qualche domanda a Matteo Renzi affinchè ne faccia "buoni propositi" per il 2016 | Mara Carfagna
La fine dell'anno abitualmente è l'occasione per tirare le somme, per soffermarsi a fare un bilancio su quanto fatto fino ad oggi. A tal proposito mi piacerebbe ancora una volta focalizzare l'attenzione sul tema della tutela dei diritti, sulle pari opportunità e sul contrasto ad ogni forma di discriminazione. Dobbiamo purtroppo constatare nuovamente che per questo esecutivo molti degli aspetti legati a queste tematiche non sono prioritari, nonostante Matteo Renzi si vanti di avere un esecutivo in cui sono presenti molte donne. Bisogna purtroppo sottolineare che interessarsi alla vita delle donne non significa farne assurgere una piccola élite agli onori della ribalta nominandole ministro o amministratore delegato di aziende collegate allo Stato. Le donne sono altro. Molto altro. Perlopiù sono quelle che a costo di mille sacrifici tentano, come giocolieri della vita, di conciliare famiglia e lavoro, o sono quelle che si battono per una retribuzione più equa. Sono quelle donne che subiscono violenza, prevaricazioni. Sono quelle che muoiono per mano di carnefici che avevano denunciato.
La tutela dei diritti però non comprende solo le donne, ma è ampia e diversificata ed ingloba chiunque abbia bisogno di sostegno o venga discriminato. Allora chiediamo ancora una volta al nostro presidente del Consiglio di rispondere a qualche domanda.
1) Perché ha ritenuto di dover avocare a sé la delega per le Pari opportunità?
È ovvio che Matteo Renzi non possa dedicargli l'attenzione opportuna, che invece sarebbe doverosa. Verrebbe da pensare che l'argomento sia derubricato come d'importanza secondaria. Ma sarebbe un errore enorme. Per combattere veramente il germe della violenza, i sentimenti discriminatori che si annidano purtroppo ancora nella nostra società, serve un'azione strutturata ed incessante. Un martellamento continuo di messaggi positivi, di controllo ad ogni livello, di misure, anche rigide, che dissuadano dal compiere azioni vili e pericolose. Matteo Renzi dice bene quando afferma che la violenza si combatte anche con la cultura. Quindi perché lo stesso principio non ritiene di doverlo applicare alla lotta contro la violenza di genere? Se come lui stesso afferma, l'educazione alla non violenza è un passaggio fondamentale in una visione più ampia, come mai la settimana contro le discriminazioni nelle scuole, che da accordo interministeriale siglato nel 2009 normalmente dovrebbe svolgersi ad ottobre, nel 2015 non è stata fatta?
2) Perché non è stato nominato il capo dipartimento per le Pari opportunità e l'Unar da settembre è senza direttore generale?
Sono due figure fondamentali per l'organizzazione del lavoro, per l'ottimizzazione dei fondi, per destinarli in modo proficuo. Se quello che c'è non viene sfruttato al massimo, sarà tutto lavoro sprecato. Il Piano nazionale antiviolenza è stato stilato, ma a che punto è? Cosa è stato messo in atto e cosa no? Avere uno scambio continuo di informazioni è essenziale. Ma anche su questo le comunicazioni sono poche e confuse.
3) Perché non si procede alla nomina di un ministro per le Pari opportunità?
A nostro avviso dovrebbe esserci. E da quando Giovanna Martelli, consigliera del Premier per le Pari opportunità lasciando il Pd ha lasciato anche il suo incarico di governo, l'urgenza è diventata maggiore. Per le pari opportunità serve una guida, forte e decisa. Sicuramente non il vuoto che c'è adesso. Guida che Matteo Renzi non può essere, semplicemente perché è il presidente del Consiglio.
È arrivato il momento di mettere la tutela dei diritti, le pari opportunità ed il contrasto ad ogni forma di discriminazione nell'agenda di Governo. Di farlo realmente e non solo a parole. Di capire che una società non può essere veramente civile se prescinde dalle pietre miliari dei diritti umani. Spero che Matteo Renzi voglia fare di questi punti alcuni dei suoi buoni propositi per il 2016. In caso contrario, gli ricorderemo cosa non sta facendo, non per saccenza o senso di superiorità ma perché riteniamo doveroso invocare delle risposte a domande che vengono fatte nell'interesse del Paese.