'Riporteranno donne ad anni 90, senza diritti'
MILANO – Mentre Usa e Nato completano l’uscita dei loro militari dall’Afghanistan, i talebani si rafforzano e cresce il timore che tornino al potere a Kabul, imponendo la ‘legge islamica’ e reintroducendo il sistema di segregazione di genere che già negli anni ’90 negava i diritti anche di base a donne e bambine. “I talebani non credono nella libertà individuale, seguono un’ideologia estremista. È certo che, senza le forze armate straniere, le donne e le bambine affronteranno ancor più difficoltà e maggiori limitazioni, perderanno il lavoro e i diritti legati all’educazione”, dice a LaPresse Zahra Joya, fondatrice del servizio Rukhshana Media che da Kabul si occupa di informazione a tema donne.
I talebani hanno governato l’Afghanistan, con l’obiettivo di creare uno Stato islamico, dal 1996 all’invasione Usa del 2001. Hanno imposto un sistema basato sulla discriminazione, molto diverso da quello precedente al 1979 (anno dell’invasione russa), quando i progressi verso la parità di genere avevano portato a diritti di partecipazione sociale e politica. Gli estremisti impedivano a bambine e donne di studiare e lavorare, decidere della propria vita, mostrarsi senza burqa, lasciare la casa senza un ‘guardiano’, mostrare la propria pelle in pubblico, accedere a cure sanitarie fornite da uomini (visto che le donne non potevano lavorare, equivaleva a negarle), partecipare alla vita politica. Le punizioni prevedevano frustate, amputazioni, lapidazione.
Dopo il 2001, molte scuole hanno riaperto alle bambine e le donne sono tornate a lavorare, mentre la Costituzione del 2003 cita i loro diritti. Tuttavia, i talebani hanno continuano a controllare alcune aree del Paese e nel 2011 una ricerca internazionale ha dichiarato l’Afghanistan “il Paese più pericoloso in cui essere donna”. Decisivi il tasso di infanticidi di neonate e di violenza sessuale, la mancanza di cure sanitarie, la povertà.
Ora, mentre il Paese è ormai per oltre il 50% in mano agli estremisti islamici, dice Zahra Joya, “la gente è preoccupata, anche perché nessuno ha modo di fuggire. I miei familiari, per esempio, vivono nella provincia di Bamyan, io vivo e lavoro a Kabul e non posso andare né lì né altrove. Come giornalista, nella città mi muovo, ma non posso spostarmi in altre località. Con i talebani, il pericolo aumenterà”.
Nell’ultimo anno, gli estremisti hanno costretto molte scuole femminili a chiudere e impedito alle insegnanti di lavorare. Impedire l’istruzione ha conseguenze negative ramificate ed è guardato da molti come il possibile primo passo di una drammatica nuova erosione dei diritti. Secondo Human Rights Watch, il 67% dei ragazzini sa leggere e scrivere, contro il 37% delle ragazzine. “Le donne sono relegate ai margini. Le afghane devono sempre combattere per i propri diritti. Con Rukhshana Media tentiamo di mostrare che le donne sono presenti in questo Paese, che hanno voce”, afferma Zahra Joya.
A proposito dei recenti colloqui tra il governo di Kabul e gli estremisti islamici, aggiunge: “La presenza delle donne non è stata sufficiente. Tutto in Afghanistan è gestito e deciso da uomini e, se il governo non avesse avuto impegni internazionali, nessuna donna avrebbe potuto partecipare al processo di pace”. La delegazione del governo di Kabul ai colloqui di Mosca a marzo comprendeva 12 persone, di cui 11 uomini e una donna, mentre quella dei talebani era composta da 10 uomini, e il tema dei diritti delle donne è rimasto ai margini. “Perché sono l’unica donna nella stanza? Il 51% della popolazione non dovrebbe essere ignorato”, aveva dichiarato in quei giorni l’unica delegata, l’attivista e politica Habiba Sarabi.
Secondo Zahra Joya, “negli ultimi 20 anni la maggioranza del popolo afghano ha cambiato opinione sui talebani: l’80% ora li odia. La nostra società non accetterà la loro ideologia”. Nel frattempo gli attacchi ai media, e in particolare alle giornaliste, sono aumentati, con varie reporter uccise quest’anno. Le professioniste sono assassinate o minacciate, “anche a noi succede, è qualcosa che accade abitualmente. Io ho paura ogni giorno per me e per i miei colleghi e familiari”, dice. Che cosa potrebbero fare Paesi e organismi esterni per le donne e bambine afghane? “L’Afghanistan è un Paese in via di sviluppo – sottolinea – , è ancora uno più vulnerabili ai gruppi terroristici. Vorrei che le organizzazioni internazionali, inclusi Usa, Nato e Onu, non lasciassero il Paese e continuassero a sostenere il nostro popolo”.
Di Agnese Gazzera