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È stata vietata dal governo, ma nei villaggi sperduti del Malawi prosegue la pratica dei defloratori - ESTERO - LE NOTIZIE MAI LETTE IN ITALIA

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

In Malawi li chiamano iene (fisi in lingua chichewa). Sono uomini prezzolati per avere rapporti sessuali non consentiti (e non protetti) con ragazze o donne più mature. Una sorta di rito sessuale, praticato in diversi paesi africani e oggi fortunatamente in declino e condannato dalle autorità.

In Malawi è vietato dal 2013, ma la regione di Nsanje, all'estremo Sud del paese, fa eccezione. Il kusasa fumbi, come la chiamano da queste parti, resta una «tradizione» sfortunatamente diffusa e le «iene» sono personaggi in vista. Come il 39enne Louis, che da quasi vent'anni gira tra le comunità di questo piccolo paese dell'Africa Australe chiamato dalle famiglie, desiderose di evitare la cattiva sorte che le attende se non rispettano questa tradizione. Le adolescenti gli vengono «affidate» nel momento del menarca. Il suo compito è quello di deflorarle e di insegnare loro a «soddisfare gli uomini».

«All'età di vent'anni», racconta Louis al quotidiano Le Monde, «i capi tradizionali del villaggio mi hanno proposto di diventare fisi, e ho detto di sì. Era denaro facile e alle donne piaceva. Ho più esperienza degli altri. Amo il mio mestiere, la gente viene da me per le mie competenze: sanno che faccio bene il mio lavoro».

Nel maggio 2014 un documentario britannico aveva attirato l'attenzione su un'altra iena: Eric Aniva, un uomo sieropositivo che affermava di aver avuto rapporti sessuali con oltre un centinaio di donne. Le organizzazioni di difesa dei diritti delle donne se ne sono occupate e il caso è arrivato sulla scrivania del presidente della repubblica, Peter Mutharika. Quest'ultimo ha ordinato l'arresto di Aniva, condannato nel dicembre 2016 a due anni di lavori forzati. «È assurdo», si indigna il suo avvocato, «tutto il procedimento si basa sul concetto di violenza, quando le relazioni sessuali del mio cliente non lo erano. Chi può affermare che una relazione sessuale è una violenza e non una pratica culturale?».

Dal canto suo, Louis non teme di finire in galera. Queste relazioni sessuali contrattualizzate permettono a lui, che è sposato e padre di cinque figli (ma probabilmente molti altri sono nati dalle donne che ha dovuto «purificare»), di guadagnare tra i 20 mila e i 25 mila kwachas (tra 23 e 30 euro) a rapporto. Anche Louis è sieropositivo, ma «non è così grave», dice, «molti qui hanno il virus ma riescono a venirne fuori». In effetti in Malawi il 10% della popolazione è portatore del virus Hiv.

E la voce delle donne, chi la ascolta? «Le donne sono escluse dalla società se non obbediscono alla tradizione», spiega Aïda Deleza, cinquantenne di sangue reale, a capo di 147 villaggi e oltre 25 mila persone. Questa donna, nominata nel 2014 ambasciatrice delle Nazioni Unite per i diritti femminili, ha lanciato campagne di sensibilizzazione contro il kusasa fumbi e ha fatto del divieto di sposare minorenni la propria causa personale. Con il sostegno del governo centrale. «Dopo il caso Aniva, è stato fatto di tutto per mettere fine a questa cultura», sottolinea una portavoce governativa. «Grazie ai nostri sforzi, questa ormai è una storia vecchia».

Ma le ong che operano in Malawi non condividono questo ottimismo. A Nsanje, epicentro della tradizione, bisognerà attendere anni per convincere le iene a rinunciare alle loro prede. «Il governo può fare campagne mediatiche e dispiegare poliziotti, ma questo non servirà a niente», conclude la «iena» Louis. «Noi continueremo il kusasa fumbi, poiché è ciò che ci definisce come uomini di Nsanje, come malawiti».

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