I diritti dello sportivo
Trattati internazionali difendono la promozione dello sport. Ma la Costituzione non ne parla. Quali diritti ha chi vuole fare sport amatoriale o agonistico?
Fare dello sport, per passione, per necessità o in modo agonistico, non è soltanto una scelta ma è anche un diritto contemplato dalla legge. Sia per una questione di salute sia come un momento di aggregazione, il diritto a fare sport viene riconosciuto già dai primi anni di vita grazie alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, firmata nel 1989 e ratificata in Italia nel 1991, e promosso anche dal Trattato europeo di Lisbona del 2009.
Vediamo, allora quali sono i diritti dello sportivo.
Il diritto dei bambini a fare sport
Come dicevamo, la Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite riconosce lo sport come un diritto che rientra tra le attività ricreative e culturali di un Paese. Proprio per questo – recita il testo – deve essere accessibile a tutti, inclusi i bambini.
Nello specifico, la Convenzione sancisce questi diritti dello sportivo nell’età dell’infanzia e dell’adolescenza:
- il diritto di praticare attività motoria. I genitori devono avviare il bambino alla pratica sportiva. Il ragazzo può scegliere, sperimentare o cambiare lo sport che desidera;
- il diritto di praticare lo sport come un gioco e come un divertimento. In sostanza, il diritto a non essere per forza un campione;
- il diritto di praticare lo sport in un ambiente sicuro e sano, igienicamente a norma e con assistenza in loco in caso di infortunio, senza pressioni psicologiche o farmacologiche;
- il diritto di essere allenato da personale qualificato e adatto a quella fascia di età;
- il diritto di essere trattato con rispetto, senza essere umiliato per una sconfitta o per non avere raggiunto un traguardo fuori dalla sua portata;
- il diritto al giusto riposo;
- il diritto al controllo della salute prima e durante la pratica dello sport, avendo ottenuto un certificato di idoneità nel caso degli sport agonistici;
- il diritto di competere con giovani di pari capacità;
- il diritto di pari opportunità.
Il diritto delle donne a fare sport
Può sembrare obsoleto parlare di pari opportunità tra uomini e donne per quanto riguarda i diritti dello sportivo in un Paese come l’Italia, che, da decenni, ha delle campionesse ammirate in tutto il mondo. Lo sarebbe anche in Europa dove, comunque, lo sport femminile è protagonista in molti settori. Eppure si è sentita la necessità di varare una Carta Europea dei Diritti delle donne nello sport, proposta dall’Unione italiana sport per tutti (Uisp) e trasformata in formale risoluzione dal Parlamento di Strasburgo.
La Carta ricorda alle società sportive e alle Federazioni delle diverse discipline alcuni diritti come:
- la promozione delle pari opportunità nella pratica sportiva;
- la ricerca di strumenti utili a promuovere la partecipazione femminile a qualsiasi pratica sportiva e ai processi decisionali;
- l’inclusione delle donne nei posti dirigenziali;
- il diritto a praticare lo sport in un ambiente sano e nel rispetto della dignità umana.
Il diritto dello sportivo a praticare attività pulita
Non mancano, purtroppo, i casi in cui ad un ragazzo o a una ragazza, arrivati ad una certa età e individuato il loro talento, viene proposto «un aiutino» per poterla spuntare sulla concorrenza e diventare un campione. Quell’aiutino, sotto forma di pillole o fiale, si chiama doping ed è una pratica vietata in qualsiasi settore, sia a livello dilettantistico sia a livello professionale.
Tra i diritti dello sportivo, dunque, c’è anche di poter svolgere un’attività fisica pulita, cioè esente da farmaci o integratori vietati che violino la concorrenza leale e possano nuocere la sua salute.
A tale proposito, la Convenzione internazionale contro il doping nello sport firmata a Parigi il 19 ottobre 2005 sancisce una serie di doveri degli Stati, degli organismi e delle federazioni per controllare e combattere il fenomeno, prevedendo anche sanzioni o penalità in difesa dei diritti dello sportivo che vuole giocare pulito.
I diritti dello sportivo nella Costituzione Italiana
L’interesse per lo sport in Italia è elevatissimo, sia a livello pratico, cioè tra le persone che svolgono un’attività sportiva a livello amatoriale o agonistico, sia a livello di interesse sociale. Tant’è, ad esempio, che, secondo i dati più recenti, il quarto quotidiano più venduto nel nostro Paese dopo Il Corriere della Sera, La Repubblica ed Il Sole 24Ore, è la Gazzetta dello Sport (fino a non molto tempo fa, addirittura al primo posto).
Eppure, a differenza di altri Paesi (Grecia e Portogallo, giusto per citarne alcuni), la nostra Costituzione non contiene alcun riferimento specifico ai diritti dello sportivo.
Se ne parla indirettamente soltanto nel passaggio dedicato al rapporto tra Stato e Regioni [2] in materia di ordinamento sportivo. Se ne deduce che in Italia, da un punto di vista legislativo, lo sport è una pratica burocratica più che una pratica fisica da tutelare.
Questo nonostante la stessa Costituzione sancisca il diritto dei cittadini alla salute[3] e al mantenimento della propria integrità psicofisica, diritti che sarebbero ampiamente garantiti anche con la promozione dello sport.
note
[1] Risoluzione del Parlamento europeo del 14.10.1987 e n. 2002/2280.
[2] Art. 117 Cost. italiana.
[3] Art. 2 Cost. italiana.
Autore immagine: Pixabay.com