Donne e diritti: a che punto siamo in Italia? - Attualità - D
L’evento quest’anno riveste una particolare importanza. Venti anni fa migliaia di attivisti, diplomatici e leader mondiali, si sono ritrovati a Pechino in occasione della IV Conferenza mondiale sulle donne per articolare la visione di un mondo in cui tutta la popolazione potesse vivere una vita piena e alla pari. Il risultato è stato una dichiarazione che fa il punto su alcuni dei maggiori ostacoli alla parità di genere nel pianeta, con la creazione di una piattaforma d'azione (di Pechino) che fornisce le indicazioni e gli strumenti per superarli. Da allora, ogni cinque anni i Paesi di tutto il mondo redigono un rapporto per mostrare quali passi avanti hanno fatto su questi temi e questo è appunto l’anno in cui l’Italia dovrà tirare le somme. A giugno 2014, il Governo ha inviato il proprio rapporto ufficiale 2009-2014 all'Onu ma il quadro che ne emerge rappresenta, secondo la Piattaforma per i diritti delle donne, solo parzialmente la realtà della condizione femminile in Italia. Da qui la decisione di redigere un rapporto alternativo. “Nel 2011 lo abbiamo fatto in occasione di un'altra scadenza, il rapporto ombra relativo alla Convenzione Onu sull'eliminazione di tutte le discriminazioni sulle donne (Cedaw). Si procede a piccoli passi, ma incessantemente”, spiega Lanzoni. Qualcosa di positivo dal governo italiano, grazie anche all’impegno delle associazioni, è arrivato. I rapporti ombra sono studi che possono essere utilizzati per far pressione su chi governa, riuscendo a ottenere risultati anche importanti (in Italia, uno per tutti, la ratifica e l'entrata in vigore della Convenzione di Istanbul, sulla violenza di genere).
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Parità di genere. "Ultimamente si sono registrati passi in avanti, seguendo un trend internazionale e si è scelto di coinvolgere maggiormente le donne in politica. È cresciuta la percentuale femminile tra i parlamentari", conferma Lanzoni. "Sono state nominate diverse donne ai vertici di aziende pubbliche e parapubbliche anche importanti ed è aumentata la presenza femminile nei cda di aziende quotate in borsa. Tutto questo però non migliora le condizioni di vita delle donne in Italia". Ecco perché, sulla parità di genere, il nostro Paese negli ultimi cinque anni ha più volte attirato le critiche delle istituzioni internazionali. Per fare un esempio, secondo i dati dell'ultimo rapporto Istat sul benessere economico in Italia (2014), le disuguaglianze nell'accesso al lavoro tra donne e uomini negli ultimi anni si sono accentuate e il divario di genere resta molto elevato. A febbraio 2014 risultava occupato solo il 46,6% delle donne, contro il 64% degli uomini. Tutte devono affrontare la mancanza e la precarietà di lavoro e di welfare che si accompagna al retaggio culturale che le vede "responsabili" della cura dell'infanzia, degli anziani e della famiglia.“Siamo un Paese in cui mancano vere politiche di welfare, a partire da asili nido, scuola a tempo pieno, cura di anziani e disabili. Mancano misure che favoriscano il mantenimento di un posto di lavoro con uno stipendio in grado di sostenere tutte le spese che una persona e una famiglia devono affrontare. Le giovani donne si trovano costrette a scegliere tra mantenere un lavoro o fare figli. Il nostro tasso di natalità è tra i più bassi in Europa perché non abbiamo scelta”.
Violenza di genere, media e carriera. Sul fronte dei maltrattamenti, non abbiamo ancora un piano antiviolenza concordato con le organizzazioni specializzate su questo tema, nonostante i media ci bombardino di notizie negative, con femminicidi ogni due, tre giorni. Ecco perché la onlus sta lavorando per attivare una campagna di raccolta fondi nazionale per contrastare la violenza domestica dal titolo "#maipiùinvisibili", finalizzata anche a sostenere cinque centri antiviolenza nel Sud del Paese, così da evitarne la chiusura.Tornando a parlare di media e donne, l'immagine veicolata da pubblicità e programmi è fuorviante e non rispecchia la realtà: “Siamo ancora ipersessualizzate o presentate come donne-sante. Ma nella vita di tutti i giorni siamo ben altro”. Ossia persone che studiano, lavorano, pensano alla famiglia, fanno di tutto per essere, come si dice, “multitasking”. Nel 2012 la quota di giovani che ha interrotto precocemente gli studi è stata pari al 17,6%, il 20,5% tra gli uomini e il 14,5% tra le donne. Ma non sempre questi sforzi vengono premiati. Pur rappresentando il 58% dei laureati, le ricercatrici universitarie sono infatti 10mila su 24mila, le professoresse associate 5.600 su 16mila, le ordinarie 3mila su 14.457 e sono solo 5 le donne su 78 rettori in tutta Italia.
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Salute. Mancanza di politiche adeguate sul fronte del welfare, dell’istruzione, dell’inserimento nel mondo del lavoro e della sanità: un campanello di allarme è rappresentato dalla diminuzione della speranza di vita delle donne (notoriamente superiore a quella degli uomini) che in Italia si sta allineando a quella maschile. “Per non parlare del mancato rispetto delle leggi che garantiscono i diritti sessuali e riproduttivi”, precisa Lanzoni. “L'Italia è un Paese con una specificità culturale e religiosa che a volte entra in collisione con il rispetto di leggi e convenzioni internazionali”. Il tema salute, inoltre, si collega automaticamente a quello dei disastri ambientali. Diversi studi hanno indagato, ad esempio, la connessione tra l'esposizione a composti diossina-simili e la crescente incidenza di endometriosi. “Da noi mancano il riconoscimento delle problematiche ambientali legate alle donne e una politica che garantisca sicurezza e risorse pulite e rinnovabili”. Altra questione che verrà presentata a New York è il trattamento che il nostro Paese riserva alle migranti, donne che vivono situazioni di precarietà e diritti non riconosciuti e non applicati: “Cosa stiamo facendo per riconoscere i loro bisogni e salvaguardare la loro dignità, dopo gli orrori che hanno vissuto? Perché invece di spedire armi non rafforziamo le risorse a disposizione di queste donne e delle loro organizzazioni?”, domanda Lanzoni.
Ma l’Italia non è l’unico Paese a indossare la maglia nera nel mal-trattamento della popolazione femminile e a livello mondiale le Nazioni Unite hanno detto di non aver raggiunto gli obiettivi di sviluppo che si erano poste nel 2000 (obiettivi del millennio - MDGs). “Se guardiamo l'andamento dei diritti delle donne in una prospettiva storica, partendo da 100 anni fa", conclude Lanzoni, "non possiamo dire che non ci siano stati miglioramenti. Oggi possiamo votare, ci sono riconosciuti i diritti umani al pari degli uomini, abbiamo convenzioni importanti che ci tutelano, godiamo di maggiori libertà”. Quello che rimane da fare è declinare quanto raggiunto sulla carta nella vita reale, nei linguaggi, nei pensieri, nelle azioni. Impresa ardua ma non impossibile.