L'Occidente guarda dalla parte sbagliata E' in corso una guerra e stiamo perdendo - Nel Mondo
E’ in corso una guerra e la stiamo perdendo. E’ in corso una guerra tra l’Islam radicale e il resto del mondo (islamico e non) e la stiamo perdendo perché non sappiamo riconoscerla come tale. LEGGI IL COMMENTO DI GIANCARLO LOQUENZI.
Non si vince un nemico se non lo si guarda negli occhi, non lo si chiama per nome, se non si sa chi è. I leader dei paesi occidentali girano attorno alla questione: non usano volentieri le parole “guerra” e “nemico” accanto a quelle di “Islam” e “religione” o “civiltà”. Sono prudenti, politicamente corretti, non vogliono inimicarsi le folle arabe che vivono nelle città europee e in alcuni casi ne fanno maggioranza. Ma così facendo disarmano, o guardano dalla parte sbagliata.
Se Obama, Hollande, Renzi o Merkel avessero metà del coraggio del presidente Egiziano Abdel Fattah al Sisi, la soluzione dello scontro sarebbe di certo più vicina. E’ stato lui a chiedere quello che davvero serve, “una rivoluzione religiosa per l’Islam” e non lo ha fatto per compiacere le opinioni pubbliche occidentali a Washington o a Londra, no: ha parlato nel cuore teologico della Umma musulmana, nell’Università al Azhar del Cairo. Lì davanti alle massime autorità religiose islamiche ha detto che “è inconcepibile che l’Islam sia diventato fonte di ansia, di pericolo, di morte e distruzione per il resto del mondo”. Poi al Sisi è andato anche più a fondo: “È mai possibile – ha detto – che un miliardo e 600 milioni di persone possano mai pensare di riuscire a vivere solo se eliminano il resto dei 7 miliardi di abitanti del mondo? No, è impossibile”.
A Papa Benedetto XVI non fu perdonato il discorso di Ratisbona, dove disse cose simili seppure più morbide e dialoganti di queste, al presidente egiziano ancora non sappiamo. Di certo al Sisi ha visto e indicato senza remore nella violenza e nella voglia di sopraffazione dell’Islam radicale il nemico da battere, nell’interesse di gran parte di quel miliardo e 600 milioni di musulmani e del resto del mondo che vuole vivere in pace.
Vedere il nemico e indicarlo: questo manca alla leadership occidentale. E non solo nel senso primario di saper riconoscere i terroristi dove si annidano: i due fratelli Kouachi, che hanno sterminato la redazione di Charlie Hebdo, erano ben noti alla polizia e alla giustizia francese. Uno era stato 18 mesi in carcere perché organizzava l’espatrio di volontari verso le guerre di Siria e Iraq ed era uscito con la condizionale, ed entrambi avevano combattuto come “foreign fighters” forse in Siria o in Yemen. Ma anche in un senso più profondo occorre avere il coraggio di riconoscere che il nemico è una declinazione dell’Islam religioso, forse non prevalente ma poderosa e mortifera, che considera la conquista e sottomissione degli infedeli (occidentali e non) come una missione senza alternative. E che gli attentati come quelli di Parigi hanno folle di militanti pronti ad emularli e altre folle, ben più numerose, pronte ad applaudirli e considerare eroi e martiri coloro che scelgono di entrare in azione.
Contare, come spesso si fa in Occidente, sui cosiddetti islamici moderati per battere il radicalismo è almeno ad oggi, un’illusione. Quell’Islam moderato – la cui ampiezza è tutta da calcolare – oggi è un gigante dormiente che attende la sua rivoluzione, religiosa, culturale e politica. Non dobbiamo certo essere ciechi e incapaci di distinzioni considerandolo, tutto insieme, un avversario, ma neppure illuderci che possa essere un alleato.
Nel giro di tre giorni Parigi e la Francia contano quasi venti vittime: prima i giornalisti e i vignettisti di Charlie Hebdo, poi i clienti ebrei di un supermercato kosher alla vigilia di sabba. E’ il frutto di un terrorismo di nuovo tipo, che mette insieme la follia e l’imprevedibilità del “lupo solitario” e le capacità organizzative e l’addestramento di veri soldati. E’ la punta di lancia di una guerra che ci è stata dichiarata da tempo e che non vogliamo vedere.
Così perdiamo contro un nemico che non sappiamo definire e che invece ha molto chiaro chi sia il suo nemico: la libertà, la libertà di opinione, il pluralismo, la democrazia, i diritti delle donne, l’intangibilità della vita. In una parola: noi.
Giancarlo Loquenzi