Louise Michel | L' Intellettuale Dissidente
La leggendaria "Vergine rossa" de la Comune di Parigi è considerata una delle più interessanti figure della Terza Repubblica Francese e tra le più famose e temibili rivoluzionarie nella storia contemporanea
Una donna che ha dedicato la sua vita alle istanze radicali, creduto nella rivoluzione sociale “come gli altri credono in Dio” e stoicamente sopportato la prigione, l’esilio, ripetute vessazioni da parte della polizia e persino un tentativo di omicidio. Nata il 29 maggio 1830, nel piccolo villaggio di Vroncourt-la-Côte, Michel è stata allevata in un ambiente confortevole e incoraggiata a coltivare i suoi interessi intellettuali e letterari. Emigra a Parigi durante gli anni calanti del Secondo Impero e quando, quindi, il socialismo aveva cominciato a farsi strada in modo stabile in Francia, come parte della protesta generale contro le politiche di Napoleone III. Michel divenne una figura familiare nei club politici del quartiere latino e Montmartre, luoghi di ritrovo preferiti per repubblicani, socialisti e giornalisti radicali.
Immersa nella politica radicale del periodo, è emersa come la più conosciuta donna della Comune di Parigi del 1871, lo sfortunato e controverso tentativo dei parigini rivoluzionari di stabilire una Repubblica sociale autonoma. Durante la tumultuosa crisi della Comune, Michel ha assunto un certo numero di ruoli. Come capo delle donne del comitato di vigilanza di Montmartre, era responsabile per il benessere quotidiano di duecento bambini. Forte avvocato in difesa dei diritti delle donne, ha partecipato a un progetto di riforma del sistema educativo della città, in senso progressista e di abbattimento dei dogmi sociali, inizia una mensa pubblica per studenti e lavoratori, organizza ambulanze e un germe di servizio sanitario pubblico.
Indossando l’uniforme della Guardia Nazionale e portando un fucile, ha partecipato attivamente alla difesa dell’insurrezione parigina. Ipnotizzata dalla rivoluzione è stata persino abbastanza audace da canzonare Karl Marx in persona per la incapacità di seguire il suo esempio, rimproverandolo per non aver lasciato cadere la penna, venendo in aiuto alla Parigi rivoluzionaria. Con la sconfitta dei comunardi, Michel fu arrestata e portata davanti al tribunale incaricato di indagare sulla rivolta. Lì mantenne una postura fiera e provocatoria:
“Sei un uomo, io sono solo una donna, eppure ti guardo negli occhi. … Uccidimi se sei coraggioso abbastanza”
Disse, sfidando i suoi giudici a giustiziarla. Fu spedita invece alla colonia penale francese della Nuova Caledonia, imballata in una gabbia di ferro e tenuta in custodia speciale. Anche lì visse di lotta: esemplari furono le sue azioni ed epistole di protesta contro la condizione miserevole di detenzione delle donne nel campo di Numbo. Proteste che spesso avevano una natura prettamente ideologica, che prescindeva da qualsiasi abuso o violenza meramente fisica. Scrive ad esempio:
“Il detenuto Louise Michel, n. 1, protesta contro la regola che assegna a tutte le donne deportate un alloggio lontano dal campo Numbo, come se la loro presenza stesse causando uno scandalo. Dato che la stessa legge si applica a uomini e donne che sono stati deportati, non è necessario aggiungere questo ulteriore insulto immeritato. Da parte mia, non andrò in questa nuova casa senza che le ragioni per il quale siamo inviate lì vengano rese pubbliche in un poster, insieme con i dettagli sul modo con cui saremo trattate lì. Il detenuto Louise Michel dichiara che, senza questi dettagli, il cambiamento è un insulto, e lei protesterà fino alla fine, qualunque cosa le succeda.Louise Michel, n. 1”
Louise Michel visse in esilio per sette anni in queste condizioni aspre e primitive fino alla dichiarazione di un’amnistia generale per tutti i Communards nel 1880. Nell sua prigione, la fede rivoluzionaria di Michel si rafforzò ancora di più e, al suo ritorno in Francia, dedicò il prossimo quarto di secolo ai preparativi per la desiderata, mai realizzata, rivoluzione.Attiva come docente anarchica, scrittrice e leader sindacale, prese il suo posto tra i più feroci critici della Terza Repubblica. Sebbene sia stata imprigionata più volte con diverse accuse, il suo ardore rivoluzionario non è mai diminuito. Conosciuta in tutta Europa, era parte integrante del mondo radicale de la Belle Époque e socia del socialista francese Jules Guesde, degli anarchici Peter Kropotkin e Emma Goldman e del genero di Karl Marx, Paul Lafargue. Pacifismo, femminismo, anticolonialismo e, soprattutto, le libertà umane erano le preoccupazioni principali di questo donna straordinaria, che ha anche scritto poesie, opere teatrali, romanzi e racconti. Una parte molto avanguardista della sua lotta, infatti, riguarda la liberazione delle arti e delle scienze, come condizione necessaria per la reale liberazione del genere umano:
“L’arte, la scienza e la libertà, non devono essere meno disponibili del cibo. Ognuno deve prendere una torcia per illuminare l’era che sta arrivando. Arte per tutti, Scienza per tutti, Pane per tutti!”
Non solo quindi emancipazione economica e politica, come vigorosamente caldeggiato dai suoi contemporanei socialisti, ma emancipazione culturale ed intellettuale, per liberare le energie creative umane, tenute sotto scacco dai monopoli morali di Stato. La sua passione per la scienza come rivoluzione, trae spunto e ispira allo tempo, la passione di Michel per la fantascienza, tanto che si dice abbia suggerito Jules Verne in “Ventimila leghe sotto i mari”, anzi una storia la vuole persino come autrice del manoscritto. Vivace e carismatica, Michel è diventata una figura leggendaria, salutata come una Giovanna d’Arco moderna e celebrata in poesie di Victor Hugo e Paul Verlaine. Quando morì il 9 gennaio del 1905 a Marsiglia, cinquantamila persone assistettero al suo funerale di Parigi. Innalzata e lodata come “la Mere Louise” da tre generazioni di rivoluzionari, prende il suo posto nel pantheon della storia della lotta per l’emancipazione delle donne.
Ciò che non è così noto, tuttavia, sulla carriera rivoluzionaria di Michel è la sfortunata storia di come i contemporanei si siano approcciati a lei in quanto donna politicamente attiva. Mentre le donne attiviste in Francia avevano acquisito da tempo la reputazione di essere disadattate sociali e sessuali, il dibattito pubblico sulla funzione, la natura e il ruolo delle donne, si intensificò parecchio già negli anni della Terza Repubblica. La carriera di Michel si svolse sullo sfondo di un periodo storico in cui la politica nazionalista servì a infiammare e suscitare passioni antifemministe. I timori francesi di spopolamento, che raggiunsero il picco alla fine del diciannovesimo secolo, servirono a nutrire la paranoia su ciò che le richieste femministe di autonomia potevano significare per la famiglia: qualunque donna che avesse infranto quelle che erano percepite come le leggi naturali del focolare domestico, veniva etichettata come una radicale politica e immorale. Michel era assolutamente consapevole di questo fatto e scrisse nelle sue memorie:
“Una donna viene ridicolizzata più rapidamente per le sue azioni che per le sue idee”
Questo contorno sociale e pregiudiziale ebbe una grande influenza sulla carriera di Michel. Con la sconfitta della Comune, fu tra le 1.051 donne portate davanti ai consigli di guerra per spiegare il loro coinvolgimento nella sfortunata rivolta parigina. Il pregiudizio contemporaneo contro le attiviste era evidente nel modo in cui tali donne erano caratterizzate nel rapporto ufficiale del tribunale che indagava sulla rivolta:
“Tutte o quasi tutte vivono indecentemente”
Concludeva il rapporto. I giudici, i soldati e la polizia di Versailles non erano in grado di prendere sul serio una donna comunista e intellettuale. Per loro, i crimini di Louise Michel sembravano tanto più atroci, dal momento che un comportamento del genere non era ritenuto idoneo per il suo sesso: Michel aveva predicato il fratricidio e la guerra, e aveva incitato una folla a uccidere due generali governativi, aveva combattuto in prima linea nelle battaglie di Issy, Montmartre e Clamart. Tutti questi eventi e gesti erano usati per corroborare l’immagine della sua bruttezza, della virilità dei suoi manierismi e della sua cosiddetta energia maschile e aggressività. Apostrofata “lupa affamata di sangue“, è presentata come una furia, un’arpia e una petroleuse, accusata di essere tra le orde di donne isteriche armate di latte pieno di cherosene che, si diceva, era stato usato per dar fuoco a Parigi.
Anche il suo passato era usato contro di lei. Michel era accusata di essere una fallita, una insegnante di scuola con “quasi nessuno studente“, una sovversiva irreligiosa che aveva “profanato la purezza dell’infanzia di coloro che aveva istruito“. Invece di “ringraziare Dio” per aver ricevuto un’educazione superiore, si comportava da “figlia ingrata” che ripagava la sua famiglia abbandonandola e disonorandola. Vittima di una immaginazione selvaggia ed esaltata, fu condannata come una ragazza arrogante che cerca di conquistare la gloria per il suo nome, ma che fatalmente cade in comportamenti:
“Spudorati, pigri e da prostitute”
Ossessivo fu l’interesse, dei giudici e della Polizia, per la vita sessuale di Louise Michel, preoccupati audacemente di capire se lei mai avesse avuto “relazioni intime con un uomo“. Durante la Comune, si faceva un gran vociare su una relazione tra lei e il rivoluzionario Theophile Ferre, voci diffuse ampiamente tra gli anti-comunardi, che avevano adornato i ritratti di Michel con la salace iscrizione, “la maitresse de Ferre“. Gli uomini del tribunale erano affascinati da queste voci, incapaci di capire che l’attivismo politico di Michel poteva essere motivato da qualsiasi altra cosa, attribuivano le sue attività agli impulsi tradizionali, ovvero il suo amore e il suo sostegno per Ferre. Michel non ha mai dato ai suoi accusatori la soddisfazione di confermare tali presupposti: negando apertamente il suo amore per Ferre – o qualsiasi altro uomo – proclamò come unico amore, la sua passione per la rivoluzione. Il vigore di Michel traeva spunto dalla sua adesione alla visione anarchica della lotta di emancipazione: gli assunti principali del movimento, come la libertà individuale, la responsabilità di astenersi dal limitare la libertà degli altri e il primato dell’autonomia personale, si mostrarono particolarmente interessanti per donne che, come Michel, si sentivano limitate da ruoli di genere definiti da convenzioni. Impegnata in queste battaglie e nelle loro realizzazione definitiva, la vergine rossa costruisce e vive la sua vita come donna sola, indipendente, che persegue gli ideali e ambizioni personali. In realtà sarebbe stato difficile per lei fare diversamente: se fosse entrata in una relazione tradizionale, avrebbe potuto e dovuto scoprire le aspettative di un uomo del XIX secolo a riguardo i doveri familiari, i quali avrebbero rubato tempo e energia preziosa ai compiti a cui lei aveva scelto di dedicare la sua vita. Inoltre, il periodo di detenzione nel 1882 e di nuovo dal 1883 a 1886 e le frequenti conferenze in Europa e in Africa settentrionale, le impedivano di avere una vera casa. Il risultato fu che Michel e altre donne non sposate spesso trovarono nelle relazioni omosessuali un ambiente in cui vivere e lavorare in modo creativo e indipendente.
L’amicizia femminile non era solo una risposta comune alla segregazione di genere del XIX secolo; era anche una necessità pratica ed economica, fornendo una base emotiva essenziale per affrontare il crescente stress da battaglie perdute. Infine è bene ricordare che la compagnia femminile era spesso l’unica alternativa politica efficiente ad una società patriarcale: sebbene infatti, negli ambienti radicali, si faceva un gran parlare di emancipazione sessuale, ai discorsi difficilmente seguivano fatti, dato che la stragrande maggioranza dei rivoluzionari era costituita da uomini. E dunque il celibato e le relazioni omosessuali (sebbene sporadiche), divennero per Michel delle vere e proprie azioni simboliche di contrasto alla morale tradizionale. Per una perversa legge di conservazione dell’ottusità, mentre il suo esplicito comportamento da rivoluzionaria militante e l’apparenza “poco femminile” la rendevano enigmatica per la sua società, le sue insistenti smentite pubbliche di ogni coinvolgimento romantico con gli uomini e le sue frequentazioni femminili generarono nuove voci, questa volta di lesbismo. Michel è stata infangata in vita, usando come pretesto la sua reputazione, ma è altrettanto vero che già negli anni immediatamente successivi alla morte, quando cominciano a serpeggiare studi filosofici e scientifici sulla sessualità, l’anarchica francese assurge a simbolo della perversione dei costumi, addotti a causa e motivo dietro i movimenti di liberazione della donna.
Pur provenendo, infatti, da prospettive politiche abbastanza diverse, gli antirivoluzionari e i sessuologi del tempo raggiunsero conclusioni simili su Michel perché entrambi accettarono definizioni simili sul comportamento sessuale “appropriato” per il genere femminile. E la rivoluzionaria, essendo donna che non aveva rispettato le norme di genere stabilite, aveva fallito nel matrimonio, si era rifiutata di essere sottomessa agli uomini, veniva privata della sua femminilità e del suo essere donna, acquisendo, negli scritti della critica, una sorta di “terzo sesso”, generato e alimentato dall’attivismo politico. Screditata quindi attraverso il sesso e la presunta omosessualità, Michel diventa, per l’eterogenesi dei fini, paladina delle lotte omosessuali di inizio secolo e infatti non si contano le epistole, in supporto della sua memoria, da parte della, timidissima, comunità di radicali che cominciava a rivendicare la libertà di esprimere il proprio orientamento. Scrive ad esempio Emma Goldman, in una lettera titolata “Louise Michel era una vera donna”, nel 1923, cercando di mettere le “accuse” di omosessualità in secondo piano:
“[Il mio unico desiderio è vedere Michel] ritratta come era in realtà: una donna straordinaria, una pensatrice significativa e un’anima profonda. Ha rappresentato un nuovo tipo di femminilità che è comunque antico quanto è antica la nostra razza, e lei aveva un’anima che era permeata da un amore onnicomprensivo per l’umanità”
Le accuse e le controdeduzioni che affliggevano Louise Michel nel corso della sua lunga carriera devono essere collocate nel contesto del suo tempo e della sua situazione di donna rivoluzionaria radicale in una cultura patriarcale, ma possono avere una valenza contemporanea, soprattutto metodologicamente: Michel era abbastanza perspicace da vedere il vero significato sepolto sotto le calunnie che riceveva:
“Una donna che osa condurre la propria difesa, che osa pensare, che rifiuta l’alternativa proudhoniana, “casalinga o cortigiana” “- ha sconvolto e sgomentato i suoi contemporanei”
Sgomento dalla portata rivoluzionaria, perché in grado di “mettere in discussione le radici della società umana” e quindi, direttamente, la società stessa. Il riconoscimento da parte di Michel dei limiti di genere imposti nel giudizio sulla vita delle donne, mantiene il suo valore come una sfida per tutti a riconoscere le strutture culturali e morali dietro la formulazione di un’opinione, o, nel peggiore dei casi, un’invettiva.