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Rula Jebreal a Padova: «Gli stereotipi condizionano ancora la vita»

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

La scrittrice e docente universitaria Rula Jebreal

«Bambine e ragazze non ponetevi limiti. Potete diventare tutto ciò che volete». È il monito di Rula Jebreal, giornalista, scrittrice e docente universitaria, che parlerà oggi all’Università di Padova (ore 17) nell’ambito delle «Freedom Lectures», dedicate al tema della libertà e dei diritti.

Quali sono i passi più urgenti per una reale parità di genere?«Intervenire strutturalmente nel sistema scolastico - spiega Rula Jebreal - . Le discriminazioni, gli stereotipi, la cultura patriarcale che si continua a trasmettere nelle famiglie e nella scuola sono ostacoli da abbattere, a partire dalle bambine e dai bambini. Occorre introdurre nel sistema scolastico italiano, l’educazione alla parità di genere, ponendo anche attenzione ai contenuti dei libri di testo usati nella scuola».

Nel suo libro «Il cambiamento che meritiamo» (Longanesi), indica anche la giusta strada verso un futuro degno delle speranze delle bambine e dei bambini. «Il cambiamento che meritiamo è un cambiamento culturale, sociale, emotivo, psicologico. Il 20 novembre 2020, giornata mondiale dell’infanzia e dell’adolescenza, Save the Children ha diffuso il report Con gli occhi delle bambine, dove si denuncia come gli stereotipi di genere siano ancora oggi pesantissimi in tutto il mondo e influenzino la vita delle donne attraverso una «segregazione formativa». La società pilota ragazze e ragazzi verso percorsi formativi diversificati a seconda del loro genere. Il cambiamento che meritiamo è un cambiamento di mentalità, perchè le bambine di oggi, le donne di domani, abbiano le stesse opportunità dei coetanei maschi. In Italia la presenza delle donne nei luoghi di decisione è minima, è una democrazia monca, mancano le donne. Questa assenza in tutti i luoghi di decisione dalle Università, alla Magistratura, dalla politica alle istituzioni ha impoverito il Paese».

La svolta parte anche dalla parità in panel e eventi. Padova è la prima città in Italia ad avere realizzato linee guida per la parità di genere negli eventi. «Penso che sia un ottimo inizio e che andrebbe adottato a livello nazionale, applicandolo in modo rigoroso. Non bastano più le linee guida, occorrono regole obbligatorie e stringenti».

Crede che il Recovery Fund possa aiutare le donne e la lotta per la parità? «Sì il Recovery Fund va nella giusta direzione e il Family act è un buon inizio, intervenire su un ampliamento strutturale dei servizi a partire dagli asili nido è fondamentale per liberare le donne dal lavoro di cura, che oggi ricade esclusivamente su di loro. Serve un aiuto sostanziale, un massiccio investimento nelle infrastrutture sociali: asili nido, strutture e voucher per l’assistenza. E va implementato il contrasto alla violenza contro le donne».

Come valuta ciò che è accaduto a Saman Abbas? Un dramma che si poteva evitare? «Il caso Saman ci insegna qualcosa. L’immigrazione e la convivenza tra culture e etnie diverse è il grande tema del nostro tempo: solo lavorando per una vera integrazione, riusciremo a contrastare questi drammi. Saman è stata abbandonata, non protetta ed è morta. Come lei, tante altre. Non possiamo più pensare che questo sia un problema degli altri. Ogni 72 ore viene uccisa una donna. Quello della parità e dell’emancipazione femminile è un problema di civiltà che riguarda tutti».

Lei è nata a Israele e cresciuta a Gerusalemme. Qual è oggi la situazione delle donne in Medio Oriente? «A Gerusalemme sono cresciuta circondata da donne forti, indipendenti, colte e determinate, come Hind Al-Husseini, che diceva sempre di costruire cittadini, mentre la società del tempo seminava solo guerra e distruzione. Hind era una progressista. E anche mio padre, imam e uomo di fede, era un femminista: permise a me e mia sorella di crescere a contatto con le idee progressiste di Hind. Credo che in Medio Oriente, oggi, le donne stiano lottando. Penso alle attiviste saudite, barbaramente perseguitate dal regime di Ryad. Penso alla primavera araba, il cui vero innesco si deve ai movimenti delle donne».

A Padova c’è il Pride Village, evento Lgqbt+ fondato da Alessandro Zan, il promotore del ddl Zan. Perché in Italia non si riesce a fare approvare il ddl Zan? «In Italia il terreno dei diritti è stato sempre molto faticoso, dal divorzio all’aborto e solo dopo lunghe battaglie si è arrivati alle unioni civili. Lo stesso è per la battaglia contro omofobia e transfobia».

Come vede la tivù di oggi? Maschilismo e stereotipi sono ancora dominanti?«Nel libro parlo di questo aspetto, legato per esempio allo scarso successo che movimenti come il #MeToo hanno avuto in Italia. C’è una inquietante indagine svolta da Tiziana Ferrario nel 2019 che dimostra, dati alla mano, come il settore della comunicazione in Italia, sia permeato da disparità di genere e abusi sessuali. L’85 per cento delle donne del mondo dell’informazione ha dichiarato di aver subito molestie sul lavoro».

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16 giugno 2021 (modifica il 16 giugno 2021 | 09:09)

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