«Rita», un podcast per 21 Madri (Costituenti)- Corriere.it
Palmiro Togliatti, segretario e leader del Partito comunista italiano, la chiamava «la maledetta anarchica» perché rispondeva a tono, aveva un carattere schietto e affatto incline al compromesso. Teresa Mattei era la più giovane delle ventuno donne elette all’Assemblea Costituente il 2 giugno 1946 e fu definita «la ragazza di Montecitorio». Quando Togliatti le impose di abortire, dopo essere rimasta incinta di un compagno di partito già sposato, lei gli rispose: «le ragazze madri in Parlamento non sono rappresentate, dunque le rappresento io». Il 1946 non fu solo l’anno della Repubblica, ma fu l’anno delle donne. Il 10 marzo le donne votarono alle elezioni amministrative con un’affluenza che superò l’89% ed entrando di diritto nell’elettorato passivo e attivo. Il 2 giugno, in occasione del referendum, parteciparono in prima persona alla ricostruzione italiana e alla nascita della Repubblica che oggi viviamo.
Quel 2 giugno, su 226 candidate, furono elette all’Assemblea Costituente, l’organo incaricato di redigere la futura Costituzione, 21 donne soprannominate in avanti «Madri Costituenti». Nonostante provenissero da diversi schieramenti politici (nove dalla Democrazia cristiana, nove dal Partito comunista, due dal Partito socialista e una dal partito dell’Uomo Qualunque), queste 21 donne fecero fronte comune sui temi dell’emancipazione e dei diritti delle donne nel nostro Paese, iniziando a rompere le barriere di una società maschilista e devastata dalla seconda guerra mondiale. A loro infatti dobbiamo la locuzione «senza distinzione di sesso» all’interno dell’articolo 3 della Costituzione.
Le Madri Costituenti
Leonilde Iotti fu la prima donna presidente della Camera dei deputati e, tra le sue mille battaglie, lottò anche per l’affermazione del principio di parità tra i coniugi. Adele Bei si occupò delle condizioni lavorative e di previdenza delle donne, mentre Nadia Gallico sosteneva come la questione femminile non fosse uno dei tanti problemi del Paese ma quello principale. Di Angiola Minella si diceva che per la sua forza d’animo fosse molto temuta da Giulio Andreotti. Rita Montagnana non era stata semplicemente la moglie di Togliatti, ma colei che più di tutti si batteva per il diritto al lavoro. Teresa Noce, «Estella» nei periodi della Resistenza, difese i diritti delle lavoratrici madri e spronò le donne a «imparare a dire no».
Elisabetta Conci, dopo aver varcato la soglia di Montecitorio indossando un completo blu regalatole dalle amiche, fu chiamata «la pasionaria bianca». L’arresto subito da Elettra Pollastrini, inviata ai lavori forzati in Alta Baviera, la spinse ad occuparsi della condizione femminile e della parità retributiva. Usando come esempio «Il mercante di Venezia» shakespeariano, Maria Maddalena Rossi cominciò ad aprire la strada alle donne in magistratura. I forzati viaggi all’estero di Maria Federici la convinsero dell’importanza dell’emigrazione e del supporto alle donne rimaste sole. Laura Bianchini considerò la scuola un bene primario, mentre Filomena Delli Castelli bussò ad ogni porta abruzzese per convincere le donne ad andare a votare. I giornali si concentrarono sull’aspetto esteriore di Bianca Bianchi, definita «la biondissima», eppure fu la prima in assoluto a battersi sul riconoscimento dei cosiddetti «figli della colpa».
Nonostante lo «scandalo del prendisole» Vittoria Titomanlio si schierò sempre dalla parte del diritto al lavoro. Angelina Merlin lesse in Parlamento le strazianti lettere scritte dalle prostitute che le chiedevano la chiusura delle «case di tolleranza», luoghi in cui venivano sfruttate e abusate. Angela Maria Cingolani fu la prima donna a ottenere una carica ministeriale, Maria de Unterichter Jervolino passò la sua vita politica e personale a salvaguardare la pace, base dell’attivismo femminile. Angela Gotelli scelse una vita da nubile per aiutare bambini ed ex prostitute al reinserimento nella società. Maria Nicotra e Ottavia Penna si occuparono soprattutto della condizione delle donne siciliane e del sud Italia.
«Rita» il podcast di Factanza
Sono pochissime le madri costituenti che vengono costantemente celebrate, tra tutte Leonilde Iotti, mentre delle altre si ha memoria solo durante la ricorrenza del 2 giugno. Eppure ogni madre costituente ha una storia da raccontare e delle battaglie personali e politiche da ricordare. Per questo motivo, assieme alla seguita startup di informazione Factanza, abbiamo deciso di dar vita il 2 giugno 2021 al podcast «Rita: Le 21 madri costituenti». Ventuno puntate da pochi minuti ciascuna, una per ogni singola donna dell’Assemblea Costituente, in cui descriviamo storie, carriere, aneddoti e lotte di queste grandi figure femminili (accanto alle loro frasi originali) che hanno contribuito a trasformare lo sguardo severo e indifferente della società italiana sulla condizione delle donne.
Un podcast disponibile gratuitamente su tutte le piattaforme di ascolto, un progetto creato per spiegare l’evoluzione e i traguardi ottenuti grazie a quelle madri costituenti che meritano un perenne ricordo, un format a tutto tondo con l’obiettivo di raccontare e dare voce alle tante altre donne, di caratura nazionale e internazionale, che hanno fatto la storia dell’Italia e del mondo. Fondata nel 2019, dalle giovani imprenditrici Bianca Arrighini e Livia Viganò, Factanza è una media company la cui missione è quella di creare una generazione consapevole di ciò che succede nel mondo e che possegga gli strumenti per prendere decisioni libere e informate.
*Caterina Caparello è giornalista freelance, coautrice e voce del podcast «Rita: Le 21 Madri Costituenti»
19 luglio 2021 (modifica il 19 luglio 2021 | 07:23)
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