Proteggere le donne sopravvissute alla violenza sessuale in Maghreb
Un appello di Amnesty
»Proteggere le donne sopravvissute alla violenza sessuale in MaghrebLo scorso gennaio, il parlamento del Marocco ha votato all’unanimità un emendamento all’articolo 475 del codice penale che permetteva agli stupratori di evitare il processo sposando la vittima quando questa aveva meno di 18 anni. Una vittoria sia per le attiviste per i diritti delle donne, sia per Amnesty International che instancabilmente avevano fatto pressione per far emendare l’articolo discriminatorio. Leggi simili però esistono tuttora in Algeria e Tunisia.
Il 22 gennaio 2014, il parlamento del Marocco ha votato all’unanimità un emendamento all’articolo 475 del codice penale che permetteva agli stupratori di evitare il processo sposando la vittima quando questa aveva meno di 18 anni. Il voto è arrivato due anni dopo il suicidio della 16enne Amina Filali, costretta a sposare l’uomo che lei accusava di averla stuprata. Anche se il voto è arrivato troppo tardi per salvare Amina, l’emendamento all’articolo 475 è un significativo passo avanti verso i diritti delle donne e delle bambine in Marocco e nel Sahara Occidentale.
Si tratta di una vittoria sia per le attiviste per i diritti delle donne, sia per Amnesty International che instancabilmente avevano fatto pressione per far emendare l’articolo discriminatorio. Leggi simili però esistono tuttora in Algeria e Tunisia.
L’articolo 326 del codice penale algerino e l’articolo 227 del codice penale tunisino possono ugualmente essere usati per risparmiare il processo a chi è accusato di stupro se sposa la sua vittima, nel caso in cui questa abbia meno di 18 anni.
Nel codice penale del Marocco, la gravità della pena per stupro continua a dipendere dal fatto se la donna sia vergine o meno. Nei fatti, i principi alla base di queste leggi sono profondamente inadeguati in quanto mettono al centro l’onore e la vergogna, invece, delle necessità delle donne sopravvissute alla violenza sessuale.
È ora che le autorità algerine, marocchine e tunisine mettano fine alla discriminazione contro le donne e le bambine sopravvissute alla violenza sessuale. Devono piuttosto prendere provvedimenti per soddisfare i bisogni legali, sociali e sanitari di queste donne e ragazze.
La definizione di stupro, ad esempio, deve essere conforme agli standard internazionali: non deve limitarsi alla penetrazione di una vagina con un pene.
Le indagini sui reati basati sulla violenza di genere contro le donne devono essere svolte nel rispetto dei diritti delle sopravvissute.
Devono prevedere la partecipazione di donne e di investigatori con una formazione specifica riguardante la violenza di genere, oltre a garantire la piena partecipazione delle sopravvissute. Tali indagini devono inoltre essere accompagnate da corsi di formazione efficaci sulla non discriminazione e sui diritti delle donne, devono disporre di risorse adeguate e includere rigorose misure di applicazione e di monitoraggio.
La pubblica accusa deve indagare diligentemente nei casi di violenza sessuale e molestie e deve incriminare i responsabili.
In tutti e tre i paesi la definizione di stupro rimane al di sotto degli standard internazionali ed è limitata ai casi in cui un uomo abbia rapporti sessuali con una donna contro la volontà di quest’ultima.
Lo stupro all’interno del matrimonio non è riconosciuto come reato specifico.
Le relazioni sessuali consensuali al di fuori del matrimonio e le relazioni omosessuali sono criminalizzate. Queste disposizioni possono scoraggiare le sopravvissute dallo sporgere denuncia, per paura di venire a loro volta incriminate se non si crede alla loro accusa di stupro.
In un caso che ha provocato indignazione in Tunisia, Meriem Ben Mohamed (pseudonimo), una donna di 27 anni, aveva denunciato di essere stata stuprata da due poliziotti a Tunisi nel settembre 2012.
Quando ha denunciato il reato alle autorità, queste, invece di svolgere delle indagini, l’hanno messa a sua volta sotto accusa per indecenza.
In tutti e tre i paesi, le disposizioni relative allo stupro sono contenute in una sezione del codice penale che riguarda i reati contro la "decenza"; lo stupro è quindi considerato reato contro la morale invece che reato contro l’integrità fisica della vittima.
In Algeria e in Marocco e Sahara Occidentale, chi cerca, fa eseguire o esegue un aborto è criminalizzato a meno che la vita della madre non sia a rischio; per le sopravvissute di stupro e incesto l’aborto è quindi vietato.
In Tunisia, l’aborto su richiesta è autorizzato durante i primi tre mesi di gravidanza, ai sensi dell’articolo 214 del codice penale. Comunque, delle attiviste sui diritti
delle donne hanno riferito crescenti difficoltà per le donne di accedere ai servizi statali per l’abortoa causa di alcuni funzionari che cercano di limitare l’accesso a tali servizi per motivi morali o a causa della paura di rappresaglie da parte di gruppi antiabortisti.
Tutti e tre i paesi devono adottare leggi organiche contro la violenza sulle donne e le bambine, in consultazione con le organizzazioni per i diritti delle donne che possono contribuire una rilevantissima esperienza e competenza nella lotta contro la violenza di genere.
Emendare le disposizioni discriminatorie nella legislazione è soltanto un primo passo nell’impegno per contrastare una discriminazione di lunga data, alimentata dal patriarcato e anche da atteggiamenti sociali, culturali e religiose verso le donne in Algeria, Marocco e Sahara Occidentale e Tunisia, un primo passo per garantire loro una vita libera dalla violenza sessuale.
Amnesty International farà anche campagna per garantire alle sopravvissute alla violenza sessuale l’accesso ad ampi servizi sanitari e il sostegno psicologico, per garantire che le denunce di violenza sessuale alle autorità siano facilitate e che i funzionari di polizia, i giudici e i pubblici ministeri ricevano formazione su come contrastare la violenza sessuale e di genere.
Firma l’appello "Proteggere le donne sopravvissute alla violenza sessuale in Maghreb"
15|06|14