Una squadra di donne combatte contro il bracconaggio in Zimbabwe
L’Africa, da sempre, è il triste teatro di una caccia spietata e senza distinzione tra specie in via d’estinzione e no. Anzi, le prede più pregiate sono proprio gli animali in pericolo, come elefanti e rinoceronti.
Sul territorio sono presenti molte squadre anti-bracconaggio, che cercano di proteggere la fauna locale, e ora si sono aggiunte gruppi composti di sole donne, che stanno lentamente penetrando un mondo storicamente dominato dagli uomini. Le prime sono state le Black Mambas del Sudafrica, adesso si sono aggiunte anche le donne del team Akashinga dello Zimbabwe a cui la Bbc ha recentemente dedicato un ampio servizio. E i dati dimostrano che sono loro a salvare più animali rispetto ai colleghi maschi.
La ragione è difficile da individuare ma una spiegazione è stata proposta dall’International Anti-Poaching Federation, secondo cui le donne sono più brave perchè “sono meno suscettibili alla corruzione, lavorano di più, non si ubriacano, mostrano livelli maggiori di onestà e orgoglio e considerano moltissimo il loro ruolo e l’opportunità che è stata loro data”.
Non solo queste squadre di sole donne sono importanti per gli animali, ma anche per le stesse comunità. È dimostrato, infatti, che in Africa una donna con un salario spende tre volte di più dei suoi guadagni nella sua comunità locale rispetto ad un uomo con un salario equivalente.
In questo momento, in cui la caccia per trofei (molto praticata dagli occidentali che pagano per andare a caccia) sta diminuendo e quindi le comunità perdono una delle loro principali fondi di reddito, il fatto che un cittadino spenda il proprio stipendio localmente significa che l’economia della comunità può continuare a funzionare.
Proprio l’innescarsi di questo circolo virtuoso, inoltre, fa sì che la comunità stessa inizi a rivoltarsi contro i cacciatori di frodo, visto che proprio la protezione degli animali è fonte di guadagno.
Dietro il team Akashinga c’è Damien Mander, che prima era un militare nell’esercito australiano. L’uomo, dopo aver svolto 12 missioni in Afghanistan, ha lasciato l’esercito e, durante un viaggio in Africa, è rimasto colpito dall’enorme problema del bracconaggio, che frutta circa 200 miliardi di dollari l’anno.
Per questo ha deciso di mettere a frutto il suo addestramento militare per insegnare a una equipe anti bracconaggio come proteggere gli animali: ha venuto tutto ciò che possedeva, fondato la International Anti Poachinf Federation e iniziato i suoi corsi con la popolazione locale.
All’inizio si trattava di gruppi composti interamente da uomini, ma piano piano ha intuito che le donne potevano essere la svolta. Girando per i villaggi, si è reso conto di come le donne siano spesso marginalizzate, così ha iniziato a reclutare donne abbandonate, vittime di abusi, vedove, orfane, prostitute e madri single, “donne che non erano vittime delle circostanze, ma vittime degli uomini”, ha spiegato.
Le donne hanno affrontato un addestramento uguale a quello degli uomini, comprese 72 ore di bootcamp, ma solo 3 donne su 37 hanno lasciato: una percentuale molto inferiore a quella degli uomini.
“Hanno imparato l’etica della conservazione, come si preserva una scena del crimine, come si gestisce una crisi. Hanno studiato come si affrontano creature pericolose, l’utilizzo di armi da fuoco, il primo soccorso, i diritti umani, le tecniche di leadership e di perlustrazione, perquisizione e arresto, e il combattimento a mani nude”, ha spiegato Damien.
Da quando il programma è stato iniziato nel 2017, le Akashinga - che significa “le coraggiose” in lingua locale - hanno fatto 60 arresti. Le donne controllano più di 850 mila acri nella zona del basso Zambesi e sono “più efficaci di qualsiasi altro gruppo abbia visto”, ha detto Damien, che è rimasto stupito di come le donne non solo facciano più arresti ma siano anche più brave nel gestire situazioni potenzialmente violente.
“Non mi interessa se abiti nel mio stesso villaggio o sei il mio vicino di casa, se sei un bracconiere, se fai del male agli animali, io ti prendo e ti arresto”, ha detto Vimbai, una delle donne che fanno parte della squadra Akashinga.
Ora l’obiettivo del programma è di reclutare 2mila donne, creando una rete di protezione che copra 30 milioni di acri di territorio africano entro il 2030. Per adesso, circa tre quarti dei costi di Akashinga servono a provvedere “a garantire un ritorno economico alle comunità maggiore rispetto quello che arrivava con la caccia di trofei”.
Damien però ha chiarito anche un altro obiettivo: “Una soluzione di lungo termine prevede che si convincano i cuori e le menti delle comunità, e il modo più efficace per farlo è attraverso le donne”.