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Volti bianchi, fiori e avatar: storia delle candidate algerine

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Le donne in Algeria hanno ottenuto il diritto di voto nel 1962, anno del referendum per l’indipendenza dalla Francia. Tuttavia, da allora, non sono ancora pienamente attive nella vita politica del Paese. La loro partecipazione conserva l’antica tradizione della società: è necessario risolvere il conflitto tra il Governo, che preme affinché le donne partecipino, e il sistema culturale e familiare, che continua a limitarle

LE ELEZIONI ˗ Il Presidente della Repubblica algerina, Abdelaziz Bouteflika, a febbraio aveva firmato il decreto per fissare la data delle elezioni dei membri delle due camere del Parlamento: il Consiglio della Nazione (Camera alta, con un terzo dei membri di nomina presidenziale) e l’Assemblea nazionale del popolo (Camera bassa).  Il 4 maggio sono stati chiamati alle urne circa 23 milioni di elettori in oltre 4.700 seggi, tuttavia, il tasso di partecipazione è stato pari al 38%; in netta diminuzione rispetto al 43% del 2012. Secondo la stampa locale, l’esito delle elezioni parlamentari non è stato una grande sorpresa per i cittadini ma pur sempre un assaggio di quelle presidenziali previste per il 2019.  Il Fronte liberazione nazionale (FLN) del Presidente Bouteflika guida il paese ininterrottamente dal 1962, anno dell’indipendenza dalla Francia. Così, il FLN, con 164 seggi, questa volta insieme al Raggruppamento Nazionale Democratico, con 97 seggi, condurranno le sorti del Paese per i prossimi anni.

Fig. 1 – Manifesti elettorali per le strade di Algeri in occasione delle elezioni parlamentari 2017

I VOLTI NASCOSTI – In occasione delle ultime elezioni parlamentari, è stato certamente rispettato dai partiti politici il vincolo percentuale di rappresentanza femminile, tuttavia, si sono verificati particolari episodi durante la campagna elettorale: alcune donne candidate non hanno potuto esporre i propri volti sui manifesti elettorali. In alcuni casi sono stati adoperati escamotages, come immagini bianche sotto i loro nomi – com’è accaduto nella provincia di Bordj Bou Arreridj. Fatma Tirbakh – candidata per il Fronte Nazionale di Giustizia Sociale nella provincia d  Ouargla – ha utilizzato un avatar durante un intervento televisivo per il canale Ennahar TV. Le donne hanno dichiarato di essere state spinte ad accettare a causa della situazione familiare; non volendo comunque rinunciare del tutto alla partecipazione politica, hanno accettato che venisse loro negata la possibilità di esporre i propri volti. L’Algeria non è il solo Paese ad aver avuto questo tipo di approccio nei confronti delle immagini delle donne: in passato in Egitto alcuni partiti salafiti hanno sostituito con dei fiori i volti delle candidate donne; a Gaza non era indicato neanche il loro nome ma erano state presentate come appartenenti alla famiglia, ad esempio “figlia” o “sorella di”. Nel caso dell’Algeria la Commissione elettorale è intervenuta in tempo per bloccare la pratica, sostenendo che – nel rispetto del sistema normativo algerino, basato sia su norme francesi che sulla shari’a – ogni cittadino ha comunque il diritto di sapere per chi vota. I partiti coinvolti hanno avuto poche ore di tempo per cambiare i manifesti, pena la cancellazione delle liste.

Fig. 2 – La Commissione elettorale ha condannato aspramente l’oscuramento dei volti delle candidate: ogni cittadino ha diritto di sapere per chi vota

IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE La Costituzione algerina contiene il principio di non discriminazione (ex art. 29) che prevede che siano intraprese delle azioni positive per assicurare che i diritti di cittadini – donne e uomini – siano egualmente garantiti (ex art 31). Al novembre 2008 risale la riforma costituzionale dell’articolo 31 (bis) riguardante la promozione dei diritti civili e politici delle  donne nell’accesso alle rappresentanze elettorali.  Nel febbraio 2016 il Parlamento ha, inoltre, introdotto un articolo per l’attuazione della parità tra donne e uomini nel mondo del lavoro, incoraggiando la promozione della partecipazione femminile in ruoli di responsabilità sia nelle istituzioni pubbliche, sia in quelle private. Tuttavia, le discriminazioni nei confronti delle donne restano ancora evidenti, in aperta contraddizione non solo con la Costituzione algerina ma anche con la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna (Assemblea Generale dell’ONU, 1979), di cui il Paese è parte dal 1996.

Fig. 3 – Le donne algerine hanno ottenuto il diritto di voto nel 1962. La Costituzione e le leggi sono inclusive e rispettano il principio di parità, ma il cambiamento della società civile richiede ancora tempo

IL TRATTATO INTERNAZIONALE SUI DIRITTI DELLE DONNE – Quando vent’anni fa l’Algeria aveva aderito alla Convenzione ONU del 1979 aveva apposto alcune riserve, in particolare, agli articoli 2 (misure politiche); 15.4 (libertà di scelta di residenza e domicilio); 16 (parità nel matrimonio e nella vita familiare) e 29 (amministrazione della Convenzione e possibilità di arbitrato in caso di controversia). A seguito delle modifiche del Codice di famiglia del 2005, il governo algerino ha ritirato le riserve all’articolo 9.2 (parità di diritti rispetto alla nazionalità). Cionondimeno, il Paese ha ancora molta strada da fare nell’introduzione di misure legali a protezione delle donne da ogni forma di discriminazione e violenza.  Ad esempio, nel dicembre 2015, il Parlamento ha votato a favore di un emendamento nel codice penale, volto alla criminalizzazione di ogni forma di violenza, compresa quella domestica. Eppure, il codice di famiglia algerino continua a contenere misure cautelative nei confronti delle donne, quali la presenza di un tutore maschio al momento della stipula del matrimonio o l’impossibilità di ottenere un divorzio unilateralmente.

Ornella Ordituro

Un chicco in più. Il Comitato di controllo della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne, durante l’ultima sessione dedicata all’Algeria, ha riportato un’inadeguata rappresentanza femminile (neanche il 33%) sia nella Camera Alta sia in quella Bassa del Parlamento, nonché una scarsa partecipazione delle donne anche nelle vicende politiche locali.

Foto di copertina di Magharebia Licenza: Attribution License

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