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La strage di Parigi spiegata a mio figlio

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

imageFarian SabahiFoto di Cosima Scavolini. Foto degli strilli in homepage di Reza Khatir

A Parigi dodici persone sono state assassinate perché facevano dei disegni che ad altri non piacevano. Con queste poche parole ho spiegato a mio figlio, undici anni, quanto è accaduto.I terroristi hanno usato l'Islam e il nome di Dio per giustificare la violenza. È inaccettabile. E pericoloso per i milioni di musulmani che vivono in Europa. Abbiamo discusso a lungo, ieri sera. I musulmani che conosciamo non sono violenti. Non lo sono gli intellettuali e gli ayatollah (sciiti) che abbiamo conosciuto a Teheran e ospitato a Torino. Non lo sono i ragazzi egiziani (sunniti) che vendono il kebab sotto casa, nel quartiere di San Salvario ad alta densità di immigrati.La nostra è una famiglia mista, cattolica (la parte italiana, con un cugino sacerdote a Novara) e musulmana (i parenti iraniani, da parte di mio padre). Da noi, la religione gioca un ruolo minoritario. Andiamo talvolta in moschea (un venerdì di fine ottobre, nella moschea blu di Istanbul) talaltra in chiesa. Sempre curiosi. Alcuni dei nostri amici più cari sono ebrei. Vengono a casa nostra, siamo ospiti loro. Sempre con rispetto e un pizzico di cautela nei confronti delle loro credenze, tradizioni e abitudini (per esempio alimentari) che nel nostro mondo globalizzato non guasta.

In Europa le libertà sono garantite. Nel mondo islamico non sempre. Per questo motivo quando viaggiamo nei paesi arabi e in Iran mio figlio sa di dover dichiarare, se richiesto, di essere musulmano. Per non far correre rischi soprattutto a me, figlia di un musulmano e quindi, secondo la legge islamica (la sharia), musulmana. In quanto donna, obbligata a contrarre matrimonio solo con un musulmano e a crescere i figli nell'Islam. Dettagli rilevanti soprattutto per il mestiere di giornalista e l'impegno sul fronte dei diritti umani che mi rende vulnerabile in tanti paesi nordafricani e mediorientali.

La libertà di espressione è uno dei pilastri della democrazia. Insieme ai diritti delle donne, delle minoranze religiose e di coloro che hanno un diverso orientamento sessuale. Diritti sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. Ma fino a che punto possiamo spingere la libertà di espressione? «A scuola possiamo dire quello che riteniamo opportuno, ma non possiamo offendere gli altri», ha risposto mio figlio che frequenta la prima media alla scuola francese e nel pomeriggio mi accompagnerà alla manifestazione in piazza Castello.

Oggi siamo tutti Charlie. Non possiamo fare altrimenti, dobbiamo difendere l'Europa, i nostri valori. In primis la laicità delle nostre istituzioni, conditio sine qua non affinché tutti possano praticare la loro fede, oppure dirsi atei. Ma forse la parola di un bambino può farci riflettere: sapendo che una certa satira contro Dio e un suo Profeta offende, non sarebbe opportuno abbassare i toni nel nome di una pacifica convivenza?E se invece crediamo che il diritto di satira sia da difendere (come ritengo sia giusto fare), non sarebbe stato doveroso garantire maggiore sicurezza alla redazione di Charlie Hebdo, già presa di mira e minacciata? La strage di Parigi renderà inevitabile la deriva a destra (e quindi razzista e xenofoba) della politica europea. Ai musulmani d'Europa (imam compresi) non resta che scendere in piazza, senza esitazioni, e dimostrare di essere tutti contrari al terrorismo sedicente islamico: l'Islam non deve essere strumentalizzato dai violenti, per nessuna ragione. Al caos che i terroristi vorrebbero diffondere in Europa, bisogna reagire uniti, musulmani e non. Necessariamente insieme. Solo così il progetto europeo di convivenza comune potrà sopravvivere.

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