Le «magnifiche sette» alla guida degli atenei: scossa al gender gap
L’università italiana riparte dalle “magnifiche sette”. Tante sono le le rettrici già in carica (alla Sapienza di Roma, a Venezia, alla Bicocca di Milano, al Sant’Anna di Pisa e ad Aosta) o in attesa di insediarsi (a Padova e Firenze). Se non è un record per l’Italia poco ci manca. Tanto più che cominciano ad avere un volto femminile anche i maxi atenei. A dispetto del gender gap che caratterizza il mondo accademico. Sebbene le studentesse siano il 55,8% del totale, le laureate il 56,9% e le dottorande il 51,1% le donne diventano il 49,8% delle assegniste di ricerca, il 46,9% delle ricercatrici, il 39,9% delle docenti associate e il 24,8% di quelle ordinarie.
Va da sé che passare da 5 a 7 volti femminili su 87 istituzioni universitarie “fisiche” è un segnale importante. A maggior ragione se consideriamo che tutte insieme rappresentano il 17% dell’intera popolazione studentesca. Ed è mancato poco che la quota crescesse: all’Alma Mater di Bologna Dolores Finocchiaro ha perso contro Giovanni Molari solo al ballottaggio, per cui si è votato lunedì 29 e martedì 30 giugno.
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Il primo segnale dell’inversione di tendenza in atto risale al 13 novembre 2020 quando alla Sapienza di Roma, il più grande ateneo d’Europa, è stata eletta Antonella Polimeni. Appena pochi giorni fa - spiega al Sole 24Ore del Lunedì - ha presentato le linee di attività a cui sta lavorando: «Dall’implementazione dei fondi della ricerca di ateneo al potenziamento di orientamento, tutorato, e placement e dei servizi di counseling psicologico; dalla messa a sistema delle attività di terza missione, all’imponente piano di valorizzazione degli spazi dedicati a didattica, ricerca e alle attività complementari per l’intera comunità universitaria (spazi verdi, centro sportivo) nonché del vasto patrimonio architettonico e culturale di Sapienza e di sostegno al diritto allo studio (residenze universitarie e borse di studio). Viste dal suo osservatorio le «recentissime elezioni di altre rettrici fanno ben sperare nell’affermazione di uno stile di leadership che valorizzi sempre di più ascolto attivo, partecipazione e condivisione».
Anche per Sabina Nuti, rettrice dal 2019 della Scuola Sant’Anna di Pisa (carica in passato ricoperta dall’ex ministra dell’Istruzione e ora presidente del Cnr, Maria Chiara Carrozza), «la situazione sta virando verso un maggiore equilibrio di genere e molto passa attraverso il mentoring e l’esempio. La nostra scuola organizza a settembre un percorso residenziale di orientamento alle lauree Stem per studentesse liceali. Ma il lavoro va fatto in entrambi i sensi: ci sono facoltà, come Psicologia o Scienze della formazione, sbilanciate sulle donne».
Meno ottimista è Giovanna Iannantuoni che dal 2019 si è insediata a Milano Bicocca, sostituendo l’attuale ministra dell’Università, Cristina Messa. Sette rettrici per lei sono «ancora poche. In una società dove gli uomini progettano per tutti - sottolinea - non c’è possibilità per le donne di avere uguali soddisfazioni e diritti. È quindi importante fare squadra, senza forme di disuguaglianza di genere». Specialmente se si vuole «favorire la presenza femminile nelle lauree Stem, potenziare i servizi per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (a prescindere dal genere), mettere le donne nella condizione di non dover più scegliere tra lavoro e famiglia». E non è un caso che sin dal suo insediamento stia lavorando in Bicocca su «flessibilità dell’orario e flessibilità della doppia modalità di lavoro, in presenza o in smart working da remoto. In maniera tale da favorire, per tutti, sostenibilità e qualità del lavoro».