Liza, disegnatrice femminista: «Così The Donald cambia la satira»
Racconta che ha cominciato un po’ anche grazie agli italiani, in quell’anno passato a Roma da sedicenne con i genitori. «Mi piaceva disegnarvi, prendervi un po’ in giro, devo proprio ringraziarvi per avermi aiutato a trovare la mia voce». Liza Donnelly è una delle vignettiste politiche più note d’America, lavora da oltre trent’anni per il New Yorker (e per molte altre pubblicazioni, anche online) e in questi giorni è in Italia: nel weekend è stata premiata dal Museo della satira di Forte dei Marmi e domani sarà alla Libreria delle donne di Milano, con una mostra di vignette a cura di Aspirinalarivista. In un suo lavoro c’è una ragazzina che guarda Trump in tv e rivolgendosi alla mamma chiede: «È vero?». È difficile disegnare un presidente così poco «presidential»?«Non lo trovo molto più difficile di altri, penso a George W. Bush, anche lui era “incredibile”! In generale sono una disegnatrice, come dire, tranquilla, mi piace affrontare dei temi, non mi interessa prendere in giro per il gusto di farlo».
Su cosa si concentra quando disegna «The Donald»? «Be’ intanto (ride) i suoi capelli sono piuttosto interessanti. Ho notato tra l’altro che quando correva per la presidenza erano più arancioni, ma ora sono più grigi, quindi ho stemperato un po’ il colore. Poi i suoi lunghi cappotti».
In alcune vignette ha i calzoni corti, come mai?«Durante la campagna elettorale mi è venuto in mente che si stava comportando come un bullo nel cortile di una scuola. Per esempio durante il dibattito con Hillary, quando invadeva i suoi spazi. Da lì i pantaloncini, ma ora che è presidente li ho eliminati. Cerco un modo di ritrarlo senza mancare di rispetto alla carica che ricopre. Ad altri vignettisti non importa, a me sì. Devo concentrarmi su quello che fa, sulle sue politiche, più che sull’uomo. Provo a separare le due cose. E poi se ridicolizzi costantemente una persona la forza della satira perde potere».
In un altro disegno c’è lui a letto con la stampa. Pensa che i media l’abbiano aiutato?«È stato abilissimo a manipolare i network, a far crescere l’aspettativa su quale sarebbe stata la provocazione successiva, proprio come in un reality: così ha ottenuto spazio».
Lei si definisce orgogliosamente femminista. La preoccupano le uscite del presidente? «Sono in attesa, ha dimostrato di avere punti di vista profondamente sessisti ma non è ancora chiaro come questo si tradurrà nelle sue politiche. Io però mi concentro anche su quello che accade a livello locale, su come per esempio negli stati i gruppi conservatori stanno provando a erodere i diritti delle donne. Sono convinta che sessismo e misoginia siano innanzitutto un problema culturale. E una vignetta può essere più potente e diretta di un lungo articolo nell’esporre quei meccanismi di tutti i giorni che tolgono fiducia o provano a “rimettere al loro posto” le donne, tipo “perché ti vesti così”, o “sorridi per me”. Cose che sembrano innocue, ma non lo sono».
Nel suo campo ha avvertito di dover superare più ostacoli come donna? «C’era molta misoginia in passato, meno adesso. Il problema è che i giornali stanno morendo nel nostro Paese e quindi c’è meno posto in generale per i vignettisti che devono trovare altri luoghi in cui pubblicare il proprio lavoro. Online ancora non ci sono molti soldi, ma la cosa bella è che ci sono molte meno barriere. Io uso molto Twitter (Donnelly disegna anche con il tablet, ndr) e amo i social media che mi consentono di interagire con il mio pubblico: il dialogo mi interessa più del semplice affermare la mia opinione».
Ci sono sempre più donne nel giornalismo ma il mondo degli editorialisti è ancora molto maschile. È lo stesso per le vignette politiche? «Sì, le vignette di satira politica sono come gli op-ed, e siamo solo in tre a scriverne per delle importanti pubblicazioni cartacee. Ma per me, devo dire, l’ostacolo più grande è stato trovare la mia voce, essere più sicura delle mie opinioni e pronta a esporle. Credo che sia la personale battaglia interiore di molte donne, la lotta contro le proprie insicurezze, per essere più forti e decise su cosa si vuole dire e come. Io ci sono arrivata con l’età. Volevo essere una vignettista politica da quando avevo sedici anni, solo non pensavo che il mio punto di vista valesse abbastanza». Si chiede mai come avrebbe disegnato Hillary, la prima donna presidente?«Quando era candidata prendevo sempre in giro i suoi completi pantalone. Avrei trovato qualcosa, si trova sempre qualcosa. La stessa domanda si faceva di Obama, come si prende in giro il primo presidente africano americano? Lo abbiamo fatto».
Condivide il punto di vista dell’ex first lady, che lamenta di essere stata vittima di una campagna fortemente sessista? «Sì. La seguo e la osservo da tutta la vita ed è sempre stata sottoposto a uno scrutinio senza paragoni, c’è una campagna lunga trent’anni contro di lei. Tutto quello che fa viene sezionato e criticato, in grandissima parte perché è una donna, ed è una donna potente».
Un disegno di Liza Donnelly dal catalogo della mostra «Trumpeide»
Gli appuntamenti
FORTE DEI MARMI - MUSEO DELLA SATIRA| Donnelly ha vinto il Premio Satira per la sezione Grafica internazionale 2017 e partecipa alla mostra «Trumpeide» con una sezione speciale di vignette sul nuovo inquilino della Casa Bianca. La mostra è visitabile fino al 1 ottobre al Forte di Leopoldo I, Piazza Garibaldi 1Clicca qui per sfogliare il catalogo
MILANO- LIBRERIA DELLE DONNE | 20 settembre ore 18,30 Libreria delle donne Via Pietro Calvi 29Incontro con Liza Donnelly e mostra di vignette, a cura di Aspirina.
Ritratto «degli italiani» che Liza ci ha inviato: risale a quando aveva 16 anni e viveva a Roma con i suoi genitori
19 settembre 2017 (modifica il 19 settembre 2017 | 06:36)
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