Diciotti, i medici ordinano lo sbarco per 17 persone. Quattro donne si rifiutano di scendere
Alla fine 13 delle diciassette persone che avrebbero dovuto lasciare la nave Diciotti per ragioni sanitarie sono scese dal pattugliatore. Si trattava di sei uomini e undici donne, tutte violentata in Libia. I medici ne hanno previsto il trasferimento all'ospedale Garibaldi di Catania: le donne in codice rosa nel reparto di ginecologia per la cura dei traumi provocati dai ripetuti stupri, tre uomini ricoverati per sospetta tubercolosi e due affetti da polmonite. Cinque uomini hanno la scabbia e il sesto un'infezione urinaria e saranno trasferiti nel centro di biocontenimento del Garibaldi. L'evacuazione medica si è resa necessaria per il rischio di contagio e la promiscuità.
Si è intanto conclusa l'audizione di due funzionari del Viminale condotta dai pm di Agrigento. Il colloquio, durato oltre tre ore, si è tenuto negli uffici della procura di Roma. I due funzionari sono stati sentiti come persone informate sui fatti, nell'ambito dell'inchiesta sul trattenimento dei migranti a bordo della Diciotti. I pm procedono contro ignoti per sequestro di persona e arresto illegale. L'atto istruttorio è stato svolto dal procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio. Il magistrato ha lasciato piazzale Clodio a bordo dell'auto di servizio senza rilasciare dichiarazioni.
La vicenda della nave Diciotti potrebbe ora arrivare anche all'attenzione del Consiglio superiore della magistratura. I consiglieri Valerio Fracassi, Claudio Galoppi, Aldo Morgigni e Luca Palamara chiedono, infatti, che la questione sia inserita all'ordine del giorno del primo plenum del Csm, fissato per il 5 settembre. "Le vicende relative al trattenimento a bordo della nave Diciotti hanno fatto registrare interventi di esponenti del mondo politico e delle istituzioni, anche in relazione agli accertamenti giurisdizionali in corso. La verifica del rispetto delle norme è doverosa nell'interesse delle istituzioni", dicono i quattro togati.
"Gli interventi a cui abbiamo assistito, per provenienza, toni e contenuti - sottolineano - rischiano di incidere negativamente sul regolare esercizio degli accertamenti in corso. Riteniamo che sia necessario un intervento del Csm per tutelare l'indipendenza della magistratura e il sereno svolgimento delle attività di indagine". Il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini fa sapere di condividere nel merito l'istanza dei consiglieri, che sottoporrà al primo comitato di presidenza utile nei prossimi giorni. "Il nostro obiettivo - dice Legnini - è esclusivamente quello di garantire l'indipendenza della magistratura e il sereno svolgimento delle indagini e di ogni attività giudiziaria, senza invadere il campo di valutazioni e decisioni che spettano al potere esecutivo e a quello giudiziario".
Per i 150 migranti quella trascorsa è stata l'ennesima notte all’aperto sul ponte della nave Diciotti. E ancora da Roma nessuna comunicazione. Ieri sera dal comando dell’imbarcazione della Guardia costiera è stata inviata al Viminale l’ennesima richiesta di autorizzazione allo sbarco. Nel documento si segnala che alcuni dei migranti hanno comunicato l'intenzione di attuare lo sciopero della fame, che militari della nave hanno intercettato la richiesta di esporre un cartello dal pattugliatore con la scritta in inglese 'Please, help us' (per favore aiutateci). La tensione a bordo sale di giorno in giorno. "Molti chiedono assistenza psicologica, sono stressati, stanchi e provati", racconta Paola Ottaviano che si occupa di dare assistenza legale ai migranti e ieri è salita sulla Diciotti con l’ex deputato Stefano Fassina. Oggi al porto di Catania è in programma una grande manifestazione antirazzista: "facciamoli scendere", lo slogan del raduno organizzato dalla Rete antirazzista, Legambiente, Pax Christi, Cobas, Arci, Anpi, No Muos e centri sociali. Ma forse oggi sarà anche il giorno in cui il ministro dell’Interno Matteo Salvini, che continua a vietare lo sbarco, potrebbe provare a mettere in atto la soluzione che lui ha proposto ieri annunciandola a Zapping, la trasmissione radio Rai: "Sto valutando la possibilità di fare procedure di identificazione e riconoscimento per individuare profughi veri, che sono la minoranza, dai finti profughi prima ancora che le persone sbarchino". Il ministro pensa cioè di effettuare in nave le verifiche che normalmente richiedono mesi nei centri di identificazione: la procedura del riconoscimento dell'eventuale diritto è infatti necessariamente lunga e complessa. Ma qui a Catania si attendono comunicazioni ufficiali dal Viminale, ad oggi mai arrivate: nemmeno lo stop allo sbarco è stato deciso con un atto formale e su questo sta indagando la procura di Agrigento .
Intanto due avvocati molisani, Salvatore e Giuliano Di Pardo, hanno presentato ricorso urgente al Tar di Catania per conto di due associazioni umanitarie, l'Alterego Diritti onlus e K-Alma. Secondo i legali, trattenere i migranti a bordo è illegale perché sono già in territorio nazionale, e perché non si conoscono gli atti formali che impedirebbero lo sbarco. "A seguito del ricorso - spiegano gli avvocati - il ministero dovrà comunque difendersi e costituirsi in giudizio producendo il provvedimento, di cui peraltro è stata chiesta l'esibizione dinanzi al giudice amministrativo. Questo agevolerà anche i magistrati della Procura".