La violenza di genere: la necessità di denunciare
La violenza sulle donne è spesso argomento di cronaca, ma ugualmente frequente è l’omertà che caratterizza gli episodi, spesso perché presenti nell’ambiente familiare. Se è difficile per una donna denunciare episodi di violenza, immaginiamo quanto sia difficile prendere consapevolezza che l’ambiente più sicuro e confortevole come quello familiare diviene la scena manifesta della crudeltà ed un incubo ad occhi aperti.
La violenza può essere distinta da quella fisica, visibile dai segni lasciati sul corpo delle vittime e da una tipologia più subdola cioè quella psicologica. La violenza psicologica è invisibile e silenziosa spesso le stesse vittime non ne hanno coscienza. Le conseguenze di entrambe le forme di violenza sono devastanti per la persona che le subisce.
Con la riforma (in Italia) del diritto di famiglia del 1975 è stata abolita la figura del capofamiglia (che rimane solo ai fini anagrafici) e la donna e l’uomo hanno pari diritti e doveri, pertanto l’uomo non è più autorizzato a prendere decisioni familiari in esclusiva e non ha più “potere” sul coniuge.
Purtroppo però nonostante siano passati più di quarant’anni dalla suddetta riforma, sembra che per alcuni sia molto difficile comprenderla ed accettarla. Con l’emancipazione della donna e con l’acquisizione dei diritti, è aumentato l’interesse pubblico sulle violenze e si sono instaurate associazioni per la tutela delle donne vittime di violenza, nonostante questo però molte violenze rimangono spesso nascoste.
Che cosa spinge la donna a tacere?Non è facile rispondere a questa domanda. Le motivazioni possono essere tante e diverse a seconda della tipologia di violenza e l’ambito in cui si è verificata. Le più comuni motivazioni possono riferirsi alla spirale di terrore e paura in cui le vittime di violenza entrano, o allo sviluppo di una dipendenza affettiva, in particolare in situazione di violenza domestica o subita da persone con le quali si ha un legame affettivo/relazionale. Non è raro infatti che le denunce arrivino molti anni dopo aver vissuto una relazione violenta, quando la donna riporta serie ripercussioni sul piano fisico e psichico. La dipendenza affettiva può causare nella persona sensi di colpa con pensieri colpevolizzanti, le vittime possono arrivare a giustificare gli atti di violenza! Anche la vergogna e l’imbarazzo spesso possono frenare la vittima a denunciare, possono esserci pensieri auto-colpevolizzanti, e rimuginii relativi al fatto che non si è stati abbastanza prudenti o attenti, o che non si è fatto nulla per evitare la violenza.Esistono diverse tipologie di violenza, oltre a quelle già citate ricordiamo quella sessuale, lo stalking, e quella economica. Ci soffermiamo su quella psicologica perché è la più difficile da comprendere e da dimostrare.
Per capire se si sta subendo una violenza psicologica ed emotiva, da parte del partner, bisogna prestare attenzione agli atteggiamenti quotidiani e a come si relaziona, se dimostra considerazione, rispetto e se valuta i bisogni dell’altro. Inoltre bisogna valutare se presenti aspetti negativi come comportamenti disfunzionali:– Svalutazione continua, su diversi argomenti, ad esempio modo di vestire di parlare, di comportarsi, anche con critiche pesanti e denigranti fino a veri insulti;– Tattica del silenzio atto a scatenare sensi di colpa e inadeguatezza attraverso l’indifferenza;– Atteggiamenti passivo-aggressivi, cioè comportamenti manipolatori che presentano ambiguità nelle richieste e in quello che si dice;– Sviluppo dei sensi di colpa, la persona si pone come debole e indifeso accusando l’altro di esserne la causa;– Gaslighting attraverso le parole si crea nell’altro una sensazione di stordimento con l’intento di farla dubitare di se stessa, della sua memoria e della sua percezione. Il Gaslighter è colui che mette in atto una manipolazione mentale, minando alla base ogni certezza e sicurezza del partner, agendo come un vero lavaggio del cervello, che mette la vittima in condizione di meritare la punizione;– Gelosia patologica. La gelosia è un’emozione funzionale nella coppia ma se diviene patologica può essere irrazionale, distruttiva e divenire possessione;– Screditare le persone vicine al partner spesso lo scopo è allontanarle dalle persone care e di riferimento;-Minacce e ricatti continui.
Il partner violento, spesso è una persona con disturbi psicologici, possono presentare profili narcisistici, con bassa autostima, scarso controllo degli impulsi, zero empatia. Possono essere persone con passati traumatici, con una visione distorta del mondo e degl’altri e di se stessi.Possono a volte ingannare gli altri presentandosi come persone attraenti, socievoli ed amorevoli, per questo inizialmente la loro natura non è immediatamente visibile alla vittima, e rimane sconosciuta alle persone esterne.
Vittima e carnefice ancora una volta sono persone che hanno bisogno, seppur in modo diverso di aiuto. Difficilmente un uomo violento si autodenuncia, data la scarsa consapevolezza delle conseguenze dannose che causa sul partner, pertanto il supporto tempestivo alle donne vittime di violenza diviene fondamentale. Ciò che la stessa vittima può fare, come primissimo passo è quello di riconoscere di avere un problema senza sminuirlo, parlarne con qualcuno per poter chiedere aiuto, ed affrontare un percorso psicologico atto a ricostruire la propria identità ed autostima, riconoscendo i propri bisogni e desideri.
Le conseguenze psicologiche causati da atti violenti dipendono dal perpetuarsi di tali atti, dalla tipologia di violenza e dalla personalità della vittima. I più comuni sintomi possono essere ansia, depressione, disturbi del sonno, disturbi del pensiero. I più comuni comportamenti sono: restringimento del repertorio comportamentale, diminuzione delle strategie di coping, ritiro sociale.
Un’ultima riflessione è dedicata al silenzio di coloro che sono a conoscenza di violenze altrui e che tacciono: ricordiamoci che è un dovere etico, morale e legale denunciare, non è accettabile pensare che se la cosa non ci riguarda personalmente non ne siamo responsabili.
Sono una psicologa clinica, specializzata in psicoterapia cognitivo comportamentale e terapia EMDR. Iscritta all’albo regionale del Molise matricola 266, ho conseguito la laurea in Psicologia a Chieti, la specializzazione in Psicoterapia a Milano e concluso il corso di secondo livello di EMDR presso l’ Associazione EMDR ITALIA.Sono Socio Ordinario della Associazione Italiana di Analisi e Modificazione del Comportamento e Terapia Comportamentale e Cognitiva (AIAMC), membro dell’ European Association for Behavioural Cognitive Therapies (EABCT), membro della Applied Behavior Analysis (ABA), socio Associazione EMDR. Ho due studi, a Bergamo e Milano.Nello studio di Bergamo è presente un’ equipe di specialisti per far fronte a tutti i disturbi psicologici dell’arco di vita.Nello studio di Milano mi occupo di Sostegno Psicologico, di Psicoterapia, e corsi di gruppo e individuali.