Wangari Maathai, prima donna africana Nobel per la Pace
C’è un po’ di Thomas Sankara, oltre che di Mandela, nella figura di Wangari Maathai, prima donna africana Premio Nobel per la Pace nel 2004, scomparsa nel 2011. Keniana, ha cominciato a piantare alberi (30 milioni!), come aveva fatto lo stesso Sankara. Per fermare il deserto, ma anche per diffondere una mentalità di rispetto della natura, introducendo con forza il tema ambientalista — attraverso il suo Green Belt Movement, fondato già nel 1977 — in un continente che sta facendo drammaticamente i conti con i cambiamenti climatici. «Ma quando cominci a lavorare seriamente per la causa ambientalista — diceva Maathai — ti si propongono molte altre questioni: diritti umani, diritti delle donne, diritti dei bambini». Di origine kikuyu, tenace e determinata — come la ricordano le missionarie italiane della Consolata presso le quali ha frequentato le scuole primarie — Maathai ha rotto molti schemi. Si è candidata anche alle presidenziali, sfidando il potere granitico di Daniel Arap Moi, prima donna del suo Paese. Ha mostrato così la possibilità di una nuova leadership femminile anche in politica, liberando l’immaginario da una rappresentazione di donna africana relegata nello spazio domestico. Dopo di lei lo hanno fatto molte altre e tra di loro Ellen Johnson Sirleaf, presidente della Liberia, e la sua concittadina, l’avvocatessa Leymah Gbowee, entrambe Nobel per la Pace nel 2011.