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Mutilazioni genitali femminili, la battaglia comincia nelle aziende

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

ROMA. Combattere il fenomeno delle mutilazioni genitali femminili attraverso un cambiamento comportamentale generato dal dialogo e dal confronto interno alle comunità, riconoscendo agli stessi beneficiari del progetto un ruolo attivo nel contrasto a questa terribile forma di violenza e chiedendo direttamente a loro di individuare delle soluzioni. Questa l'idea alla base del progetto di sensibilizzazione e prevenzione CHAT - Changing Attitude. Fostering dialogue to prevent FGM, volto a contrastare la pratica in Italia e in Europa.

Finanziato dal Programma Diritti, uguaglianza e Cittadinanza dell'Unione Europea, CHAT è promosso da Fondazione L'Albero della Vita - che ne ha allargato il campo d'azione coinvolgendo, oltre al nostro Paese, Portogallo, Austria, Spagna, Paesi Bassi e Regno Unito - e da Assoçiasao para o pleneamento da Familía (APF), African Women's Organisation (AWO), Fundación Wassu-UABUniversitat Autònoma de Barcelona (WASSU), Himilo Relief and Development Association (HIMILO), Iranian and Kurdish Women’s Rights Organisation (IKWRO).  

I numeri della violenza. Quella delle mutilazioni genitali femminili è vera e propria violenza di genere, una violazione del corpo e dei diritti dell'infanzia che vede come vittime ragazzine e bambine anche piccolissime in modo che non ricordino abbastanza da poter raccontare quanto hanno vissuto. Allarmanti i dati riportati dalle più importanti rilevazioni nazionali ed europee riguardo a un fenomeno che non si arresta benché illegale: 180 mila le bambine a rischio ogni anno e 30 milioni nei prossimi 10 anni in tutto il mondo.

"Storia, religione, cultura di popolazioni si intrecciano con i fenomeni migratori che hanno investito l'Europa negli ultimi decenni - spiega Ivano Abbruzzi, presidente della onlus iche da 20 anni difende e promuove i diritti, il benessere e lo sviluppo di bambini, ragazzi e famiglie che vivono condizioni di disagio e marginalità sociale - e con le tematiche di interazione e integrazione culturale che viviamo con intensità. I risultati del progetto europeo confermano la necessità di intraprendere azioni condivise dai diversi attori coinvolti nella prevenzione del fenomeno".

imageGli agenti di cambiamento. Tre gli obiettivi del progetto: favorire il coinvolgimento delle comunità interessate, individuando al loro interno dei "Positive deviants", ovvero agenti di cambiamento, persone che possano attivamente favorire un cambio di attitudine; coinvolgere le piccole e medie imprese nelle azioni di sensibilizzazione, contrasto alla violenza di genere e nel sostegno a campagne in favore della lotta alle MGF; facilitare azioni di co-sviluppo con associazioni di migranti o attori istituzionali quali ambasciate e consolati.

"Il coinvolgimento del settore privato è un aspetto innovativo previsto dal progetto: le aziende sono chiamate a essere sempre di più attori sociali protagonisti di un cambiamento positivo della realtà in cui operano. E questo è vero anche per quanto riguarda il contrasto alla violazione dei diritti delle donne migranti", spiega Daniele Maio, responsabile corporate Fondazione L'Albero della Vita.

Ad oggi le attività hanno coinvolto circa 100 agenti di cambiamento, 45 associazioni di migranti e 15 ambasciate, sono stati svolti circa 175 meeting e workshop di sensibilizzazione e informazione sull'argomento e contattate circa 100 aziende delle quali 48 hanno partecipato attivamente alle attività proposte.

Il coinvolgimento del settore privato. Tra i tanti spunti di riflessione della giornata dedicata alle ragazze rischio di mutilazione genitale femminile nei paesi europei, particolarmente interessante quello dedicato al coinvolgimento di comunità, imprese e rappresentanze diplomatiche. A illustrare il rapporto tra prevenzione e settore privato è stata Giorgia Ortu La Barbera, responsabile scientifica del Progetto Libellula sostenuto da Zeta Service, il primo network di aziende unite contro la violenza sulle donne, che ha ricordato la corrispondenza biunivoca tra aumento della cultura e diminuzione della violenza. Ma le aziende sono realmente interessate a parlare di questioni di genere? Quanto è difficile portare fuori dei contesti non governativi una cultura più diffusa su questi argomenti? Di sicuro realtà aziendali come Zeta service, che non perseguono il profitto e hanno una compagine di dipendenti per l’80% declinata al femminile, rappresentano un punto di partenza incoraggiante. “Il problema - spiega Ortu La Barbera - è che di femminicidio si parla solo quando le notizie arrivano in tv, sembra qualcosa di distante dalla quotidianità mentre invece il numero di donne uccise ogni anno è altissimo. Le più colpite sono quelle tra i 22 e i 44 anni, una forza lavoro che solo in un caso su cinque racconta della violenza e che sono nello 0,5 dei casi denuncia".

Ecco perché è così importante parlare di violenza di genere nei luoghi lavoro, perché le aziende sono ormai contesti in cui, in maniera più o meno esplicita, si fa cultura, e lavorare con le imprese rappresenta ormai una cassa di risonanza preziosa per cambiare atteggiamenti che diventano comportamenti organizzativi. Prova ne è il fatto che i tavoli di discussione aziendali sono composti quasi sempre da uomini: parlare nelle aziende significa parlare con gli uomini.

Un ruolo in continua evoluzione. Il problema è che, rispetto all’abbattimento degli stereotipi e alla riconsiderazione dei modelli femminili, molti sono interessati ma altrettanti si dichiarano poco informati. Un interesse generico privo di consapevolezza sembra la cifra del pensiero patriarcale in Italia, Paese dove una persona su due ritiene che se un uomo è stato tradito è comprensibile che perda la testa e che gli episodi di violenza contro le donne riguardino solo le fasce più in corte e povere della popolazione. Il progetto Libellula è riuscito finora a coinvolgere 23 aziende chiedendo loro di creare spazi di alfabetizzazione su questi argomenti.

"Il ruolo delle imprese è in continua evoluzione - conclude Maio - queste realtà sono chiamate ogni giorno di più rispondere ai bisogni dei cittadini. Siamo nell’era della responsabilità sociale d’impresa, in cui le strategie sostenibili fanno davvero la differenza". Safety first. Per garantire il futuro delle bambine.

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