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Renzi, ma che fine ha fatto il Ministero delle Pari Opportunità?

Scritto da Google News. Postato in Pari Opportunità

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Dell’assetto di ministri del neonato governo Renzi spicca l’assenza delle Pari Opportunità. L’Italia è al 68 posto su 135 paesi nel Global gender gap report 2013 stilato dal World economic forum. Questa graduatoria valuta la disparità di genere secondo quattro grandi criteri principali: partecipazione economica e opportunità, risultati formativi, salute, sopravvivenza e potere di rappresentanza politica.

In quest’ultima categoria l’Italia ha l’indice più basso, il 19% rispetto al 21% della media. Se si considera questo dato, con l’elezione di 8 ministri donne, Matteo Renzi ha dato un un segnale simbolicamente molto forte inverando la parità e spazzando via ogni discorso sulle (orribili) “quote rosa”, tema intorno al quale produrre tavole rotonde, fare titoli sui quotidiani, senza mai arrivare a una conclusione concreta. In realtà, quella della “quote rosa” (il colore ha sempre garantito la ghettizzazione in un argomento “a parte”) si è spesso rivelata una trappola che prevede che qualsiasi donna “in quanto donna” debba avere una qualche garanzia di ingresso nel mondo del lavoro e nelle carriere, creando così piccoli isole di privilegi – sempre gestiti da uomini – in un mare di disuguaglianze irrisolte, precludendo ancora una volta l’affermazione delle reali competenze e meriti femminili. Oppure, obbligando moralmente ad accettare con indulgenza politici donne assolutamente discutibili solo “perché donne”. Una modalità involuta del femminismo che ha prodotto non pochi mostri, e non poche strumentalizzazioni.

Non solo. Fino a pochissimi anni fa alle donne, malgrado proclami sulla parità di genere, erano spesso assegnati ministeri senza portafogli o con un peso spesso marginale, a parte qualche raro caso. Nei governi Berlusconi inoltre l’accoppiata giovane età, avvenenza e sublimi incompetenze delle ministre e delle deputate “scelte” col sistema elettorale del porcellum sembravano piuttosto la traduzione politica delle vallette di Sanremo. Soprattutto, la cruciale difficoltà delle italiane di accedere ai posti di potere – il famoso “soffitto di cristallo” – veniva rimossa confermando invece l’eterno sospetto di poter far ingresso nelle stanze dei bottoni grazie a relazioni col capo di natura diversa dalle capacità richieste per guidare un dicastero o ricoprire un qualsiasi altro posto pubblico. Un esempio per tutti è stato quello di Nicole Minetti.

Un disastro dal punto di vista simbolico e politico veicolato nei media con quel linguaggio triste su gelosia e invidia della ministre perché erano belle e giovani e inoltre laureate. Con l’attuale governo si segna una reale discontinuità in questo senso: la suddivisione nei pesi politici e strategici appare correttissima. Straordinaria una donna alla Difesa: la prima nella storia della Repubblica. E tutti i dubbi sulle competenze delle ministre – che ci sono – sono però in pari misura e di pari contenuti a quelli che si possono avanzare sui colleghi maschi. Sembra un paese normale. Non resta dunque che aspettare e capire.

Tuttavia c’è qualcosa di veramente sinistro in questo gesto da una parte e la cancellazione del Ministero delle Pari Opportunità che già Letta aveva relegato a un dipartimento del ministero del Lavoro, assegnato alla sottosegretaria Cecilia Guerra, dopo le dimissioni di Josepha Idem. Le Pari Opportunità in un paese come il nostro che vive di comunicazione e di frastuono mediatico prima ancora che di politica, è un modo per avere una voce sui temi costituzionali delle eguaglianze di vitale importanza e che sono dimenticati [art, 2; art 3: parte prima art 37;parte prima art 51; parte seconda art 117] e che ad oggi sono delegati a un dipartimento del Ministero del Lavoro.

L’eliminazione del dicastero da parte di Renzi e l’operazione otto ministre sembra invece parte di un processo di normalizzazione del conflitto: “come ben vedete non c’è più bisogno” sembra essere il messaggio. Un’ambigua rimozione simbolica di una parità di genere ancora ben lontana. E come anche tradisce la rivelatrice la foto di gruppo di Renzi: da solo, unico assieme alle ministre. Ancora una volta, siamo al capo con le vallette. Ancora una volta, lui, in mezzo alle sue vestali. Come non ha potuto capire quanto simbolicamente sbagliata fosse quella foto opportunity se avesse avuto realmente chiara la questione e la sua complessità?

Non solo. Si dovrà aspettare la nomina dei sottosegretari per capire quali sono le reali intenzioni del Presidente del Consiglio, ma certo la conferma di Lorenzin alla Sanità che aveva promesso, senza mantenere, di prendersi cura della gravissima questione riguardante gli obiettori di coscienza in Italia, la triste esperienza di Renzi e il suo cimitero dei feti, azzerano anche la forza simbolica di Marianna Madia, nominata ministro all’ottavo mese di gravidanza. In un paese in cui le donne sono spesso costrette a scegliere tra lavoro e gravidanza. Chi si prenderà dunque cura dell’impatto dei provvedimenti nel cosiddetto gender mainstreaming ? Cioè chi si occuperà che verrà valutata la parità di genere nelle scelte prese di volta in volta? E’ così vero che basta essere donne ministro? Qual è il loro grado di libertà, visto che l’insediamento stesso di Renzi nasce fuori dal seminato normale? Si direbbe che con un’operazione di facciata vengano spazzate via le questioni riguardanti i diritti civili, per non parlare dei gay. Un colpo di spugna su – scomode – questione irrisolte relegandole a una chiacchiera tra intellettuali e pochi interessati come se il progresso del paese che promette il “giovane” presidente del Consiglio si potesse realizzare eludendoli.

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