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"Lontani da Saman. La gente pensa, a me non potrà accadere. Ma la sinistra ha fatto la sua parte"

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Irene Tinagli, economista, oggi è eurodeputata del Pd. Enrco Letta l’ha voluta come vicesegretaria vicaria del suo partito.

Huffington Post ha sollevato il tema della sostanziale indifferenza che circonda la scomparsa, e presunta morte secondo gli investigatori, della 18enne pakistana Saman che si opponeva a un matrimonio combinato dai genitori. Perché, secondo lei, i social si accalorano sull’esclusione di una cantante donna dalla partita del cuore o sul catcalling, ma non su questa drammatica vicenda?

Mi sembra una questione che va oltre la politica, dobbiamo tutti interrogarci su cosa infiamma i nostri media e per quali motivi. Accade anche con i femminicidi e con gli incidenti sul lavoro: alcuni hanno grande risonanza, altri faticano ad andare sui giornali. Capire quali chiavi di lettura sollecitano maggiormente l’opinione pubblica è materia soprattutto da sociologi.

Un’adolescente nella provincia emiliana che smette di andare a scuola, scappa, torna, sparisce nella nebbia. Non le sembra una realtà parallela rispetto a quella che viviamo noi?

Sì, pensando a questi casi che faticano di più a toccare l’opinione pubblica, mi domando se il motivo risieda proprio nella loro apparente lontananza dalla nostra quotidianità. Può sorgere la tentazione di relegarli a situazioni che non ci riguardano perché appartengono a una cultura o una classe sociale diversa. Il pensiero diventa: a me non potrà accadere nulla di simile.

Ne consegue che il Me Too ha cambiato la percezione sociale degli abusi, ma soltanto per le donne bianche, agiate e istruite?

L’opinione pubblica italiana si relaziona più facilmente con ragazze che fanno un colloquio di lavoro, un provino come attrici o una partita di calcio. Sono eventi che appartengono alle nostre vite o a quelle di amici. Mentre un matrimonio combinato è qualcosa di remoto. Tuttavia, questa percezione rappresenta un problema perché ci impedisce di valutare la gravità dei fatti.

C’è a sinistra un timore a intervenire sui diritti delle donne islamiche per paura di essere tacciati di razzismo o per non omologarsi con la destra? Lei vede questo tabù?

No, non l’ho percepito. Sulla vicenda di Saman ci sono state iniziative, dichiarazioni, la sindaca Novellara del Pd ha organizzato una fiaccolata. E’ chiaro che la destra ne approfitta per fare una battaglia culturale e religiosa, ma è la strada sbagliata. Milioni di musulmani hanno tradizioni familiari che non condividiamo ma non picchiano né uccidono. Il binomio Islam uguale crimine va spazzato via perché fa comodo solo a chi ha interesse ad alimentare odio e razzismo.

Ricolfi argomenta che a sinistra c’è un ponte politico verso il mondo musulmano che fa chiudere un occhio sugli aspetti più arretrati. Vede questo rischio?

No, non mi sembra. Ci sono state molte manifestazioni per l’accesso delle donne allo stadio o alla patente di guida nei Paesi arabi. La sinistra ha sempre sostenuto le battaglie per l’emancipazione femminile nel mondo islamico. Poi, la violenza va condannata e alle vittime fanno forniti tutti i sostegni e gli aiuti possibili.

Nel caso di Saman non è successo. O almeno, non in modo efficace.

Il mio rammarico infatti è che, nonostante gli interventi per aiutare le vittime di violenza, purtroppo non si è riusciti a prevenire quello che sembra essere accaduto a Saman. Insisto che bisogna mettere in campo ogni misura utile ad agevolare l’accesso ai centri anti-violenza da parte di chi è restio per motivi culturali, economici o di emarginazione. Ma le guerre ideologiche indeboliscono la convivenza e l’integrazione e non giovano all’Islam moderato.

Lei faceva il giusto parallelo con le morti sul lavoro. Di recente, quella della giovane Luana D’Orazio ha suscitato molta commozione. Qualche osservatore si è chiesto se sarebbe accaduto lo stesso per un operaio rumeno, di mezza età e senza famiglia. Si tratta di istintiva empatia, connaturata all’animo umano, o anche su questi sentimenti si può intervenire?

Non è un fenomeno ineluttabile. Credo che fino a un certo punto l’empatia sia connaturata all’animo umano, ma poi diventi frutto delle nostre abitudini e magari della scarsa propensione all’inclusione. Quando a sinistra facciamo battaglie per la tutela, ma soprattutto la conoscenza e l’accoglienza delle minoranze, ci poniamo proprio questo obiettivo: allargare la società e farla aprire ai problemi dell’altro. Se invece la società è chiusa e troppo omogenea, non si relaziona. L’inclusione serve a evitare che sacche di discriminazione finiscano per esasperare i problemi sociali.

 

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