DA BARBIANA A BIBBIANO, UN ABISSO
C’è un’assonanza tra i nomi due paesi, e uno sfondo sociale in cui sono accaduti eventi insoliti estremamente coinvolgenti su cui scrivere, dibattere, per settimane, mesi, anni.
Barbiana e Bibbiano. Due Nomi simili, di due paesi tra cui c’è un abisso.
Entrambi appartengono ad un contesto pubblico in cui l’operare per il welfare e per il bene collettivo si presume che sia nel DNA degli operatori. Il denominatore comune dovrebbe trovarsi in quel progetto esistenziale laico o religioso, e comunque politico, che tutela i deboli e li aiuta a compiere percorsi di crescita verso il benessere. Purtroppo tra i due paesi c’è una difformità difficile da spiegare, capire e accettare. C’è una differenza temporale di oltre cinquant’anni dalla data in cui si sono verificati i due eventi insoliti. L’esperienza di Barbiana è riferita al periodo 1954-1967; quella di Bibbiano riguarda i nostri giorni. Eppure quanto appare più moderna, lungimirante, corretta la visione di Don Milani rispetto all’ottusa pretesa – nel caso di Bibbiano - di decidere delle vite degli altri (famiglie e bambini) con superficialità e malafede. Da una parte esiste il vero interesse per il bene sociale, dall’altra interessi privati commisti ad azioni pubbliche ratificate da istituzioni che hanno gravemente mancato di compiere il proprio dovere.
A Barbiana, grazie a Don Milani, priore con un’idea eccelsa di democrazia e di rispetto dell’infanzia, si è attuato un coraggioso esperimento pedagogico, rendendo protagonisti i figli dei poveri che la scuola ufficiale aveva emarginato. In quel paese sperduto e spopolato della Toscana si è realizzata un’esperienza innovativa, intelligente e unica. In quel posto sul cocuzzolo di una montagna, con quattro case, una chiesa e altre povere catapecchie sparse nei dintorni alla fine del mondo, i figli dei mezzadri erano destinati a uscire prematuramente dalla scuola pubblica senza sapere né leggere né scrivere, defraudati del loro diritto all’istruzione: bocciati e bollati come esseri di serie B per sempre avrebbero rinunciato ad avere voce in capitolo come persone, come cittadini.
Lì Don Milani ha capovolto i concetti avariati di una scuola svigorita e settoriale, compiendo un lavoro didattico in grado di attirare allo studio i ragazzi del villaggio, aiutandoli a istruirsi con ottimi risultati. Una scuola iniziata sotto un pergolato, in cui ogni esperienza era occasione di apprendimento: le parole ripetute in tante lingue, i racconti comuni, le curiosità dei ragazzi. Così le lezioni-doposcuola diventarono Corsi di avviamento professionale, e poi Corsi di recupero per la media unificata. I risultati furono così brillanti, che alcuni degli allievi furono mandati dal priore a studiare lingue all’estero.
Definito dagli obiettori “prete comunista” Don Milani metteva soltanto in pratica i dettami del Vangelo, con la dedizione verso gli esseri umani, e l’impegno ad aiutarli a migliorare. E i risultati non si sono fatti attendere.
Se i ragazzi di Barbiana fossero nati oggi a Bibbiano
Nella “Lettera a una professoressa”, il libro scritto dagli allievi della scuola insieme a don Milani, c’era un atto d'accusa nei confronti della scuola tradizionale, definita "un ospedale che cura i sani e respinge i malati". Una scuola che sembrava avere come unico scopo quello di valorizzare gli scolari già privilegiati per appartenenza a ceti sociali abbienti, padroni di un linguaggio forbito, e con sicuri aiuti familiari in ambito culturale.
Potremmo chiederci se invece, gli allievi della scuola di Barbiana, presenti in classe con le scarpe rotte, gli abiti lisi, l’incapacità di comprendere appieno la lezione, privi di proprietà di linguaggio oggi – se fossero nati a Bibbiano – sarebbero mandati tutti in adozione, con accuse alle famiglie di incuria, maltrattamenti (dato che prima di andare a scuola i ragazzi lavoravano nei campi, o accudivano le pecore) e di chissà quali altre abiette imputazioni.
Singolari Soggetti Istituzionali
Questa gente così “strana” che ha messo in atto la più incredibile mistificazione della realtà dei nostri giorni è indecifrabile, come un’apparizione aliena con le antenne verdi e la barba di babbo Natale. Misteriosa. Intanto perché ha messo in atto azioni contrarie ed opposte al mandato insito nel proprio ruolo, colpendo famiglie in difficoltà invece di aiutarle; poi perché lo ha fatto in un ambiente “favorevole” e connivente di tutta una serie di personaggi che, nella più lieve delle colpe, hanno accettato di credere che basti essere poveri, o in difficoltà esistenziali, per meritare di vedersi portar via i figli. Oppure, ciò che è peggio, hanno coadiuvato azioni spinte dall’avidità, la cattiveria e la mala fede. Tutto questo non è durato un giorno, per troppi anni si è permesso a veri delinquenti, travestiti da zelanti impiegati pubblici, di agire al solo scopo di lucrare sulla pelle dei bambini e le loro famiglie. Se ne parla solo adesso perché la faccenda è così madornale da risultare impossibile? Oppure dev’esserci l’input di trasmissioni tv come “Chi l’ha visto?” per dare inizio ad indagini approfondite? Sembra che tra le singolarità di questa gravissima vicenda sia da notare l’assenza di comunicazione tra la gente, e tra i mass media, e la inconsapevolezza delle istituzioni che finalmente adesso si stanno attivando per la ricerca della verità.
Credo che molti come me stentino a credere che tutto questo sia potuto accadere in Italia. Difficile da accettare che Babbo Natale abbia verdi corna aliene e vada in giro a perseguire i cittadini di un paese chiamato Bibbiano, esistente in terra di Emilia dove per anni l’amore per l’infanzia, i metodi educativi di innovazione e il welfare state ci è stato invidiato e copiato da ogni parte del mondo.
Ci si aspetta delinquenza dai criminali, dai soggetti ai margini della società, ma questa disonestà perversa vissuta, usata come una clava da soggetti delle istituzioni, psicologi, assistenti sociali, impiegati pubblici, sindaci, è intollerabile ed è sconcertante. Il capovolgimento dei ruoli, il cinismo, il rubare bambini, per soldi o per altri turpi scopi - ripeto - è intollerabile. Ridateci un mondo dove sia distinguibile il MALVIVENTE dall'ONESTO. Così è assurdo. Come è possibile che avvengano queste cose? Dov'erano i contrappesi, i controlli, i vicini di casa, i parenti, le maestre, il dottore del paese, il sacerdote, le forze dell'ordine, i magistrati? Dov'erano tutti quelli che avrebbero dovuto sapere, capire, fermare lo scempio, gli abusi, sgonfiare le balle, cercare le prove, e non trovandole, inquisire i macchinosi fautori di questo teatro dell'assurdo. Ma dove erano tutti? Ed ora dove sono?
Chi sa parli, e faccia autocritica chi, specie nei ruoli istituzionali, poteva fermare il delirio e non lo ha fatto.
Wanda Montanelli 27 luglio 2019