Contro i matrimoni forzati il progetto "Chain" di ActionAid
(Foto Reuters: una ragazzina pakistana)
Matrimoni precoci e forzati e mutilazioni genitali femminili sono gravi forme di violenza di genere, molto spesso collegate tra loro, che mettono a rischio il benessere psico-fisico e limitano fortemente i diritti delle bambine e delle donne. Queste pratiche sono molto diffuse nell’Africa Sub-Sahariana, in Medio Oriente e nel Sud-Est asiatico, profondamente radicate in società e comunità tribali molto tradizionaliste. Ogni anno 12 milioni di ragazze si sposano prima dei 18 anni. Nel 2018, erano 650 milioni le bambine e le ragazze sposate precocemente. Questi fenomeni, spesso nascosti, sommersi, poco visibili, sono presenti anche in Europa e nel nostro Paese, all’interno delle comunità immigrate.
Il terribile caso di Saman Abbas, la 18enne di origine pakistane che viveva a Novellara, uccisa dalla sua famiglia perché aveva rifiutato un matrimonio combinato e forzato in Pakistan, ha riportati tragicamente sotto i riflettori queste pratiche e la necessità di combatterle facendo prima di tutto opera di prevenzione e sensibilizzazione presso le comunità straniere. Come spiega la Ong ActionAid, in Italia i dati più recenti, raccolti nel 2019 dall’Università Milano Bicocca, evidenziano la presenza sul nostro territorio di oltre 87.000 donne - di cui 7.600 minorenni - che hanno subito mutilazioni genitali femminili nei paesi di origine. Le bambine a rischio sarebbero invece circa 5.000. Mancano dati ufficiali sui matrimoni precoci e forzati che coinvolgono le ragazze minori che risiedono nel nostro Paese.
Con il progetto Chain ActionAid lavora in cinque Paesi europei, fra i quali l’Italia, per informare proteggere e sostenere donne e ragazze esposte a questi pericoli promuovendo incontri di formazione e percorsi di consapevolezza dei propri diritti. In questo progetto fondamentale è restituire centralità alla comunità stessa: nel territorio di Milano ActionAid lavora presso cinque comunità immigrate, da Somalia, Nigeria, Egitto, Senegal e Pakistan. Un ruolo-chiave nelle attività di sensibilizzazione è svolto dalle figure dei community trainer, sette donne e un uomo selezionate all’interno delle comunità stesse, ritenute particolarmente esperte, autorevoli, riconosciute dagli altri membri. Fogure come Stella Okungbowa, community trainer per la comunità nigeriana. «Quando si è nel proprio Paese d’origine, all’interno di una famiglia», osserva, «è difficile andare contro le credenze popolari mentre se siamo qui, si è più liberi». Per questo è fondamentale l’nformazione, parlare dei problemi, stimolare il confronto coinvolgendo direttamente le famiglie.
Grazie al progetto Chain viene creata una rete europea di community trainer e realizzata una campagna di sensibilizzazione a livello europeo per promuovere norme sociali contro le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni precoci e forzati che terminerà con una conferenza internazionale a Bruxelles nel 2022.