addio al riformista silenzioso sempre pronto alle scelte radicali- Corriere.it
La notizia è arrivata, del tutto inattesa, mentre era in corso il vertice tra il segretario del Pd, Enrico Letta, e i leader di Cgil, Cisl e Uil: Guglielmo Epifani è morto. A 71 anni, dopo un breve ricovero al policlinico Gemelli di Roma, del quale pochi sapevano. La riunione è stata sospesa tra la commozione dei presenti, quella dei sindacalisti e quella dei politici del Pd. Categorie che Epifani aveva guidato entrambe, unico ad essere stato eletto segretario della Cgil, dal 2002 al 2010, e segretario del Pd nel 2013, reggendo il partito nella difficile transizione dalla segreteria di Pier Luigi Bersani a quella di Matteo Renzi: i dem ricorsero a lui riconoscendogli quelle doti di correttezza e gentilezza, che unite a una grande capacità di ascolto e mediazione, ne facevano la persona adatta a tenere la barra nella tempesta.
Primo segretario socialista della Cgil
Ma Epifani non rinunciò mai alle sue idee. E così come aveva portato avanti le sue battaglie in più di 36 anni nella Cgil, senza mai alzare la voce, così nel 2017 lasciò un Pd nel quale non si riconosceva più e fu tra i fondatori di Articolo 1 e alle ultime elezioni venne eletto alla Camera per Liberi e uguali, finendo così la sua carriera all’estrema sinistra del Parlamento, lui che è stato un socialista fin dalla sua tesi di laurea in filosofia alla Sapienza di Roma su Anna Kuliscioff. Ma di quei socialisti e riformisti sempre pronti alle scelte radicali. E così Epifani resterà nella storia della Cgil non solo per essere stato il primo segretario a rompere l’egemonia comunista sul più grande sindacato italiano, raccogliendo tra l’altro la difficilissima eredità di Sergio Cofferati, ma anche per aver sostenuto le battaglie delle donne nella stessa confederazione, riuscendo a far eleggere dopo lui la prima segretaria generale, Susanna Camusso, anche lei socialista. Passaggi concreti che, al di là di tante parole, hanno innovato la Cgil.
«I diritti sono di tutti i lavoratori»
Ma Epifani è stato anche il segretario che, partendo da un profilo riformista, non ha esitato a schierare la Cgil nel referendum promosso da Rifondazione comunista nel 2003 per l’estensione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (divieto di licenziamento senza giusta causa) alle aziende con meno di 15 dipendenti. Battaglia che sapeva persa in partenza (non venne raggiunto il quorum), ma che volle ugualmente fare perché «i diritti sono di tutti i lavoratori».
«Colto, intelligente, innovativo»
«Negli ultimi tempi lo vedevo affaticato, stanco, veniva alla Camera solo quando c’erano votazioni e non aveva il suo solito sorriso, ma era sempre disponibile e gentile», ricorda commossa Carla Cantone, che ha condiviso con Epifani una vita nella Cgil. «L’ho visto l’ultima volta cinque giorni fa e non posso crederci - continua - Da segretario della Cgil affrontò un periodo difficilissimo di ristrutturazioni industriali, con quella capacità di approfondire le cose che lo contraddistingueva». «Sono addolorata - aggiunge un’altra ex leader storica della Cgil come Valeria Fedeli - Con Epifani abbiamo fatto tante battaglie. Era colto, intelligente innovativo. Ricordo anche momenti privati, le feste di Capodanno quando finalmente si rilassava e suonava la chitarra. Riuscì a innovare la Cgil, in particolare ponendo grande attenzione ai temi europei e promuovendo con decisione le donne nel sindacato».
«Ricco di idee e privo di ideologie»
Se è concesso un piccolo ricordo a chi scrive, avendolo intervistato tante volte, mi è rimasto impresso un tratto distintivo, oltre la signorilità: la curiosità di capire i punti di vista diversi e confrontarsi, la voglia di approfondire gli argomenti senza preconcetti: un segretario ricco di idee e privo di ideologie.