se Reporter senza Frontiere esclude la Germania dalla top ten! | Luca Steinmann
La Germania è fuori dalla top ten. Reporter senza Frontiere ha pubblicato lo scorso 3 di maggio, in occasione della Giornata Mondiale delle Libertà di Stampa, la classifica degli stati del mondo in cui vige la libertà di espressione, nella quale i tedeschi sono stati posizionati al dodicesimo posto. Un risultato, questo, al quale è seguito il silenzio dei politici di Berlino, che non avevano nascosto di ambire alle primissime posizioni. Il motto dell'Unesco per il 3 di maggio recitava infatti: "una limitazione della libertà di stampa è sempre una limitazione della democrazia". Non essere tra i primi nella lista della libertà di stampa significa dunque dover accettare il fatto che il proprio tasso di democraticità non venga internazionalmente riconosciuto come tra i più efficaci.
Il metro di valutazione per stilare tale classifica è stato stabilito dal New York Times, ed è stato sintetizzato nella frase "all the News that's Fit to Print" ("ogni notizia che abbia un valore deve essere stampata"). I media tedeschi non sono stati accusati di tralasciare le notizie importanti, ma di non affrontare alcuni temi in modo esaustivo. Tematiche come immigrazione, politica estera (Ucraina), lotta alla destra, estremismo di sinistra e Pegida non sono state, secondo tali criteri, analizzate in maniera profonda e obiettiva (all the News), ma descritte attraverso l'interpretazione faziosa delle redazioni. Queste, infatti, sono state accusate di pubblicare solo interpretazioni che siano "di tendenza" nei propri lettori. Se però le "tendenze" risultano essere le stesse per tutti i gruppi di lettori, si giunge a proporre un unico tipo di interpretazione come verità assoluta. Pertanto il mancato rispetto del principio fondante di ogni stato di diritto, cioè quello di dare sempre voce a entrambe le parti in causa ("Audiamtur et altera pars"), è stato uno dei motivi etici che hanno determinato l'esclusione tedesca dalla top ten.
Tale risultato non giunge però inaspettato se si prende in considerazione l'evoluzione del dibattito a proposito della libertà di espressione in Germania dell'ultimo anno solare. Da tempo, infatti, è entrata nel vocabolario comune una parola: "Luegenpresse", letteralmente "stampa bugiarda". Negli ultimi mesi non c'è stata manifestazione politica o dibattito televisivo in cui tale definizione non sia comparsa. Si tratta di un antico modo di dire che è tornato prepotentemente in auge dopo un episodio avvenuto a Dresda durante una manifestazione di Pegida nel dicembre 2014. In quell'occasione una troup giornalistica di una delle principali televisioni tedesche intervistò un manifestante che, davanti alle telecamere, se ne uscì con delle affermazioni decisamente razziste. Queste destarono molto scandalo finchè non emerse che l'intervistato era in realtà a sua volta un giornalista dello stesso emittente infiltratosi nella manifestazione e che l'intervista era stata premeditata. Da quel giorno la Luegenpresse ha valicato i confini di Pegida ed è diventata un espressione che accompagna la quotidianità dei tedeschi e che denota una profonda insoddisfazione nell'opinione pubblica rispetto ai propri organi di stampa. A conferma di ciò vi sono alcuni dati che testimoniano la distanza tra l'informazione ufficiale e la percezione che i cittadini hanno di essa. In un sondaggio della rivista "Internationale Politik", per esempio, emerge come solo il 33% dei tedeschi si sentano ben informati sul conflitto in Ucraina. I restanti intervistati dicono di essere insoddisfatti di come la stampa tedesca presenti la situazione e il 44% di essi motivano la propria scontentezza col fatto che l'operato occidentale venga presentata troppo positivamente.
La diffusa percezione della stampa come "bugiarda" (Luege") è dunque precedente alla classifica di Reporter senza Frontiere. Non a caso, nell'ultimo anno, sono state pubblicati in lingua tedesca una serie di libri a tal proposito, che hanno portato con sé grandi critiche ma anche ottimi guadagni per i librai. Tra quelli che hanno venduto maggiormente vi sono "Deutschland von Sinnen" ("La Germania dei peccati") di Afik Princci e "Nazi Vorwurf" ("l'accusa nazista") edito dalla redazione della rivista Blaue Narzisse. Nel primo caso l'autore, di origine turca e già famoso per avere scritto numerosi best sellers, si cimenta con i limiti della libertà di espressione in merito a argomenti quali all'immigrazione e i diritti delle donne e delle persone omosessuali. Il secondo caso, invece, analizza il rischio concreto di essere tacciati di estremismo e di nazismo qualora si affrontino determinate tematiche in maniera non di "tendenza". Agli autori non sono mancate le critiche ma neanche le vendite, che testimoniano come tali argomenti siano di grande attualità. Gli esiti della classifica del 3 maggio mostrano come il concetto di Luegenpresse sia considerato come un limite alla libertà di espressione non solo da molti tedeschi, ma anche da alcune istituzioni internazionali. Questo non vuol dire che la libertà di espressione in Germania non sia tale, ma che essa è ancora decisamente migliorabile.