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Pari opportunità: il principio è valido se non c’è frode

Scritto da Google News. Postato in Pari Opportunità

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Se la domanda per un tirocinio è funzionale a ottenere unicamente lo status di candidato, per poi attivare un’azione di risarcimento danni, non si possono applicare le direttive Ue sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Questo perché, in un simile caso, manca l’intento di accedere all’occupazione o al lavoro dipendente. Lo ha chiarito la Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza del 28 luglio nella causa C-423/15 (Kratzer) con la quale la Corte ha tracciato i contorni dell’abuso del diritto.

È stato un cittadino tedesco a dare il via alla vicenda. L’uomo, già inserito nel mondo del lavoro, aveva risposto a un annuncio di un’azienda che cercava tirocinanti con diverse specializzazioni, con titolo conseguito da non oltre un anno. Il richiedente, malgrado fosse fuori tempo massimo, aveva inviato la domanda, che era stata respinta. Così, aveva chiesto un risarcimento danni di 14mila euro ritenendo di essere stato discriminato per l’età. L’azienda lo aveva invitato a un colloquio, ma l’uomo aveva chiesto che fosse prima soddisfatta la sua domanda di risarcimento. Il Tribunale del lavoro di Wiesbaden (Germania), sia in primo sia in secondo grado, gli aveva dato torto. La Corte federale del lavoro tedesca, prima di decidere, ha chiesto alla Corte Ue di chiarire la portata della direttiva 2000/78 che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (recepita in Italia con Dlgs n. 216/2003) e della 2006/54 sull’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (recepita con Dlgs n. 5/2010).

Per risolvere i quesiti interpretativi, gli eurogiudici hanno delimitato l’ambito di applicazione degli atti Ue che puntano a garantire a ogni individuo parità di trattamento in materia di occupazione e lavoro, bloccando ogni discriminazione in base all’età. È vero che la direttiva 2000/78 comprende le persone che vogliono accedere a un’occupazione, includendo così anche i criteri di selezione e le condizioni di assunzione, ma a patto che la persona interessata cerchi effettivamente un lavoro. Per la Corte così non era in questo caso, perché il ricorrente non mirava “manifestamente” a ottenere il posto di lavoro per il quale si era candidato come tirocinante. È evidente - osserva la Corte - che l’uomo cercava «di avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme dell’Unione» per ottenere un risarcimento. Nel raggiungere questa conclusione, Lussemburgo ha accertato che, malgrado il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa dell’Unione, l’uomo non si prefiggeva l’obiettivo perseguito dalle regole Ue. Evidente, poi, che il candidato fosse alla ricerca di un vantaggio indebito, con la conseguenza che, per la Corte, si configura un abuso del diritto. Tanto più che le azioni del candidato appaiono “puramente artificiose”. Su questo punto, però, la Corte passa la parola ai giudici nazionali ai quali spetta accertare se ricorrano gli elementi costitutivi di una pratica abusiva. Certo, però, Lussemburgo nega un’automatica applicazione delle direttive Ue dovuta alla sola presenza di dati formali perché è indispensabile anche l’intento di accedere a un’occupazione.

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