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Tina Anselmi. La donna cattolica che firmò la legge sull'aborto. Dalla Resistenza alla difesa della Democrazia attentata dalla P2 (M.A. Goni)

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

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“La democrazia ha bisogno di normalità”. Parole semplici, ma per nulla scontate, pronunciate da una donna che si è dedicata anima e corpo – a scuola, nel sindacato, nel movimento femminile della Democrazia Cristiana ed in Parlamento – alla democrazia e alle battaglie delle donne.Tina Anselmi nacque a Castelfranco Veneto nel 1927; per lavorare la madre, la nonna e una zia furono costrette a emigrare in Piemonte, con i bambini. Al ritorno in Veneto Tina proseguì negli studi ed entrò nella Gioventù femminile di Azione cattolica, associazione che le diede possibilità di contribuire alla realizzazione di un programma di impegno sociale e di trasmissione di valori e principi religiosi.

La durezza della vita in tempo di guerra, il contatto con la violenza e con la morte accesero nuove consapevolezze in lei, che si stava formando tra il cattolicesimo popolare – praticato dalla nonna e dalla madre – e l’antifascismo del padre; nel contesto dell’occupazione tedesca e della Repubblica sociale la scelta di combattere il fascismo e il nazismo maturò quando fu costretta ad assistere all’impiccagione di trentuno giovani catturati durante un rastrellamento sul Grappa.

Entrata nella Resistenza, Tina scelse il nome di battaglia di Gabriella, in nome dell’ Arcangelo Gabriele, diventando staffetta e segretaria personale del comandante militare regionale e partecipando attivamente alle trattative con i tedeschi in vista della liberazione di Castelfranco.Dopo essersi laureata in Lettere all’Università Cattolica di Milano insegnò nella scuola elementare.Nel 1944 si iscrisse alla DC.“Dopo questa prima giovanile esperienza, il mio interesse per la specificità della condizione femminile non sarebbe mai venuto meno”.

Dal 1945 iniziò il suo impegno come sindacalista, prima al Sindacato Tessili, poi al Sindacato Maestre. Dal 1958 al 1964 con le giovani della Democrazia Cristiana partecipò a congressi mondiali dei giovani di tutto il mondo, ebbe occasione di conoscere JFK e a Monaco nel 1963 divenne membro e successivamente vicepresidente del Comitato direttivo dell’Unione europea femminile. Nel 1958 aveva dato sostegno esterno alle diverse leggi in favore delle donne presentate dalle deputate democristiane e aderito allo schieramento trasversale favorevole alla legge Merlin per l’abolizione delle case chiuse.“A rileggerla, ancor oggi si coglie […] l’ispirazione che ha guidato i costituenti nel porre a fondamento del nuovo Stato, l’uomo, la sua dignità, la sua esigenza di essere protagonista della vicenda politica, costruttrice di quel bene comune, condizione e premessa ad ogni bene personale.”Negli anni tra il 1962 e il 1968 fece suo il rilancio dei valori della Costituzione, che descrisse come ricca “di tutti i valori di libertà e di pace che la Resistenza aveva espresso e che le forze politiche hanno saputo raccogliere”.

“La nostra storia ci dovrebbe insegnare che la democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni, precedentemente concimati, attraverso la responsabilità di tutto un popolo. [… ] democrazia non è solo libere elezioni, non è solo progresso economico. E’ giustizia, è rispetto della dignità umana, dei diritti delle donne. E’ tranquillità per i vecchi e speranza per i figli. E’ pace.”Fu eletta per la prima volta alla Camera nel 1968 e riconfermata per sei legislature fino al 1992. L’impegno parlamentare si concretizzò in un gran numero di incarichi: dal 1968 al 1973 fu membro della Commissione lavoro e previdenza sociale, dal 1974 al 1976 sottosegretaria al Lavoro e in questa veste presidente del Comitato italiano per l’anno internazionale della donna proclamato dall’ONU nel 1975: organizzò una Conferenza nazionale su Sviluppo sociale ed economico del paese e occupazione femminile.

Nell’occasione tornò sul rapporto tra lavoro femminile e organizzazione sociale e pronunciò queste parole:“Le scelte professionali e la cura della casa e dei figli, caricate quasi completamente sulla donna sono elementi di discriminazione e di segregazione della donna sul mercato del lavoro, elementi che […] diminuiscono poi le possibilità di un adeguato, stabile ed efficiente inserimento della donna nel mercato del lavoro. Una politica dell’occupazione femminile deve cominciare a rompere proprio questo circolo vizioso”.Da sempre infatti era convinta del fatto che la questione femminile avrebbe potuto trovare una soluzione solo all’interno di una visione globale dei problemi della società in una prospettiva di valori. Riteneva necessario aumentare l’impegno per raggiungere la parità giuridica fra uomini e donne per incrementare la partecipazione di queste alla vita pubblica e porre fine al conflitto tra maternità e lavoro.Già dal suo ingresso in Parlamento aveva messo mano ad un progetto di revisione della legge in ottica di ampliare la tutela alle madri lavoratrici. Nella sua carriera firmò 475 progetti di legge, 98 dei quali furono approvati, destinati all’ampliamento dei diritti delle donne; la legge n. 903/1977 sancì l’illegittimità della discriminazione delle donne sul lavoro.

“Lavoro e salute: ti senti al centro della vita del paese. È una grande assunzione di responsabilità. Soprattutto per quanto attiene alla Sanità, le ingiustizie, gli sprechi, la mancanza di tutela sono insopportabili”.Tina Anselmi fu la prima donna ministro della Repubblica: nel 1976 venne nominata al Dicastero del Lavoro. Nel 1978 fu nominata Ministro della Sanità e fu artefice dell’istituzione del Servizio sanitario nazionale; nello stesso anno firmò anche la legge Basaglia sull’abolizione dei manicomi.Durante il rapimento di Aldo Moro, che definì “la più grande tragedia politica che potesse abbattersi sull’Italia” informò la famiglia Moro di quanto venisse discusso nel partito e nel governo; toccò a lei comunicare a Eleonora Moro l’assassinio del marito.

Pochi giorni dopo firmò la legge per l’interruzione volontaria della gravidanza. Nel quadro politico di solidarietà istituzionale crebbe anche la sintonia con le deputate del PCI Tedesco e Iotti, con le quali condivise le discussioni sul progetto di iniziativa popolare per la riforma delle norme sulla violenza sessuale, presentando un progetto di legge nel 1979.“Questi tre anni sono stati per me l’esperienza più sconvolgente della mia vita. Solo frugando nei segreti della P2 ho scoperto come il potere, quello che ci viene delegato dal popolo, possa essere ridotto a un’apparenza. La P2 si è impadronita delle istituzioni, ha fatto un colpo di Stato strisciante. Per più di dieci anni i servizi segreti sono stati gestiti da un potere occulto”.

Si dovette all’intesa fra Nilde Iotti presidente della Camera e la vice presidente la democristiana Martini l’idea di affidare a Tina Anselmi nel 1981 la presidenza della commissione di inchiesta sulla loggia massonica P2: fu un capitolo cruciale della per l’intera Repubblica e la Anselmi si assunse con convinta decisione la responsabilità, firmando l’importante relazione che analizzava le pesanti relazioni della loggia con apparati dello Stato e con frange della criminalità organizzata, azioni volte a destabilizzare la vita democratica del Paese, “un tentativo sofisticato e occulto di manipolazione della democrazia” come riferì la stessa Anselmi.Nel 1989 venne nominata presidente della Commissione nazionale per la parità tra uomo e donna della Presidenza del consiglio. Nel 1997 fu membro della Commissione governativa d’inchiesta su fatti accaduti Somalia legati ad accuse di violenza da parte di soldati italiani. Dal 1999 al 2001 fu presidente della Commissione nazionale sulle conseguenze delle leggi razziali per la comunità ebraica italiana.

Dal 1998, anno in cui fu anche nominata Cavaliere di Gran Croce al merito, fino al 2003 fu vicepresidente e poi presidente onorario dell’Istituto nazionale per la storia del Movimento di Liberazione in Italia fino al 2016, anno in cui morì nella sua Castelfranco.Salutiamo Tina con le sue stesse parole:“Quando le donne si sono impegnate nelle battaglie le vittorie sono state vittorie per tutta la società. La politica che vede le donne in prima linea è politica d’inclusione, di rispetto delle diversità, di pace”.

Maria Anna Goni

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