Dopo Colonia, al di là dell’etnia tutti gli uomini si schierino con le donne
Pubblichiamo un estratto dall’articolo del poeta e scrittore africano Musa Okwonga, apparso sulla rivista inglese The New Statesman. Secondo J. K. Rowling, che lo ha condiviso con un tweet, è “il miglior commento sui fatti di Colonia”: “Le molestie sessuali devono stimolare il dibattito sui diritti delle donne, anziché su questioni razziali”, ha scritto l’autrice della saga di Harry Potter.
Il dibattito sui fatti di Colonia sarà inevitabilmente dominato dalla questione razziale, per cui tanto vale non girarci attorno. La Germania non è un Paese particolarmente eterogeneo dal punto di vista razziale, e la maggior parte della popolazione nera e araba appartiene al cosiddetto proletariato. Il che si spiega con una lunga serie di motivi di ordine economico, come il fatto che chi è arrivato dall’Africa e dal Medio Oriente incontra grosse difficoltà a ottenere i documenti o trovare un lavoro. A Berlino, dove vivo, la stragrande maggioranza dei neri che si incontrano ogni giorno per strada è povera e senza dimora, e magari spaccia droga a Görlitzer Bahnhof o sulla Warschauer Strasse, due delle stazioni ferroviarie più trafficate della città. E quando dico la stragrande maggioranza, intendo qualcosa come l’80 per cento, se non di più. E, a rischio di sembrare impietoso, penso che le persone interessate a cogliere le sfumature socioeconomiche della povertà in cui versano i neri non siano tante – o almeno non tante quante io vorrei. Penso invece che ci sia la tendenza, più diffusa di quanto molti di noi siano disposti a riconoscere, a considerare la gente di colore intrinsecamente inaffidabile o criminale.
Dico questo anche alla luce delle mie esperienze personali, e dopo aver parlato con diversi amici non bianchi. Uno di loro, venuto dall’Africa occidentale a visitare la città, ha avuto così tanta difficoltà a trovare un appartamento su AirB&B che è dovuto ricorrere a un prestanome. Non si contano i casi di gente di colore che non riesce a trovare una camera o un appartamento – non che sia facile trovare una casa in affitto in una meta popolare come Berlino, intendiamoci, ma gli episodi di discriminazione cominciano ad accumularsi in modo preoccupante. Più banalmente, resto colpito dalla frequenza con cui – anche sui treni più affollati – i berlinesi bianchi lasciano un posto vuoto tra me e loro, come se temessero la prospettiva di sedersi accanto a un uomo dalle sembianze africane. E se tutto ciò vi sembra paranoico, sappiate che ho cominciato a rendermene conto solo quando un simpatico signore bianco me lo ha fatto notare, scuotendo il capo con un sorriso incredulo.
Qualcuno potrebbe pensare che io sia un tipo troppo suscettibile, ma quella che sto raccontando è la semplice realtà dei fatti. Amo Berlino, e questi inconvenienti sono poca cosa rispetto alla possibilità di viverci. Ma certi episodi mi portano a pensare che in diverse zone della Germania le aspettative culturali nei confronti della gente di colore sono già in partenza pericolosamente basse. E ora dobbiamo fare i conti con le aggressioni di Colonia, uno dei peggiori incidenti nel suo genere che io ricordi. Quali conclusioni possiamo trarne? Beh, la risposta è molto semplice. Non dovremmo fare altro che stare dalla parte delle donne.
In Germania e altrove, i razzisti odiano i neri di origine africana come noi a prescindere. Ci hanno sempre considerato degli stupratori, dei pervertiti e dei potenziali molestatori. A loro non importa delle donne aggredite a Colonia e ad Amburgo, se non come pretesto per dimostrare che siamo delle bestie, come hanno sempre pensato – o sperato – che fossimo. D’altro canto, a me non importa di loro. Né mi disturba più di tanto che qualcuno non voglia sedersi accanto a me sul treno. La paura di ciò che non si conosce è difficile da superare. Sono di gran lunga più preoccupato per la sicurezza delle donne che oggi, probabilmente, hanno ancora più paura a frequentare luoghi pubblici. Non credo che queste donne si siano mai sentite particolarmente a loro agio camminando di notte tra orde di uomini ubriachi e aggressivi, a prescindere dalla loro razza. Ma di sicuro guarderanno i gruppi di giovani di origine araba e nordafricana, indipendentemente dalle loro intenzioni, con molta più diffidenza e apprensione che in passato.
Ecco allora cosa propongo di fare. Perché non partiamo dal semplice presupposto che una donna, in qualunque parte del mondo si trovi, ha il diritto fondamentale di camminare per strada e non essere palpeggiata? E perché noi uomini, indipendentemente dall’etnia di provenienza, non approfittiamo di quello che è un momento perfetto per ribellarci sul serio al modo in cui le donne sono trattate nei luoghi pubblici – e per rifiutare con sdegno l’idea che siamo in qualche modo inevitabilmente indotti dalla società a trattare le donne come oggetti, e condannati dai nostri desideri sessuali a saltar loro addosso se solo ci passano davanti?
Dovremmo sforzarci in ogni modo di sfidare la misoginia che da sin troppo tempo imperversa nel mondo, e di opporci a qualsiasi principio di repressione sessista che ci sia stato impartito. Perché le donne sono stanche di ripeterci tutte queste cose, e sfinite da una battaglia che troppo a lungo è passata inosservata.
(Traduzione di Enrico Del Sero)