Fragili diritti delle donne - Il Sole 24 ORE
La famiglia delle teorie filosofiche note come “tradizione del contratto sociale”, sviluppate dai filosofi europei e poi americani a partire dal XVII secolo fino al XX secolo, sostiene che gli accordi politici sono giustificabili soltanto se persone libere ed eguali hanno potuto acconsentire a tali accordi. Alcuni importanti teorici del contratto sociale, a causa dei pregiudizi dell’epoca in cui vissero, non percepirono le implicazioni del loro impegno per l’eguaglianza: Locke, Rousseau, Kant e gli artefici della Costituzione degli Stati Uniti non tennero conto delle donne tra gli eguali il cui consenso era richiesto per un accordo politico legittimo. Ma due figure centrali di questa tradizione, Thomas Hobbes nel Seicento e John Rawls nel Novecento, stabilirono in modo esplicito l’eguaglianza naturale delle donne e lo stato eguale delle donne come pari contraenti di ogni contratto sociale valido. Colpisce dunque il fatto che, benché Hobbes e Rawls abbiano insistito sulla naturale eguaglianza delle donne, gli assetti politici e sociali legittimati dalle rispettive teorie del contratto ammettano la loro subordinazione. Come fu possibile ciò? Com’è che l’eguaglianza teorica delle donne finisce per giustificare la loro concreta ineguaglianza?
Nella teoria di Hobbes, l’eguaglianza teorica delle donne nella situazione pre-politica da lui chiamata “stato di natura” è garantita dal riconoscimento che quanto conta per il potere contrattuale di ciascuno dipenda dal fatto che uno possa minacciare la vita e il benessere di un altro. Benché in generale le donne possano essere fisicamente meno forti della media degli uomini, ogni donna può dominare un uomo mentre dorme, o unendo le forze con altre donne. Ogni persona, uomo o donna, è vulnerabile da ogni altra persona, cosicché si trova nella necessità di chiedere la sua collaborazione in termini accettabili per ciascuno. Hobbes non vide nulla di sbagliato nell’idea che una donna fosse l’autorità sovrana dello stato, o che ci fosse una società matriarcale come si riteneva essere quella delle Amazzoni. Di fatto, egli considerò che le donne fossero per natura i capifamiglia, perché risiede nel potere diretto delle donne salvare o sopprimere il feto o figlio, e così il dominio sulla prole spetta per natura alle donne. Affinché gli uomini acquistino l’autorità di governare come capi sulla famiglia, bisognerebbe che quel diritto sia stato trasferito loro per contratto da parte delle donne. Perché le donne dovrebbero fare una cosa di questo genere? È questa la sfida che si pone agli studiosi quando cercano di capire come la teoria in principio egualitaria di Hobbes finisca per giustificare nei fatti la subordinazione sessuale.
Rawls introduce nella teoria del contratto sociale una brillante e radicale innovazione per garantire che le donne siano considerate eguali quando si decide sui termini in cui deve essere organizzata una società. La “posizione originaria” che mette al posto dello “stato di natura” dei precedenti teorici del contratto sociale pone tutte le parti contraenti in posizione simmetrica e rimuove ogni vantaggio nella contrattazione, privando i contraenti di ogni conoscenza riguardo alla specifica identità delle persone che essi rappresentano e che potrebbe consentire loro di scegliere intese favorevoli ai loro rappresentati. In particolare, le parti contraenti non conoscono il genere o il sesso della persona i cui interessi rappresentano, e così non consentiranno ad alcun accordo che svantaggi un sesso, poiché quel carico potrebbe essere messo sulle spalle dei loro rappresentati. Dal momento che nessuna parte desidera collocare un proprio rappresentato in posizione sociale svantaggiata, il fatto di ignorare il sesso del proprio rappresentato induce le parti a consentire unicamente ad accordi che conferiscano diritti eguali a persone di ciascun sesso. Così la teoria di Rawls assicura formalmente eguali diritti alle donne.
Tuttavia, nei fatti, proprio il mondo sociale di Rawls permette che i genitori possano favorire i loro figli a scapito delle figlie nell’allocazione delle risorse economiche e educative. È permesso ai genitori indottrinare i figli entro ruoli sessuali che hanno un impatto negativo sulle ambizioni, sulle condizioni sociali e sulle capacità di guadagno delle donne adulte da una generazione all’altra. Il risultato cumulativo di queste scelte familiari può essere una società in cui le donne dispongono di potere politico, potere economico e opportunità molto inferiori a quelle degli uomini. La sfida per gli studiosi di Rawls è comprendere come una teoria che si basa su un fondamento egualitario così solido possa legittimare di fatto accordi che in pratica mettono le donne in posizione subordinata.
Sarebbe forse di conforto pensare che in ogni caso la subordinazione sessuale di fatto derivi da un’applicazione sbagliata o da una distorsione di una teoria formalmente egualitaria. Purtroppo, questi risultati non sono l’esito di un errore nell’applicare la teoria. Nel caso della teoria di Hobbes, piccole differenze naturali di potere possono essere aggravate da moltiplicatori sociali tali che il potere contrattuale delle donne viene sistematicamente diminuito, fino al punto che esse trovino razionale consentire a contratti che assegnano loro uno stato di subordinazione. Nel caso della teoria di Rawls l’impegno delle società liberali di garantire il libero esercizio della religione, compresa la tolleranza di religioni che assegnano ruoli sessuali rigidi, impedisce di interferire con le pratiche educative delle famiglie nei riguardi dei figli, anche quando queste pratiche hanno il risultato complessivo di sminuire lo stato e il potere contrattuale delle donne nell’intera società.
Capire perché anche queste due teorie del contratto sociale, che sono fra le più egualitarie dal punto di vista sessuale, falliscano nel garantire l’eguaglianza sessuale, ci induce a mettere a fuoco le caratteristiche delle nostre società che riservano una condizione inferiore alle donne, nonostante le loro dichiarazioni di eguaglianza per tutti. Aumenti incrementali di poteri che esaltano l’autorità, così come la libertà di inculcare i propri pregiudizi sessuali nella generazione successiva, spiegano come avvenga che, malgrado il nostro impegno di principio per l’eguaglianza sessuale, nei fatti il risultato sia piuttosto deludente. Siamo così abituati a queste caratteristiche della nostra società che non le scorgiamo più, quasi fossero diventate invisibili. Ma osservare gli stessi fenomeni dalla distanza di una teoria filosofica ci permette di considerare in modo più critico le nostre stesse pratiche.
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