L’incapacità di Enrico Letta di trovare una mediazione sul ddl Zan
Enrico Letta ha scelto di fare egemonizzare il Partito democratico dalla senatrice Monica Cirinnà e dal Movimento 5 stelle e di tirare un calcio negli stinchi al Vaticano sulla legge Zan. Questa è la notizia.
Non solo, Enrico Letta ha deciso di rompere con la pluridecennale tradizione della sinistra, ivi compreso il movimento femminista, che sin dai tempi della legge sull’aborto, per arrivare alla legge sulle unioni civili, ha sempre cercato e trovato una mediazione con chi si opponeva, ad esempio introducendo la obiezione di coscienza e il supporto per le donne che abortirebbero per motivi economici o eliminando dalla legge sulle unioni civili la stepchild adoption.
Per non parlare del segretario del Partito Comunista italiano Enrico Berlinguer che difendeva la legge sul divorzio, ma non apprezzava il referendum, nel timore di perdere il contatto non tanto con la Chiesa, ma con l’elettorato cattolico. E i cattolici in Italia, Letta farebbe bene a ricordarselo, sono ancora oggi tra il 65 e il 75%, a seconda dei sondaggi.
L’ottimo Mauro Mazza sostiene che Letta punta con le sue sortite sui diritti civili a definire il Pd come una sorta di partito radicale di massa. Ma i radicali in realtà sono sempre stati maestri nell’arte della mediazione. Letta no, non intende trattare sugli aspetti ideologici e pedagogici della legge Zan, sulla formalizzazione legislativa della teoria di genere (articolo 1), sulla libertà di espressione sottoposta al vaglio della magistratura (articolo 4) e sulla autonomia delle scuole cattoliche (articolo 7).
Anche a costo di mettersi contro a una parte consistente del movimento femminista che considera giustamente la teoria di genere una iattura contro i diritti delle donne. Anche a costo di far bocciare in aula l’intera legge Zan.
Si badi bene – il punto è determinante – nessuna obiezione è avanzata da nessuno (men che meno dalla Chiesa o dalle destre) contro quello che dovrebbe essere il fulcro di questa legge: le dure pene contro chi offenda o porti violenza a omosessuali o transessuali. Questo è un passaggio universalmente condiviso.
Il contrasto è tutto sulla palese volontà del mondo a cui fanno riferimento Zan e la Cirinnà di imporre per legge l’ideologia del genere, il decadimento, l’annullamento della realtà biologica dei due sessi e la conseguente imposizione di un relativismo culturale assoluto.
Al solito, a sinistra, si prende a pretesto una necessità legislativa effettiva per imporre una propria visione del mondo ideologica e pedagogica. Vecchia malattia infantile del comunismo.
Dunque, è limitativo leggere la posizione di mediazione sul punto assunta da Matteo Renzi, solo all’interno di un gioco di scomposizione degli schieramenti parlamentari e politici (magari in preparazione della battaglia per il Quirinale). Il senatore di Rignano, non per la prima volta, semplicemente rifiuta e rigetta l’egemonia tattica e strategica dei Cinquestelle e della sinistra Pd e si rifà alla strategia del compromesso alto che è sempre stata della tradizione della Democrazia cristiana, del Partito socialista italiano ma anche del Pci.
Letta invece, figlio del giacobinismo (incluso un pizzico di giansenismo) tipico della sinistra Dc, non punta al risultato, ma alla testimonianza di valori, non importa se non condivisi e non condivisibili.
Dunque, Letta lavora a una radicale mutazione tutta ideologica di un suo Pd che invece di rafforzare una vocazione maggioritaria, quindi di allargare il consenso con mediazioni, soprattutto sui temi etici, vuole imporre, non a caso in sintonia con i 5Stelle, valori e ideologie estremiste e minoritarie.
Anche a costo di perdere.
E probabilmente perderà.