuno fare una ricerca per verificare la regione sociale e la partita IVA dell’azienda. In casi di truffa, questi dati non vengono proprio indicati e in caso contrario se fate una ricerca su Google Maps troverete una triste sorpresa. Le frodi perpetrate ai danni dei giovani in cerca di lavoro presentano risvolti psicologici e sociali particolarmente gravi. A livello personale, esse producono nelle vittime un abbassamento della propria autostima. A livello sociale, minano la fiducia e le aspirazioni dei giovani che vedono nel lavoro non solo uno strumento di realizzazione personale, ma anche di contributo dato alla società civile e all’intero Paese[6]. Le truffe, qualunque esse siano, lavorative o sentimentali, sebbene possano incidere psicologicamente sulle vittime sono comunque esperienze negative da cui si possono trarre insegnamenti importanti evitando di ricascarci nuovamente. Sempre attenti, cari giovani, a quelli che vi dicono che hanno una ‘grossa opportunità per voi’. Consiglio anche di fare stage retribuiti, gratis è meglio imparare studiando su Youtube. Chi non è disposto a dare nemmeno un rimborso spese, potrebbe avere ben poco da insegnare”.
- In conclusione, cosa si sente di consigliare alle donne per sentirsi appagate nel mondo del lavoro?
“Alle donne consiglio prima di tutto di avere fiducia in sé stesse perché questo è ciò che garantirà maggior successo verso l’obiettivo che si vuole raggiungere alimentando sempre più autostima e perseveranza. Anche se alle donne viene insegnato di esprimere le loro emozioni sin dalla loro tenera età, è opportuno sapersi gestire e non lasciare che prendano il sopravvento, perché potrebbero rappresentare un grosso problema nell’ambito lavorativo. È necessario anche adoperarsi funzionalmente al raggiungimento dei propri obiettivi buttando giù nero su bianco, anche con degli schemi come quelli che insegniamo nell’Academy, un proprio piano di sviluppo professionale. In genere, mentre gli uomini, anche sul lavoro, tendono a fare gruppo, le donne vedono le colleghe come una minaccia. Questa reciproca invidia non fa altro che distruggere tutto ciò per cui si ha lavorato. Le più giovani dovrebbero, invece, vedere nelle colleghe più anziane delle guide e delle mentor. È molto importante costruire delle solide relazioni di fiducia con le colleghe. Inoltre, oggi più che mai per far fronte ad una vita molto frenetica e stressante è opportuno prendersi una vacanza mentale dall’intensità della vita di tutti i giorni sia per chi sta lavorando sia per chi ancora sta cercando lavoro. A volte anche trovare lavoro può risultare stressante perché molte volte non si accettano i “no” e questo influisce sulla propria autostima. Infine, un ultimo consiglio che mi sento di dare è quello di tenersi sempre aggiornati, informarsi sempre di più sia a livello generale sia soprattutto nell’ambito della propria posizione lavorativa attuale o desiderata, creandosi sempre più opportunità anche in ambito lavorativo”.
- E alle donne in generale?
“Alle donne in generale mi sento di consigliare di affrontare senza alcun timore gli ostacoli che possono presentarsi nella vita di tutti i giorni e percepirli come delle occasioni su cui far leva per acquisire più esperienza e prepararsi sempre di più alle sfide che si presenteranno in futuro. In fondo, la vita è il 10% quello che accade e il 90% come reagiamo a quello che ci accade. Se hai toccato il fondo, non significa che tu debba rimanere lì. Datti da fare perché la vita non è fatta per essere brutta”.
[1] https://www.savethechildren.it/blog-notizie/mamme-in-pandemia-le-equilibriste-2021
[2] https://www.ilmessaggero.it/mind_the_gap/silvia_vianello_chi_e_forbes_travel_influencer-4567803.html
[3] https://valored.it/news/parita-di-genere-i-diritti-delle-donne-oltre-gli-stereotipi/
[4] https://lab24.ilsole24ore.com/giornata-contro-violenza-sulle-donne-2020/
[5] https://www.ingenere.it/articoli/economia-della-violenza
[6] https://adiconsumverona.it/truffe-12-le-tipologie-di-frodi-a-danno-dei-giovani-in-cerca-di-lavoro/