E Hollande svolta più a destra
È la conferma della svolta liberista di Hollande: al posto del contestatore Arnaud Montebourg entra nel governo Valls II come responsabile dell’Economia e dell’Industria il giovane Emmanuel Macron (37 anni), tecnocrate uscito dall’Ena, ex consigliere economico dell’Eliseo, che ha lavorato nella banca d’affari Rothschild. Una scelta che la «fronda» dei deputati socialisti interpreta come una «provocazione». Macron affianca a Bercy Michel Sapin, che viene riconfermato alle Finanze.
Il primo governo Valls è caduto sulla contestazione del rigore e la nuova compagine non lascia nessun margine di incertezza sulla conferma delle scelte in campo economico. Macron, che è stato per alcuni anni anche assistente del filosofo Paul Ricoeur, è un chiaro difensore del «Patto di responsabilità», concluso con le imprese, a cui sono stati promessi 40 miliardi di sgravi fiscali. Macron è un messaggio inviato a Bruxelles e a Angela Merkel, per confermare l’impegno di Parigi a rispettare il Fiscal Compact. «Un bruttissimo segnale» per Pierre Laurent del Pcf. È il «dominio della finanza» per il Fronte di Le Pen.
All’Educazione nazionale, al posto di Benoît Hamon, viene promossa la giovane Najat Vallaud-Belkacem, prima donna ad occupare questo ministero delicato. Ma già la destra urla e accusa Vallaud-Belkacem di aver difeso, nel precedente governo dove era responsabile dei diritti delle donne, l’insegnamento nelle scuole elementari dell’«Abcd dell’eguaglianza», accusato di veicolare «la teoria di genere», un’assurda ossessione nata all’estrema destra ma ormai diffusa nella destra tradizionale. Alla cultura, la contestatrice Aurélie Filippetti viene sostituita da Fleur Pellerin, che era stata nel governo Ayrault una buona ministra dell’economia digitale. Dovrà lottare contro l’unica iniziativa di Hollande in campo culturale: il taglio al bilancio.
Valls ha rivendicato ieri sera la «coerenza», l’«atto di autorità» diventato necessario di fronte alle prese di posizione dei ministri contestatori, in un momento in cui la Francia è di fronte a varie «sfide del mondo»: jihad, Ucraina, crisi economica. Hollande ha voluto un governo «di chiarezza, sulla linea e sui comportamenti». Valls si ritrova con una base ristretta, composta principalmente di fedelissimi di Hollande: l’ala sinistra del Ps è e sclusa, a parte tre personalità vicine a Martine Aubry, a cui sono stati dati posti di secondo piano, nella speranza di limitare la contestazione. Europa Ecologia ha rifiutato di entrare al governo, dopo lunghe trattative nella giornata di ieri, con alcune personalità. I Verdi avevano già messo le mani avanti: chi entra lo farà a titolo personale. Ma non c’è stato nessun accordo possibile. «Non ci sono le condizioni per l’entrata degli ecologisti» ha concluso nel pomeriggio il senatore Jean-François Placé, che chiedeva l’abbandono della costruzione dell’aeroporto di Notre-Dame-des-Landes. Robert Hue, ex Pcf, era stato contattato, ma ha rifiutato: «Né la linea politica proposta dal nuovo governo né la sua composizione erano di natura tale di permettere la nostra partecipazione per agire nel senso di una inflessione sociale necessaria». Restano invece i Radicali di sinistra, con Christiane Taubira confermata alla Giustizia, che resta una delle poche cauzioni a sinistra.
Il governo è paritario tra uomini e donne, e molte ministre – a cominciare da Ségolène Royal confermata all’Ecologia – salgono nell’ordine protocollare. Esteri, Difesa, Lavoro, Affari sociali, Interni, Agricoltura confermano i ministri già in carica (Fabius, Le Drian, Rebsamen, Touraine, Cazeneuve, Le Foll).
Da domani Valls avrà difficoltà ad avere una maggioranza, senza Verdi né l’ala sinistra della sinistra, con la contestazione crescente nelle fila del Ps, con l’Appello dei 100 che formerà il gruppo «Viva la sinistra» e già minaccia di votare contro la finanziaria in autunno, primo grande ostacolo del nuovo governo (il Ps ha 290 deputati, i Radicali di sinistra 15, la maggioranza assoluta è di 289 voti, ma con una fronda di un centinaio all’Assemblea non c’è più maggioranza).
In prospettiva, c’è la minaccia di un voto di sfida che potrebbe far cadere il governo e portare dritto ad elezioni anticipate (premessa di una molto probabile coabitazione tra Hollande e un primo ministro di destra).