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Care femministe non vi fate strumentalizzare, la surrogacy non diventi una battaglia omofoba | Marco Palillo

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Il post pubblicato su queste pagine da Paola Tavella (Nichi Vendola diventa papà? È lui che silura la stepchild adoption ) mi ha fatto tornare a riflettere sul tema sulla maternità surrogata che ormai, a torto o a ragione, si è impadronito completamente del dibattito sulle unioni civili. Sarebbe bello fingere ostinatamente che non sia così, ma un nesso, seppur strumentale, c'è ed è su questo nesso che il paese si è lacerato.

Alcune femministe italiane come Tavella, Luisa Muraro, Franca Fossati, Ritanna Armeni, la stessa Emma Fattorini, hanno utilizzato la finestra d'opportunità rappresentata dal ddl Cirinnà per imporre un confronto su un tema che fino a qualche tempo fa giaceva dimenticato, nonostante la pratica delle gestazione per altri fosse utilizzata da almeno 30 anni (sia dalle coppie eterosessuali che in misura minore da quelle omosessuali).

La sovrapposizione fra surrogacy e stepchild adoption, come dimostra il caso di Vendola, è strumentale non perché non ci sia un nesso fra i due temi- ricordiamolo, in pochi specifici casi di coppie omosessuali maschili piuttosto per l'uso politico che viene fatto di questo nesso in funzione anti-gay.

Noi omosessuali abbiamo sbagliato a non interrogarci pienamente sul nesso fra maternità surrogata e stepchild, ma le femministe anti-surrogacy, come Tavella, non possono non vedere la strumentalizzazione ideologica del tema da parte dei nostri nemici comuni. Basti pensare al giornale Libero che alla vicenda dell'ex presidente pugliese ha dedicata una vignetta raffigurante Nichi Vendola incinta. Ancora una volta, non si critica legittimamente una pratica, ma si costruisce una narrazione volta ad offendere un esponente politico per la sua omosessualità, attraverso il dileggio e la caricatura. Come sfuggire allora tutti insieme a questa strumentalizzazione insopportabile? Non dicendoci la verità? Nascondendoci dietro false ipocrisie? No, piuttosto iniziando a dirci la verità.

Non è certo la prima volta che i diritti delle donne vengono strumentalizzati dal potere maschile per raggiungere altri obiettivi: ci siamo forse scordati di come dopo l'undici settembre i diritti delle donne afghane furono strumentalizzati per dare una base ideologica ad una guerra globale contro il terrorismo di cui ancora piangiamo le conseguenze. Abbiamo forse dimenticato come, più recentemente, il femminismo sia stato utilizzato per giustificare discorsi e legge razziste contro uomini e donne (!) musulmane (basti pensare alla questione del velo in Francia brillantemente descritta nel libro di Christine Delphy, Separate e Dominate).

Ecco che, anche in questo caso, le battaglie per la libertà femminile e per i diritti riproduttivi vengono utilizzati per raggiungere altri scopi, in una più ampia strategia omofoba che mira dichiaratamente a bloccare il cammino difficile delle unioni civili in Italia. Una strategia omofoba non nel senso psicologico o psicoanalitico del termine, ma sociologico e strutturale. Le donne, i loro corpi, in pratica, vengono utilizzati dal potere maschile per produrre discorsi contro le persone LGBTI, le loro famiglie, i loro figli, rendendoci tutti noi compratori di bambini, schifosi sfruttatori di utero in affitto- anche chi come me è omosessuale e non farebbe mai ricorso a tale pratica.

Allora care amiche, bisogna chiedersi dove nasce la strumentalizzazione? Io credo che la strumentalizzazione nasca quando si finge di non vedere il nesso profondo fra maternità surrogata e libertà sessuale della donna. Una libertà positiva, ma anche negativa. La libertà di scegliere: di fare un figlio, di diventare madre, ma anche di abbandonarlo, di abortire, di decidere autonomamente del proprio corpo, come riconosciuto dalla 194. Una libertà che deve trovare sicuramente dei limiti, attraverso per esempio la lotta serrata alla surrogacy commerciale, ma anche delle maggiori tutele attraverso l'affermazione del diritto prevalente della madre.

Lo sfruttamento non esiste? Certo, che no, ma esso è prodotto dalla mancanza di libertà delle donne nelle società patriarcali, non dalla surrogacy, tantomeno della stepchild adoption.

I politici maschi italiani si mobilitano contro lo sfruttamento delle donne nei paesi in via di sviluppo soltanto quando si parla di utero in affitto, mentre in quegli stessi paesi le donne vengono costrette a sfornare figli per mariti che non hanno scelto, che spesso le picchiano e le stuprano, o che le trattano come schiave. Tutto ciò però non li riguarda fino a quando rimane confinato fra le mura di casa, nel perimetro della schiavitù domestica del matrimonio, dove il maschio può esercitare il suo potere incontrollato.

Le donne del Sud del mondo - lo sappiamo tutti - non vanno difese soltanto dalla surrogacy, ma piuttosto dal matrimonio eterosessuale, istituzione che per molte di loro rappresenta una vera e propria forma di schiavitù. Eppure di questo a noi ricchi maschi occidentali ce ne importa poco. Vogliamo proibire universalmente l'utero in affitto, ma poi non esitiamo, per esempio a fare accordi commerciali con i paesi in cui la vita di una bambina vale meno di quella di un bambino. In quei casi il mercato neo liberista, la società consumistica, non ci scandalizzano e la dignità degli esseri umani non va difesa a oltranza.

Questo sarebbe il punto di partenza per un dibattito serio e costruttivo. Invece in Italia, ancora una volta, le libertà femminili vengono strumentalizzate da certi maschi per condurre battaglie politiche contro l'uguaglianza, la parità, i diritti. Come fanno le femministe a sopportare che siano uomini così lontani dal pensiero femminile a intestarsi le battaglie, a loro detta, contro lo sfruttamento delle donne nei paesi in via i sviluppo. Uomini che nelle loro carriere politiche hanno sempre osteggiato la libertà delle donne, i loro diritti riproduttivi, in un'ottica reazionaria e patriarcale. Uomini che concepiscono le donne soltanto come madri, mogli, sorelle, e mai come soggetti autonomi e pensanti.

L'obiettivo di questa nuova crociata sull'utero in affitto non è dunque salvare le donne, né tutelare i bambini. Piuttosto è salvaguardare il potere maschile sulle donne e sui bambini. L'amore omosessuale sfida questo potere perché uccide simbolicamente il Pater Familias-il padre padrone- e la struttura gerarchica della differenza sessuale propria del patriarcato, proponendo un modello di relazione intrinsecamente paritario.

In questo quadro complicato, il potere maschile utilizza l'utero in affitto per fare una battaglia di reazione: ed è così che la lotta alla maternità surrogata diventa una sua bandiera ideologica in funzione anti-gay. L'obiettivo finale è disumanizzare le persone gay, lesbiche e transessuali.

Se le persone omosessuali rimanessero prima di tutto esseri umani il loro essere genitori verrebbe concepito come un fatto ascrivibile alla loro umanità, non alla loro sessualità. Invece il marchio di gay, membro di una lobby- compratore di bambini- serve proprio a scacciare le persone omosessuali fuori dal perimetro dell'umanità, rendendoli nuovamente "Altri". Se si rimane "Altri", "non-umani" o meglio "meno -umani", allora non si può essere genitori per definizione. E la surrogacy, e i diritti delle donne, con questo approccio non c'entrano francamente nulla.

Se non fosse così si sarebbe già trovata l'unica vera soluzione contro l'utero in affitto da parte delle coppie gay: l' estensione piena della possibilità di adottare (adozione legittimante), con le stesse regole e gli stessi controlli delle coppie etero. Invece questa soluzione non si prende in considerazione, perché il problema non è la surrogacy ma il fatto che due persone omosessuali possano essere bravi genitori. O meglio che le persone gay possano restare umane, attraverso la quotidianità delle loro vite, le loro famiglie, invece che rimanere "Altri" e per questo esclusi per definizione dalla cittadinanza.

Allora cara Paola Tavella, care amiche femministe, se la battaglia contro la surrogacy fa parte della più ampia lotta contro il potere patriarcale, la sua crudeltà e violenza nei confronti di tutti noi "altri" (donne, gay, lesbiche,), io ci sono, se diventa però un modo per dividere di nuovo il mondo in gerarchie binarie: etero e omo, maschile e femminile, per disumanizzare gli omosessuali e renderli ancora una volta diversi, mancanti, inferiori io non ci posso essere. Non perché omosessuale, ma perché femminista.

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