Violenza sulle donne a Parma, la politica si interroga: "Non è più ammissibile assistere inermi"
Il consigliere comunale Stefano Fornari di Effetto Parma è il primo firmatario di una mozione che verrà presentata in commissione e poi portata al voto in Consiglio comunale.
Un modo per affrontare la questione della violenza sulle donne, piaga sociale mai sopita e anzi riesplosa anche in città negli ultimi mesi tanto che nel documento - rivolto al sindaco, ai componenti della Giunta oltre che a tutti i Consiglieri comunali - si parla di Parma come una delle "capitali italiane dei femminicidi".La mozione si rifà all'appello "Come Uomini, contro la violenza sulle donne" proposta dall’associazione Maschi Che Si Immischiano.
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E dunque "non è più ammissibile assistere inermi a questa incessante violenza che riguarda tutti noi uomini; che ognuno di noi ha il dovere morale di impegnarsi ogni giorno, anche con piccole attenzioni o azioni quotidiane, affinchè si contrasti questo fenomeno".
Il Comune di Parma, "come rappresentante di tutta la nostra comunità, può e deve farsi promotore di una campagna di sensibilizzazione che coinvolga tutti i suoi dipendenti e anche quelli delle sue società partecipate; che questa azione possa essere presa ad esempio, adottata e proposta, in tutti gli enti pubblici e privati, nelle scuole e nell’università, nelle società sportive amatoriali, dilettantistiche e professionistiche,nelle imprese del nostro territorio grandi e piccole, capaci di essere all’avanguardia non solo nel loro core business, ma anche nell’impegno etico e sociale".
C'è una chiamata diretta all'impegno, da parte dei firmatari e sottoscrittori, a "prendere le distanze da modelli di controllo, possessività e sottomissione delle donne; a perseguire relazioni affettive basate su parità, libertà, responsabilità e condivisione; ad accettare l’autonomia di scelta della propria partner, anche nel caso di crisi della relazione; a dimostrare che anche nei conflitti si possono riconoscere differenze senza umiliare o ferire". In quanto padri ed educatori a "promuovere la cultura della parità e della nonviolenza, a rifiutare gli stereotipi di genere, rispettando soggettività e differenze; a non esporre bambini e bambine a forme di violenza diretta o assistita; a educare all’ascolto, al riconoscimento e all’espressione delle emozioni in sé e negli altri; a formare alla relazione, al contenimento dei narcisismi e degli egoismi; a non esaltare modelli misogini e sessisti".
Come amici, famigliari a "cogliere nelle persone vicine i segnali di sofferenza e disagio nei contesti affettivi; ad ascoltare i vissuti e le emozioni, ad accogliere e contenere i sentimenti più distruttivi; a dialogare sui passaggi più dolorosi nella vita di coppia per renderli affrontabili".
E ancora come imprenditori e lavoratori a "vigilare contro ogni atteggiamento sessista, di molestie o mobbing; a garantire il rispetto di diritti e dignità delle donne soprattutto nel momento della maternità; a riconoscere gli apporti e i contributi delle donne non meno di quelli degli uomini".
Chiamati in causa anche giornalisti e comunicatori (usare un linguaggio rispettoso e non sessista che non riproduca stereotipi di genere; denunciare maltrattamenti e violenze senza riguardo per ruoli di potere; adottare un uso rispettoso delle immagini di donne e vittime di violenza in particolare), personaggi pubblici e rappresentanti delle istituzioni invitati a essere "modelli di riferimento per la società civile, nelle parole e nei fatti; a contrastare le forme di sfruttamento delle donne e la volgarizzazione del corpo femminile e promuovere politiche di sensibilizzazione a contrasto della violenza sulle donne". Per tutti l'impegno deve essere quello di "screditare e disonorare gli atteggiamenti violenti verbali, psicologici, fisici e sessuali verso le donne".