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le aberranti parole del primo ministro e i precedenti

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

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Le affermazioni del primo ministro del Pakistan fanno discutere, ma per trovare manforte a certe convinzioni non bisogna andare troppo lontano. Anche in Italia, infatti, gli esponenti della “rape culture” non sono pochi. Ed era già in aprile che le parole del primo ministro generarono polemiche…

Era lo scorso aprile quando le parole di Imran Khan, primo ministro del Pakistan, fecero scalpore in tutto il mondo. In un’intervista, infatti, il politico pakistano non solo consigliò alle donne di coprirsi per non far cadere gli uomini in tentazione, ma le accusò di essere esse stesse responsabili degli stupri subiti.

Troppo svestiste, disse. E se le parole dell’ex campione di cricket, oggi la figura istituzionale per eccellenza del Pakistan, generarono un’ondata di polemiche, il primo ministro Khan è tornato alla carica con considerazioni al limite del tollerabile.

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Tanto in Pakistan quanto in India, paesi fra l’altro confinanti, la questione delle violenze sessuali è, purtroppo, all’ordine del giorno. I numeri sono vertiginosi ed è ancora più da brivido se si stima che, nella maggioranza dei casi, gli abusi sessuali non vengono segnalati.

Ed è proprio in merito a questo tema che il primo ministro del Pakistan, interpellato sulla questione durante un’intervista, ha espresso un parere che non può che suscitare indignazione. L’ondata di polemiche generate da tali dichiarazioni ad aprile, infatti, sembra non aver sortito alcun effetto sul primo ministro.

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“Se indossi vestiti succinti questo avrà un effetto sugli uomini, a meno che non siano robot. È buon senso”: ha dichiarato nell’intervista. Dinanzi a tali dichiarazioni, il giornalista australiano Jonatham Swan ha risposto: “Ma questo può provocare davvero atti di violenza sessuale?” quesito a cui Khan ha controbattuto: “Dipende dalla società in cui vivi. In una società in cui le persone non hanno mai visto cose del genere, avrà un effetto. Se cresci in una società come la tua, forse no”.

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La risposta delle organizzazioni in difesa dei diritti delle donne è stata immediata. Sono stati 16 i gruppi che lottano per i diritti civili e la parità di genere a richiedere che il primo ministro pakistano porgesse le scuse pubbliche per le dichiarazioni fatte.

Anche la Commissione per i diritti umani del Pakistan è intervenuta a gamba tesa sulla vicenda, definendo le dichiarazioni del primo ministro “pericolosamente semplicistiche” ribadendo il fatto che “rafforzano la percezione che le donne sappiano cosa stanno facendo e gli uomini siano aggressori indifesi”.

Su Twitter è intervenuta anche Kanwal Ahmed, membro di una ONG per i diritti femminili, che si è detta “sconvolta nel pensare quanti stupratori si sentiranno giustificati oggi dalle parole del primo ministro”:

Anche in questo caso, come accadde ad aprile, il primo ministro non ha voluto fare dietrofront rispetto alle dichiarazioni fatte. Ed anche in quel contesto affermò senza indugio che “Se nella nostra religione esiste il concetto di velo, dietro c’ è una filosofia, e quella filosofia è salvare il sistema familiare e proteggere la società“. 

A tal proposito l’esecutivo parla di una “distorsione” delle dichiarazioni di Imran Khan. Parole decontestualizzate, a detta loro.

Era il dicembre del 2020 quando, in occasione di una violenza sessuale terribile ai danni di una madre rimasta in strada, la quale venne abusata davanti agli occhi del figlio, il Pakistan ha tentato delle pseudo-risoluzioni del problema. Fra queste la castrazione chimica o l’impiccagione pubblica. Una proposta, questa, che il primo ministro non volle perseguire per non incrinare i rapporti con l’Europa.

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Quali siano i risultati oggi sono evidenti: le proposte di legge, del tutto opinabili, non hanno avuto alcun riscontro e, di fatto, rimane sempre una questione culturale. Come è sul piano culturale che la dichiarazioni del primo ministro pakistano rimangono aberranti. Ma se errare umanum est… il resto lo sapete.

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