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Un posto (sicuro e online) tutto per sé: così sui social network le donne combattono il maschilismo 2.0

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

BERLINO - Creare uno spazio sicuro per le donne: un imperativo che accomuna non solo la realtà ‘offline’, ma anche i luoghi della rete in quei paesi come Iran e Afghanistan, dove il ruolo del ‘secondo sesso’ è ancora oggi subordinato ai diktat di una società fortemente maschilista e conservatrice.

Amici-nemici. A livello globale abbiamo assistito ad un costante incremento di campagne di denuncia a favore delle donne che proprio grazie alla rete e ai social network hanno trovato quella cassa di risonanza impossibile da eguagliare altrimenti. Un’ondata che sta attraversando paesi diversi e distanti cercando di cambiare, a volte travolgendo, alcune ormai note e culturalmente radicate, espressioni della cultura patriarcale. Così se da Hollywood l’hashtag #Metoo ha dato il via a una campagna contro gli abusi e le molestie sessuali, da Teheran #MyStealthyFreedom rivendica il diritto di non portare il velo, mentre in Afghanistan #whereismyname ha dato voce alla frustrazione contro la tradizione di riferirsi alle donne non con il nome proprio ma attraverso locuzioni o indicazioni di parentela: ‘la figlia di’ o ‘la moglie di’.image

Masih Alinejad, attivista e ideatrice della campagna #MySteahltyFreedom in Iran

Mondi paralleli. A fronte della grande libertà data dalla rete, nei paesi ancora chiusi nella tradizione, il mondo online è una trasposizione delle dinamiche sociali preesistenti. Così, come accade nei luoghi fisici, alle donne è richiesto di giocare un ruolo marginale, un atteggiamento modesto e sottomesso. E proprio questo silenzio che rende invisibili sta creando una realtà virtuale ad uso e consumo maschile e quasi scevra di una narrativa ‘al femminile’. Secondo un rapporto pubblicato da Intranews, in Afghanistan solo l’11% della popolazione è attivo su internet, circa 4,1 milioni di persone. Di questi quasi la totalità ha un profilo su Facebook, ma solo il 16% di questi appartengono alle donne. Molte attiviste come Wahzma Frogh, direttrice del Research Institute for Women, Peace and Security, ha spesso puntato il dito contro gli insulti e le costanti molestie contro le donne ree semplicemente di aver commentano post pubblici ed essersi esposte.

IL RAPPORTO

Mai senza uomo. Per capire quanto la sottomissione fisica influenzi gli atteggiamenti delle utenti online, bisogna guardare al dato dei ‘followers’. Il 20% delle donne intervistate ha dichiarato di avere tra gli amici solo donne, mentre il 35% solo membri della famiglia.  Un dato che contrasta con la componente maschile: il 67% degli uomini infatti afferma di avere amici di entrambi i sessi e anche al di fuori della cerchia familiare. Un dislivello giustificato anche dal timore, spesso fondato, di essere molestate, offese, umiliate e bullizzate online, così come avviene nella vita reale quando una donna sola interagisce con un uomo fuori dalla cerchia familiare. La discriminazione diventa evidente anche se si guarda alle risposte date dai due sessi circa il tipo di l’impatto che i social network hanno sulla questione di genere. Solo il 40% degli uomini, a fronte del 75% delle donne, ha considerato positivo l’effetto della rete. Mentre il restante 60% si è diviso tra chi ritiene che non abbia apportato cambiamenti o chi lo ritiene assolutamente negativo.imageUna stanza sicura. Ma come risolvere il problema? Sebbene non ci siano ricette magiche che possano cambiare in così poco tempo usi e costumi con radici millenarie, Faranak Amidi, giornalista Bbc che dal 2017 si occupa di aumentare l’engagment femminile per le edizioni in pashto, persiano e farsi, ha cercato, non potendo andare in Iran senza rischiare l’arresto, di trovare una via per raggiungere quel pubblico così lontano e silenzioso. “Ho deciso - ha raccontato durante Re:publica, il festival della società digitale che si tiene ogni anno a Berlino - di creare una ‘spazio sicuro’ sul mio profilo Instagram riservato alle donne dove potermi contattare e condividere storie, problematiche e necessità. Quando ho iniziato avevo 9000 followers, ora sono 81 mila e il 63% dell’engagement è femminile”. Anche in Iran infatti, nonostante la società sia più progredita nei confronti delle donne, è ancora intrisa di sessismo. Le molestie sessuali in luoghi pubblici sono molto diffuse e la rete non fa eccezioni.imageDall’odio alla condivisione. “Inizialmente ho ricevuto anch’io diversi insulti anche a sfondo sessuale o offese personali sul mio aspetto – continua Amidi -  ma invece che stare zitta e quieta, come siamo educate a fare, ho deciso di reagire e affrontare gli hater. Così ho creato un hastag e ho incoraggiato chiunque fosse stato vittima dello stesso trattamento a parlare”. L’attivismo e la trattazione online in gruppi di donne prima dedicati ad alimentare lo stereotipo femminile, di temi scomodi come la sessualità, il ciclo mestruale, l' aborto e il divorzio hanno attirato l’attenzione di centinaia di utenti che hanno iniziato a condividere esperienze e vissuti. “La chiave è far sentire al sicuro le donne – sottolinea -  al sicuro dalle molestie, dal giudizio degli uomini. È sorprendente vedere quanta voglia abbiano di alzare la voce, di rivendicare i loro diritti e di emanciparsi”.image

Faranak Amidi, giornalista Bbc

Stanze chiuse. In Afghanistan dove la situazione è peggiore non solo per la chiusura sociale, ma anche per il forte tasso di analfabetismo, attirare l’attenzione delle donne è ancora più difficile. Spesso infatti il controllo maschile è così presente che le poche che hanno un telefono hanno il blocco che si usa per i bambini. “Questo è evidente sulla nostra piattaforma afghana. Le donne hanno paura di parlare apertamente. Così abbiamo creato dei piccoli gruppi segreti, noi le invitiamo e dentro parliamo di argomenti taboo e di politica, perché non è accettato che una donna se ne interessi”. “La rete offre alle donne lo spazio che non possono avere nella realtà ‘offline’– conclude - Ma bisogna creare in qualche modo spazi sicuri per le donne, altrimenti il rischio è il moltiplicarsi di spazi pubblici completamente dominati dagli uomini dove le donne sono marginalizzate. E questo influenza anche noi come giornalisti: noi dobbiamo essere creativi, fare spazio a queste donne e ascoltarle”.

 

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