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La storia delle donne - VareseNews

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

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8 marzo 2016

Egregio Direttore,

come ben si sa, la celebrazione in tutto il mondo del1’8 Marzo, giornata dedicata alle donne, è connessa ad un evento accaduto in quel giorno nel 1908, presso la fabbrica tessile Cotton, di New York. Le operaie, durante uno sciopero dovuto alle loro terribili condizioni di lavoro, vennero dal padrone rinchiuse a chiave all’interno dell’edificio. All’improvviso, scoppiò un incendio che fu causa della morte di 129 donne, intrappolate e arse vive tra le fiamme.

Sempre in America, il 3 di Maggio dello stesso anno, gruppi di donne socialiste, organizzarono a Chicago, il primo “Woman’ s Day”, durante il quale, per la prima volta, delle donne osarono prendere la parola di fronte ad un pubblico di uomini.

Possiamo datare la storia della rivoluzione femminile, nel momento stesso della nascita della democrazia moderna, quando, durante la Rivoluzione Francese, nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1789), la categoria di “uguaglianza tra fratelli”, esclude le donne dalla cittadinanza politica.

A questa assunzione, si contrappone, la  ” Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” del 1791, stilata al fine di venire  approvata dall’Assemblea costituente, dalla scrittrice, drammaturga e rivoluzionaria  Olympe de Gouges .

Olympe, in realtà si  chiamava Marie Gouze, ed era la figlia illegittima di Anne Olympe Mouisset, a sua volta figlia di un drappiere, e moglie del  commerciante Pierre Gouze, che riconobbe la piccola. Sposatasi giovanissima e rimasta  presto vedova, Olympe, divenne la concubina di Jacques Bétrix de Rozières, alto funzionario della marina, usufruendo di una corposa rendita annuale, che le permise di   introdursi nella società borghese agiata, dove  si dedicò strenuamente al tema dei diritti e della libertà individuale: al riconoscimento dei diritti delle donne, ma anche dei neri, degli orfani, degli anziani, dei disoccupati, dei poveri.

Si proclamò a favore della democrazia rappresentativa, respinse il dispotismo e le torture, e a causa di queste sue imprudenti idee, oltre al fatto di essersi opposta alla decapitazione di Luigi XVI, ne seguirà l’orrenda sorte, finendo  anche lei  ghigliottinata, il 3 novembre1793.

Possiamo forse collegare le intuizioni di Olympe de Gouges, all’opera dell’inglese Mary Wollstonecraft , una filosofa e scrittrice britannica, considerata la fondatrice del femminismo liberale, che nel dicembre del 1791 era anche lei a Parigi.

Mary Wollstonecraft è nota soprattutto per il suo libro (Rivendicazione dei diritti della donna) del 1792, una pietra miliare nella storia del femminismo, nel quale sostenne, contro la prevalente opinione del tempo, che le donne non erano inferiori per natura agli uomini, anche se la diversa educazione a loro riservata nella società, le poneva in una condizione di inferiorità e di subordinazione. In questo libro, per la prima volta, una donna assume la consapevolezza, che un ribaltamento del ruolo femminile, non può dipendere da buone relazioni personali, ma piuttosto dai diritti sociali, politici ed educativi, che devono essere riconosciuti dallo Stato, anche al sesso femminile.

Malgrado gli ostacoli frapposti dalle convenzioni patriarcali, la lotta per l’accesso delle donne ai diritti  civili e po1itici, lungi dall’essere archiviata, continuerà nel tempo, creando un movimento, che si rivelerà particolarmente attivo, sia in Europa che negli Stati Uniti, dove il 19 e 20 luglio del 1848, si tenne a Seneca Falls, nello stato di New York, il primo, convegno ufficiale sui diritti delle donne, che  portò alla firma della “Dichiarazione dei sentimenti “.

Da qui, inizia il movimento delle suffragette e cominciano ad essere compiuti i primi passi, per l’uguaglianza delle donne nel mondo occidentale. L’intensità del conflitto di genere in questo periodo, è confermata dal livello di repressione esercitato dai vari governi, nei confronti delle lotte delle donne, che vengono spesso picchiate e incarcerate. Questo tipo di oppressione feroce nei confronti delle donne, è ancora tristemente attuale in moltissimi paesi del mondo, che si rifanno alla tradizione e rifiutano la modernità; in molti altri invece, tra cui il nostro, permane una grave discriminazione di tipo economico e culturale.

In Italia, la lotta per l’emancipazione femminile, a fine Ottocento e inizio Novecento, si struttura come un vero e proprio movimento autonomo organizzato, capace  di intrecciare strette relazioni con i partiti progressisti, nel perseguimento di obiettivi comuni; si organizza e si afferma come presenza autorevole, sopratutto nel campo assistenziale e sociale, inventando modalità di intervento, che saranno la base del futuro welfare.

Ad esempio, l’Unione Femminile Nazionale, fondata a Milano nel 1899,  da Ersilia Bronzini in Majno, si impegna a favore del divorzio, per il diritto di voto, per la tutela del lavoro femminile e minorile; crea scuole professionali, asili, uffici di informazione e assistenza, sostiene le Leghe operaie e contadine.

Ancora  Ersilia Bronzini Majno istituisce il Comitato contro la tratta delle bianche, che localizza nel contrasto allo sfruttamento e all’abuso sessuale, uno degli ambiti prioritari di intervento per “l’elevazione della donna”, obiettivo dichiarato altresì nel manifesto fondante della Unione Femminile Nazionale.

Nel corso della Grande Guerra, le donne diventano protagoniste nel campo del lavoro, sostituiscono gli uomini impegnati al fronte, entrano nelle fabbriche e coltivano i campi, aggiungendo così altra fatica, alle loro già di per sé pesanti incombenze familiari.

Nello stesso periodo, le Associazioni Femminili, sia laiche che cattoliche, si attivano nell’assistenza ai soldati in guerra e alle loro famiglie. Analizzando questo temporaneo fenomeno di integrazione, oggi possiamo affermare, che in Italia, durante la Prima Guerra Mondiale, ad una maggiore espansione delle donne nel mondo del lavoro, non ha  corrisposto un’uguale presa di coscienza della loro autonomia di pensiero, schiacciata dalla propaganda di guerra e appiattita nel comune sentimento di difesa nazionale.

In Italia, il 30 Luglio 1919 con l’approvazione di una legge da parte della Camera, sembra che stia per concludersi positivamente la battaglia per il suffragio femminile, anche se in un primo momento limitato al voto amministrativo, ma la caduta del governo e i successivi avvenimenti impediscono l’approvazione della legge da parte del Senato.

In seguito all’avvento del Fascismo, alcune fra le più attive esponenti del movimento per l’emancipazione femminile aderiscono alle nuove teorie, ma ben presto  si accorgono, che il modello proposto dal regime, è centrato ancora una volta, esclusivamente sul ruolo materno,  mentre nega alla donna la dignità di persona in quanto tale.

Alla  fondazione dei Fasci, il 23 marzo 1919, Mussolini ottenne i consensi di parte delle femministe dell’epoca,  mettendo nel suo programma il “voto alle donne”, salvo poi sopprimere la democrazia per tutti, nel 1928, con lo scioglimento di  partiti e sindacati.

Nell’ansia comune di liberazione dal fascismo e dalle luttuose vicissitudini che ogni  guerra sempre comporta, le donne danno un grande contributo nelle fila della Resistenza. Su un totale di 200.000 combattenti, ben 35.000 erano donne,e  a queste vanno aggiunte le numerose staffette, che faranno circolare tra i partigiani armi, stampe, direttive di partito.  Molte mettono  a repentaglio la propria vita e quella dei familiari, nascondendo nelle proprie case, antifascisti e partigiani.

Alcune di loro, presa consapevolezza del proprio ruolo, in seguito  ad  aver partecipato alla lotta di Liberazione, sentono la necessità di prendere in mano una penna, e di scrivere al femminile, una Storia, in precedenza scritta e composta esclusivamente da uomini; molte altre si impegnano nella battaglia civile e politica.

L’accesso delle donne italiane alla piena cittadinanza, si attua con un decreto del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 1945, e si conferma con l’esercizio del voto, nel referendum che sancisce la nascita della Repubblica Italiana il 2 Giugno del 1946.

Nel 1973, col nuovo diritto di famiglia, avviene in Italia la piena parità legislativa tra uomini e donne, anche se alla completa uguaglianza nei fatti, si frappongono molti ostacoli di natura economica e culturale, che in gran parte ancora oggi permangono.

Cordiali saluti

Adriana Scanferla – Gallarate

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